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Sanremo 2021, quando il podio racconta chi siamo

11 marzo 2021

Sanremo 2021, quando il podio racconta chi siamo

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A Sanremo 2021 ha vinto il rock. Quella che è stata definita da molti come “l’edizione della rinascita” ha visto trionfare i Måneskin, band romana che ha iniziato a farsi conoscere dal grande pubblico grazie a X Factor 2017. La loro Zitti e buoni è la canzone del 2021 secondo l’intreccio delle preferenze di giuria demoscopica, orchestra, sala stampa e televoto. Quella che può essere vista come una rivoluzione in realtà è una cartina tornasole di ciò che il nostro Paese sta vivendo.

Ça va sans dire: Sanremo, più di ogni altra kermesse, fotografa e mette in luce tutto quello che in Italia è spesso sospeso, incerto. E lo fa con fermezza. Creando, nella maggior parte dei casi, polemiche e dibattiti. Il festival bis della collaudata coppia Amadeus e Fiorello arrivava a un anno dall’inno pop Fai rumore di Diodato. Arrivava dopo mesi di canzoni tra balconi e chiusure. Arrivava dopo un anno che ha terribilmente segnato ognuno di noi, a causa del Covid-19 e della sua difficile gestione. Il brano che pubblico, musicisti e giornalisti hanno voluto premiare ha in sé una forte attitudine distruttiva. Non solo per il genere musicale - che, a dir la verità, unisce la tradizione rock a un mondo pop, soul e dai riferimenti rap - ma anche per il messaggio. La band capitanata dall’estroso Damiano grida un bisogno di unicità, la voglia di farsi spazio e di non subire quello che ormai sembra essere una delle caratteristiche di questo tempo: il fatto che ognuno si senta legittimato a giudicare ogni cosa, nella maggior parte dei casi senza avere un minimo di competenza.

Insomma: il fatto che Damiano, Victoria, Ethan e Thomas abbiano trionfato non può essere un caso. Nelle loro adrenaliniche esibizioni (che ci hanno più volte salvato dal rischio di un sonno profondo davanti alla tivù, in un Sanremo fortemente criticato per l’orario di chiusura delle puntate) i Måneskin hanno inserito tutto il loro essere ragazzi in un tempo così critico. Non a caso, l’ultimo singolo prima della loro partecipazione al Festival (e il primo estratto dal loro secondo album, Teatro d’ira - Vol. 1, in uscita il 19 marzo), si chiama proprio Vent’anni. Nel brano cantano: «Ho paura di lasciare al mondo soltanto denaro, che il mio nome scompaia tra quelli di tutti gli altri». Un’ammissione per nulla scontata da parte di uno dei gruppi su cui, già da prima della vittoria al Festival, c’era grande attesa da critica e pubblico.

Le altre due posizioni del podio raccontano un aspetto ulteriore. La coppia formata da Francesca Michielin e Fedez ha conquistato il secondo posto, con una scalata della classifica grazie al coinvolgimento (solo per l’ultima serata) del televoto. Mentre tutti gli artisti si stavano preparando per la finale, la Michielin e Fedez hanno iniziato a sorridere perché la loro Chiamami per nome era già la più ascoltata dal pubblico (è addirittura entrata alla #2 della classifica ufficiale di vendita dei singoli FIMI dal 26 febbraio al 4 marzo). Un successo non indifferente. Il loro brano rientra tra i contenuti che siamo più abituati ad ascoltare sul palco dell’Ariston: una canzone d’amore che, a dir la verità, allarga il discorso dal semplice sentimento tra due persone alla necessità di imparare a saper stare (anche) da soli. Il terzo gradino del podio è stato occupato da Un milione di cose da dirti di Ermal Meta, artista che ha già trionfato sul palco dell’Ariston nel 2018 insieme a Fabrizio Moro. La sua canzone è una ballad in perfetto “stile Sanremo”, dove il sentimento per l’amata è il cuore del messaggio.

Ancora una volta Sanremo delinea parte di ciò che siamo. È testimonianza del nostro dualismo. Abbiamo bisogno di essere rassicurati, con contenuti che ci facciano sentire a casa. Ma allo stesso tempo abbiamo sempre più bisogno di dire la nostra. Di batterci per un ideale in cui crediamo. Di fare rumore, ancora una volta. Proprio come consigliava un anno fa Diodato. Magari, a questo giro, alzando ancora di più il volume delle nostre casse.

Un articolo di

Giovanni Ferrari

Giovanni Ferrari

Giornalista. Alumnus di Comunicazione per l’Impresa, i Media e le Organizzazioni Complesse (CIMO)

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