NEWS | Milano

Restituire un senso al lavoro

06 marzo 2023

Restituire un senso al lavoro

Condividi su:

Quiet quitting, great resignation, smartworking. Termini diventati di grande attualità in questo periodo di post-pandemia che dimostrano come, il periodo successivo al Covid-19, ha imposto grandi cambiamenti al mondo del lavoro. Di questi e molti altri temi si è discusso martedì 28 febbraio in occasione del convegno “Restituire un senso al lavoro. Il ruolo della consulenza orientativa”, promosso dal corso di perfezionamento in Consulenza di carriera dell’Università Cattolica.

La prima parte dell’incontro, coordinata dal professor Diego Boerchi, direttore scientifico del Corso di perfezionamento in Consulenza di carriera, è stata aperta da Domenico Simeone, preside della Facoltà di Scienze della formazione, che nel saluto istituzionale è entrato direttamente nel vivo della questione del “senso del lavoro”: «C’è bisogno di recuperare senso rispetto al lavoro. Sembra difficile motivare le persone e credo che la consulenza orientativa possa fare molto per costruire il legame tra l’esperienza del lavoro e gli obiettivi esistenziali che le persone vogliono raggiungere. C’è un tema che lega il lavoro all’identità e che oggi sembra essersi allentato lasciando spazio all’incertezza occupazionale. Credo che in questa condizione - ha spiegato - si generino anche traiettorie professionali intermittenti. In questo scenario, l’attenzione a modelli di formazione e orientamento che mettono l’accento sulle competenze, in una prospettiva di apprendimento permanente, diventano particolarmente interessanti».

Antonella Occhino, preside della Facoltà di Economia, invece ha voluto portare una diversa visione sui temi legati al lavoro, facendo luce su ciò che in questi anni non è mai cambiato. «Io vorrei parlare delle cose che restano, ci sono tre parole chiave che vorrei trasmettere e che possono gettare la luce su qualcosa che non cambia, innanzitutto la parola “fiducia”, perché rapporti e i contratti di lavoro sono fondati sulla fiducia; poi la parola “linguaggi”, perché si lega tantissimo all’evoluzione delle competenze, in un momento di trasformazione e revisione completa delle competenze, il linguaggio serve per relazionarsi; infine la parola “opportunità”, perché oggi si dice che il mercato del lavoro è frammentato e precario, ma ciò che dovrebbe guidare la transizione occupazionale è proprio il concetto di opportunità».

La prima fase del convegno si è conclusa con l’intervento di Emanuela Confalonieri, direttore del CROSS-Centro di Ricerche sull’Orientamento e lo Sviluppo Socioprofessionale e di Antonella Marchetti, direttore del Dipartimento di Psicologia. A seguire si è svolto il secondo panel dal titolo “Restituire valore: dal database alla persona” con Simone Cerlini, dirigente Divisione Lavoro presso AFOL Metropolitana, Agostino Di Maio, direttore generale di Assolavoro e Potito Di Nunzio, presidente del Consiglio dell’Ordine dei Consulenti del lavoro provincia di Milano.

Un articolo di

Daniela Bilanzuoli

Scuola di giornalismo

Condividi su:


Ma come si può, in un’epoca di calo motivazionale, restituire un senso al proprio vissuto lavorativo? A discutere su quali potrebbero essere le pratiche da adottare è intervenuto Diego Parassole, attore, comico e cabarettista italiano che ha deciso di affiancare la carriera artistica con un percorso professionale come formatore. «Spesso si parla di vivere per lavorare o lavorare per vivere, secondo me bisognerebbe trovare un lavoro per il quale valga la pena vivere. Dovete sapere che qualunque lavoro facciate non sceglieranno mai un curriculum, ma la persona: il datore di lavoro ha bisogno di conoscervi anche come persone», spiega Diego Parassole.

«Io, ad esempio, ho scoperto che ciò che mi piace del mio lavoro da comico è che spesso le persone si divertono. Mi piace però anche il lavoro da formatore – io principalmente alleno le persone a parlare - perché mi soddisfa riuscire a produrre un risultato in loro, vedere che migliorano, e poi anche perché ho la passione per le relazioni».

Nel terzo e ultimo panel, dedicato alle buone pratiche, coordinato da Bruna Nava, Responsabile del Coordinamento didattico del Corso di perfezionamento in Consulenza di carriera, insieme a Diego Parassole sono intervenuti anche gli ex corsisti del corso di perfezionamento: Marco Mazzuccato (Afol Metropolitana), Annamaria Vincenzo (Banca Intesa), Sergio Leonardi (Libero professionista), Lorenzo Torelli (Terzo settore), Vasyl Zhuk (Università Bicocca) e Daria Sauleo (Master International Business - Talent Garden).

«Negli ultimi anni - ha aggiunto Parassole - i valori professionali sono molto cambiati, soprattutto per le nuove generazioni. Quello che spesso i giovani dicono è “vorrei poter equilibrare la vita privata e la vita professionale”. Ma è possibile che la felicità non possa darla anche il lavoro e che la si cerchi solo al di fuori di esso? Oggi il tempo libero è una grande necessità, permette di esprimere sé stessi e dare un senso a ciò che si fa, come se il lavoro fosse solo il mezzo per arrivare a ciò di cui si ha bisogno. Come diceva Antonio Damaso, non siamo macchine pensanti che si emozionano, ma siamo macchine emozionali che pensano. Noi pensiamo che ci sia da un lato la razionalità e dall’altro l’emozionalità, che le due cose vadano in collisione. Ma il problema è che se è vero che siamo macchine emozionali, se non allineiamo alla nostra razionalità l’emozionalità, la passione per quello che facciamo, rischiamo davvero di essere estremamente infelici».

«Se non mettiamo qualcosa di noi nel lavoro siamo destinati ad essere infelici. Se fai un lavoro che ti piace non è vero che manca la fatica, però è un mestiere che ci identifica. Se restiamo ancorati e non troviamo qualcosa che ci animi ci spegniamo. Bisogna mettere l’anima nel lavoro – ha concluso Parassole - noi da lavoratori dobbiamo fare la nostra parte, ma anche le aziende devono ricordarsi che di fronte a loro ci sono persone, esseri umani».

Newsletter

Scegli che cosa ti interessa
e resta aggiornato

Iscriviti