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Radicale, estrema o populista? Le parole dietro l’ascesa della Destra

28 ottobre 2022

Radicale, estrema o populista? Le parole dietro l’ascesa della Destra

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L'Europa, e non solo, è sempre più in mano alle destre. Radicali o estreme che dir si voglia. La vittoria della coalizione guidata da Giorgia Meloni alla vittoria delle elezioni politiche italiane dello scorso 25 settembre è l'ultimo capitolo, sicuramente tra i più rilevanti, di un'ascesa partita all'alba del XXI secolo. Ma quali sono le motivazioni economiche e sociali di questa tendenza? Quali sono le categorie corrette per catalogare questi fenomeni? Ci sono ancora elementi ideologici in questi movimenti? Ma, soprattutto, quale sarà la loro evoluzione una volta raggiunto il potere?

Con questi interrogativi, mercoledì 26 ottobre, il professor Damiano Palano, direttore del Dipartimento di Scienze politiche, ha aperto l'incontro, promosso da Polidemos, in cui è stato presentato il volume curato da Valerio Alfonso Bruno "Populism and Far-Right. Trends in Europe" (EDUCatt, 2022).

«È arrivato il momento di fare chiarezza - ha aggiunto Palano - e cercare di analizzare le differenze tra le formazioni populiste e la destra vera e propria. Le prime sono nate in una stagione che ha visto la nascita di varie formazioni politiche, in Italia il M5s, e che forse è terminata. Adesso è giunto il momento di analizzare il populismo di destra e le varie anime che la compongono che sono state capaci di intercettare le necessità dei cittadini europei e non».

Sulla questione terminologica Valerio Alfonso Bruno ha spiegato che 'far right' è quel che si può definire come 'umbrella concept', ovvero in grado di raccogliere tutto, e il tentativo di tradurlo in italiano con 'destra radicale' o 'estrema destra' risulta improprio. Questo perché, in Italia, lo specchio politico, a destra, risulta sempre più esteso ma anche più sfumato. Tra centrodestra e destra radicale, su molti temi, non è delineato in modo chiaro.

E all'estero qual è la situazione? «Se da una parte i partiti tradizionali si sono radicalizzati - ha spiegato Bruno - dall’altro i movimenti di estrema destra sono stati normalizzati se non proprio sdoganati. In Spagna Vox è il terzo partito nazionale. In Svezia il partito neonazista ha preso il 20% alle elezioni e attualmente fa parte della coalizione di governo».


Una tendenza che non coinvolge solo i paesi mediterranei e scandinavi ma che ha forte presa anche a est come dimostrano gli esempi di Ungheria e Polonia: «In questi contesti - ha ricordato Mara Morini, docente dell'Università di Genova e editorialista del quotidiano Domani - i partiti di estrema destra vanno a contaminare i partiti conservatori. Tuttavia, ho qualche perplessità nel ritenerli etichettabili come populisti. Questo perché si tende a fare confusione un populismo identitario e un altro essenzialmente comunicativo che si è diffuso anche con l'avvento dei social media. I cambiamenti culturali influiscono in modo importante in questa evoluzione».

Grande conoscitrice della realtà russa Morini, anche in relazioni al conflitto in corso in Ucraina, ha poi analizzato la posizione dell'Italia con il nuovo Governo di destra: «Siamo arrivati a questa situazione con la destra, estrema o radicale che dir si voglia, perché politicamente non abbiamo più un centro. Nel futuro molto dipenderà da come si organizzerà in termini di politica europea ma anche dal tipo di legame identitario che si andranno a creare con altri tipi di realtà. E ogni riferimento a Russia Unita di Putin è puramente voluto. Ma, attenzione perché al Cremlino più che creare legami interessa destabilizzare dall’interno la coesione politica della Ue. Creare confusione verso quello Mosca considera un gigante economico ma un nano politico. Un esempio sono le cosiddette questioni morali che, essendo oggetto di polarizzazioni nelle opinioni pubbliche europee, sono un elemento centrale di questo meccanismo. Sfruttare punti di debolezza delle democrazie liberali in chiave di destabilizzazione politica».

«Nessuno ama definirsi di estrema destra – ha precisato il direttore dell’Alta Scuola in Economia e Relazioni internazionali (ASERI) Vittorio Emanuele Parsi - lo spettro della legalità repubblicana, per dirla alla francese, va dai socialisti ai conservatori. Poi, certo, difficile pensare a Berlusconi come un elemento moderato all'interno del Governo anche se Forza Italia, formalmente, fa parte del PPE. Ma del resto nel PPE c'è anche Orban...»

«I partiti di destra - ha aggiunto Parsi - sono arrivati a rappresentare ceti sociali che erano storicamente appannaggio della sinistra appropriandosi di temi come quello della lotta alle diseguaglianze. Questo è successo con l'entrata in crisi del concetto di classe e di conseguenza della lotta di classe. Perso questo strumento analitico e di azione politica è stato difficile trattare il tema della disuguaglianza in modo distintivo. Anche perché, ormai, i partiti di sinistra sono sempre più simili a quelli di centro, popolari. Un percorso lungo che si allaccia alla fine della Guerra Fredda che, con l’estensione del modello liberale, del mercato, diventa inattaccabile. Prendere posizione contro il mercato è impossibile oggi vanno usati cento distinguo. Per poi perdere comunque. La globalizzazione adesso è evocata in modo critico ma nell’89 non lo era affatto. Anche a sinistra. La destra è stata avvantaggiata dal fatto che il popolo, come concetto, si è rivelato è contendibile. Il concetto di nazione lo è meno per come le cose sono andate nella storia europea. Di conseguenza può essere sposato con il concetto di popolo seguendo lo schema del populismo della destra americano: ovvero la tutela di una maggioranza».

Un articolo di

Luca Aprea

Luca Aprea

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