NEWS | Milano

Quale ruolo del diritto internazionale penale per il mantenimento della pace

15 dicembre 2022

Quale ruolo del diritto internazionale penale per il mantenimento della pace

Condividi su:

La pace è una condizione per la giustizia penale internazionale o è il suo fine ultimo? Che posto ha la pace rispetto alle iniziative volte ad assicurare la giustizia contro le atrocità di massa e a risolvere i conflitti armati? Ci può essere giustizia senza pace o pace senza giustizia? La giustizia penale internazionale ha come obiettivo la pace e la giustizia?

È partito da questi interrogativi Rosario Salvatore Aitala, giudice della Corte Penale Internazionale con sede a L’Aja e incaricato di seguire il fascicolo sui crimini di guerra compiuti in Ucraina dai militari russi, parlando agli studenti che mercoledì 14 dicembre hanno assistito alla sua lezione. Un incontro che ha avuto l’obiettivo di far luce sul ruolo che il diritto internazionale penale ha nel mantenimento della pace che, assieme alla giustizia, ne rappresenta un architrave, come ha detto il professor Gabriele Della Morte, curatore del ciclo “L’ordinamento internazionale in tensione. Casi e questioni”, in cui si è inserito l’intervento del giudice Aitala.

Il “convitato di pietra” della lezione è stato il conflitto in Ucraina, definito dal giudice Aitala “l’elefante nella stanza” ma sul quale si è potuto esprimere poco proprio poiché istruttore nel procedimento in corso presso la Corte.

In ogni caso i riferimenti di diritto internazionale sono risultati molto chiari. «Il senso della giustizia penale internazionale è quello di esibire la simmetria tra l’inciviltà della violenza sregolata e la civiltà del diritto delle regole».

Il relatore ha poi inquadrato il contesto di riferimento con una citazione di Papa Francesco del 2014 che, teoricamente in tempi non sospetti, faceva riferimento a una terza guerra mondiale in corso ma “a pezzi”, cioè caratterizzata da conflitti più o meno noti in tante zone del mondo, «conflitti a bassa intensità perenne perché non hanno una conclusione ma continuano all’infinito».

La cartina di Limes che suddivide il mondo in due parti contrapposte – Caoslandia versus Ordolandia –, e proposta dal giudice Aitala, rende bene l’idea. Caoslandia si estende dal Sud America all’Africa Occidentale, Centrale e al Medio Oriente sino all’incrocio dell’Oceano Pacifico e dell’Oceano Indiano. Sette degli otto miliardi della popolazione mondiale vive in quest’area e l’Italia si trova esattamente al confine. Un confine che va mutando nel senso che il caos si sta sempre più avvicinando al nostro mondo. In questo schema si contano guerre di vario genere. Un dato salta all’occhio: se nella Prima guerra mondiale su dieci vittime nove sono militari e uno civile, nella Seconda guerra mondiale la percentuale diventa pari (cinque militari, cinque civili), nelle guerre che riguardano, per esempio, aree come Messico, Darfur, Mali, Repubblica centrafricana, Yemen, Etiopia, Siria, i numeri si sono invertiti facendo salire a nove il numero di vittime tra i civili. Solo in Siria in undici anni di guerra i morti sono stati circa 400mila, di cui la maggior parte civili.

Da parte sua, l’attuale conflitto in Ucraina, e che riempie completamente l’orizzonte mediatico, va guardato in una prospettiva più ampia. «Il Novecento, secondo la definizione dello studioso britannico Eric Hobsbawm, è stato definito “il secolo breve”, iniziato nel 1914 con lo sparo di Sarajevo e finito nel 1991 con la dissoluzione dell’Unione Sovietica. Oggi, però, riprendendo quanto Lucio Caracciolo ha scritto recentemente su Limes, comprendiamo che si tratta di “un secolo lungo”, mai concluso. E quanto succede in questi giorni in Russia e Ucraina ne è la dimostrazione in quanto frutto di un insieme di fenomeni politici che non si sono interrotti nel ’91, ma sono andati avanti portando all’attuale situazione». A questo, poi, ha continuato Aitala «si aggiunge il costante e drammatico declino di rilevanza delle organizzazioni politiche multilaterali, a partire dal Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Infatti, quest’organo che in base alla Carta delle Nazioni Unite è titolare del potere e del dovere di mantenere la pace e la sicurezza internazionale ha avuto sostanzialmente nessun ruolo né nella maggior parte dei conflitti degli ultimi decenni né nelle crisi politiche interne ai paesi e tantomeno nelle situazioni di abusi di violazione dei diritti fondamentali in diversi stati del mondo».

La guerra in corso ha sovvertito l’ordine internazionale, è stato il detonatore di faglie, di fratture geopolitiche, culturali, economiche che preesistevano da tempo, ed è anche il risultato di una serie di fenomeni politici di carattere degenerativo della comunità internazionale.

Sul senso del punire, nel rapporto tra giustizia e pace, il relatore ha fatto presente che il diritto penale internazionale nasce su due rivoluzioni. «La dottrina dei diritti umani si è dimostrata eversiva perché ha “bucato” la sovranità degli Stati: fino alla Seconda guerra mondiale nessuno poteva valutare come il singolo stato trattava i suoi cittadini. Poi è da considerare la nuova idea di responsabilità individuale dei crimini internazionali, commessi non da entità astratte ma da uomini. Pace, sicurezza, benessere internazionale sono i cardini attorno ai quali ruota il lavoro della Corte. Giustizia e pace hanno rilievo nei conflitti interni, rilevando la possibilità che i processi penali spingano i processi di pace verso la riconciliazione».

Tornando al conflitto in atto, la Corte Penale Internazionale poteva esercitare la propria giurisdizione sui crimini compiuti in Ucraina – genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra (l’aggressione no, perché segue regole particolari) – già dal 2014, dal momento che tale ultimo Stato, sebbene non parte al Trattato sulla Corte, aveva provveduto a un’accettazione ad hoc. Tuttavia, in seguito all’aggressione russa del 2022 più di quaranta Stati hanno effettuato una segnalazione – tecnicamente: referral – che permette un’attivazione più rapida dell’azione della Corte. Su tale base, il Procuratore ha annunciato, lo scorso 2 marzo,  l’apertura ufficiale delle indagini, il cui esito sarà sottoposto allo scrutinio del giudice Aitala.

Oggi nessuno osa contestate che l’aggressione sia un crimine e la diplomazia rappresenta la strada risolutiva. Del resto «poiché le guerre cominciano nelle menti degli uomini, è nelle menti degli uomini che si devono costruire le difese della pace», come recita il preambolo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l'Educazione, la Scienza e la Cultura (UNESCO), citato dal professor Della Morte.

 


Mappa Caoslandia vs Ordolandia tratta da Limes 7/22

Un articolo di

Agostino Picicco

Agostino Picicco

Condividi su:

Newsletter

Scegli che cosa ti interessa
e resta aggiornato

Iscriviti