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Che cos’è la politica?
La presentazione del volume di Damiano Palano ha offerto una panoramica sul significato storico e filosofico della politica con incursioni sull’attualità
| Agostino Picicco
21 maggio 2024
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Altro che mondo monopolare come quello prospettato dal politologo Francis Fukuyama nel suo volume “La Fine della storia e l’ultimo uomo”. L’idea di un unico sistema guidato dagli Stati Uniti non ha mai preso corpo. Sono invece aumentate le «differenze ideologiche» che hanno finito per delineare la realtà odierna: quella di un «West contro Rest», l’Occidente contro il resto del mondo. Una «riedizione», insomma, del grande confronto tra Usa e Urss, anche se con caratteristiche diverse rispetto al passato, all’interno del quale la «perdita di peso dell’Unione europea» è sempre più evidente.
Il professor Romano Prodi dipinge un quadro geopolitico a tinte fosche alla numerosa platea raccolta giovedì 16 maggio nella Sala Negri da Oleggio per ascoltare la sua lezione aperta sul tema “L’Unione Europea nel disordine globale: scenari e prospettive”. Una riflessione a tutto tondo sullo stato di salute attuale dell’Europa, che va a concludere il seminario interdisciplinare promosso dai professori Mireno Berrettini e Silvio Cotellessa nell’ambito del corso di laurea magistrale in Politiche europee ed internazionali della Facoltà di Scienze politiche e sociali dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
«Questo seminario, dedicato all’Europa, esprime due aspetti fondamentali: da una parte, la connotazione multidisciplinare della Facoltà, dall’altra, il ruolo decisivo che la costruzione dell’Unione europea ha nelle vite di ciascuno di noi», osserva il preside di Scienze politiche e sociali Guido Merzoni, introducendo l’intervento del professor Prodi, alumnus dell’Università Cattolica dove si è laureato in Giurisprudenza del 1963, già presidente della Commissione Europea e nel 2007 insignito dalla Facoltà della laurea honoris causa in Scienze politiche. «Solo se la Ue è in grado di presentarsi come unitaria ha la possibilità di avere un peso strategico nello scenario globale», continua il preside.
Di questo ne è convinto anche Romano Prodi. «Siamo in un mondo in cui l’ideologia ha contribuito a dividere ancora di più». Invece, «se vogliamo la pace dobbiamo considerare la politica internazionale come un ponte su cui passa qualsiasi mezzo: i camion, le automobili, le biciclette. L’importante è che si rispettino le regole del traffico. La stessa democrazia, che considero il miglior sistema del mondo, non è esportabile». L’idea che essa possa essere imposta con la forza - com’è stato fatto nella politica estera americana e di tutto l’Occidente - non ha alcun senso. «La guerra in Iraq è stato un dramma che ha spaccato la Commissione europea creando rotture insanabili», precisa Prodi.
Una spaccatura ideologica che nel tempo si è ampliata. Come pure si è complicato il rapporto tra Stati Uniti ed Europa. «Ho vissuto in periodi in cui l’America, quella dei Bush, era in un certo senso figlia dell’Europa. Poi è arrivato Clinton. E poi Obama per il quale Singapore e Copenaghen erano la stessa cosa. È cominciato così un orizzonte del tutto diverso nella politica mondiale». Nello stesso tempo, all’interno del mondo europeo, si è assistito a una «crescente tensione» tra Russia ed Europa, che ha finito per indebolire quest’ultima rafforzando viceversa gli attuali protagonisti della politica mondiale, Stati Uniti e Cina. Due potenze le cui «diversità strutturali» determinano in modo profondo la «diversità politica». La Cina, con il miliardo e 400 milioni di abitanti, il 19% della popolazione mondiale, il 6-7% delle terre coltivabili e quantitativamente il maggiore produttore industriale al mondo, ha una politica estera chiara, determinata dalla necessità di procurarsi le materie prime e l’energia di cui è priva. Contrariamente, gli Stati Uniti hanno una politica che dipende dalle «scelte presidenziali».
I rapporti politico-economici tra Europa e Stati Uniti, poi, recentemente sono stati modificati da un cambiamento strutturale: l’arrivo impetuoso delle grandi imprese in rete. Non c’è mai stata una forza economica nel mondo paragonabile a quella di Apple, Google, AliBaba, eBay, Amazon. Si pensi che la quotazione in borsa di Apple e Google è oltre 1,2 volte il prodotto interno lordo di tutta l’Italia. L’Europa, quindi, è come una «noce nello schiaccianoci». Perciò «se non si unisce rischia di diventare l’elemento passivo di questo mondo».
In questo quadro che cosa bisogna fare? Innanzitutto, «basterebbe cambiare alcune regole della politica europea che si sono involute». Una su tutte il diritto di veto, «una regola dannata che se si abolisse cambierebbe la faccia dell’Europa». Difatti, avverte Prodi, «se sussistono le diversità non riusciremo a fare una politica estera comune». La guerra in Ucraina lo ha messo ben in evidenza: non c’è stata «nessuna mediazione europea». Inoltre, la Germania che non ha mai investito un marco nel riarmo, improvvisamente ha deciso di destinare il 2% del prodotto interno lordo alla difesa. Infine, la Francia potrebbe mettere a disposizione dell’Europa il suo diritto di veto alle Nazioni Unite e l’arma nucleare. Potrebbe essere il primo passo verso una politica di difesa europea. Perché solo dando nuove regole l’Europa potrà svolgere la funzione di «arbitro del mondo». Ma se continuiamo così «rischiamo di essere quelli che scrivono il menu e poi a tavola si siedono americani e cinesi».
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