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Promuovere e praticare la resilienza

06 marzo 2024

Promuovere e praticare la resilienza

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«Ogni bambino, in ogni latitudine del globo, quando ride o piange, gioca o impara, lavora o riposa, testimonia di avere “un suo cestino” a disposizione. Esso può sembrare a volte quasi vuoto, ma la responsabilità e la solidarietà umana possono aiutare ad arricchirlo e a volte, quando danneggiato, a ripararlo promuovendone la sua resilienza».

Come testimoniano queste parole di Cristina Castelli, già professoressa ordinario di Psicologia dello sviluppo e fondatrice dell’Unità di ricerca sulla resilienza (RiRes) in Università Cattolica, con dedizione e perseveranza gli psicologi del gruppo dedicano la ricerca e l’azione sul campo a formare i tutori della resilienza e a supportare le comunità nazionali e internazionali vittime di guerre, calamità naturali, pandemie, povertà. 

Lo fanno, in particolare, a tutela dei minori perché possano ricostruire la propria identità e progettare il futuro a partire dall’elaborazione del trauma subito, grazie ad attività diversificate e guidate dai tutor di resilienza, come ad esempio, solo per citarne alcune, i laboratori espressivi e lo sport. 

Venerdì 8 marzo nel campus milanese dell’Università Cattolica sarà dedicata al tema la giornata di studio “Resilienza in azione con l’utenza a rischio: prospettive teoriche e modelli applicativi” (aula G 242 dalle ore 9.30), dove interverrà il massimo esperto Michael Ungar, direttore del Resilience Research Center della Dalhousie in Canada, insieme con la collega Shannon Lipscomb, professoressa di Human Development and Family Sciences alla Oregon State University degli Stati Uniti. 

Assieme a loro, a parlare della resilienza in azione in contesti di avversità e del modello “Tutori di resilienza” saranno la stessa professoressa Castelli, la psicologa dello sviluppo e ricercatrice di RiRes Francesca Giordano, la collaboratrice di RiRes Alessandra Cipolla, l’esperto in Protection e Safeguarding Francesco Salvatore. Il pomeriggio del convegno sarà poi dedicato a sessioni specifiche e laboratoriali su resilienza e violenza di genere; resilienza e maltrattamento all’infanzia; resilienza, guerra e migrazione forzata; resilienza e trauma nella prima infanzia.  

«È stato sperimentato che l’azione sul campo con i tutori di resilienza riduce significativamente nei minori e nei genitori i sintomi di ansia, rabbia, dissociazione da stress post traumatico – ha dichiarato Giordano –. In particolare, fondamentali si sono rivelati i percorsi di self care mirati alla promozione della resilenza personale dei professionisti che operano in contesti di emergenza, come nel caso dei leader di équipe socio-sanitarie durante la pandemia o degli psicologi e psichiatri ucraini nel supporto psicosociale alla comunità ucraina».

«Le ricerche, che hanno facilitato lo sviluppo della resilienza, applicazioni, verifiche e valutazioni, sono oggi patrimonio dell’Unità di ricerca sulla Resilienza assieme a metodologie e strumenti, come i Silent Books, il Kit della Resilienza, la Memory Box e la Valigia dei Talenti – ha spiegato la professoressa Castelli –. Una cassetta degli attrezzi portata con passione e professionalità dove è necessario ricostruire identità, autostima e ragione di vivere. Un patrimonio, da ormai quasi vent’anni, che viene offerto agli studenti che si preparano a diventare figure significative, tutori di resilienza in contesti di vulnerabilità».

Gli strumenti operativi saranno illustrati da Alessandra Cipolla: le carte di resilienza P.E.A.R.L.S. (Principi guida per promuovere la resilienza in contesti di emergenza e vulnerabilità) promuovono relazioni d’aiuto stabili e consapevoli che consentono a chi vive situazioni avverse di mobilizzare le proprie risorse individuali, familiari e comunitarie; le Pillole di resilienza per accogliere bambini e famiglie in fuga dalla guerra, formando i volontari che operano per creare consapevolezza, ridurre il burnout e stimolare l’empatia; i Silent books come Il gufo Orazio utilizzato dagli insegnanti con i bambini ucraini accolti in Italia per spiegare loro la guerra.

Come ha detto Gilbert Keith Chesterton “Le fiabe dicono più che la verità. E non solo perché raccontano che i draghi non esistono. Ma anche perché affermano che si possono sconfiggere”.
 

Un articolo di

Emanuela Gazzotti

Emanuela Gazzotti

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