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Sempre più online, più in casa e favorevoli alla sostenibilità gli italiani durante e dopo la pandemia

07 febbraio 2025

Sempre più online, più in casa e favorevoli alla sostenibilità gli italiani durante e dopo la pandemia

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Dalla pandemia a oggi circa il 30% della popolazione italiana ha aumentato l’uso di internet per il tempo libero, la diffusione di comportamenti sostenibili nella vita quotidiana e il tempo trascorso in casa. Un cambiamento che ha riguardato in modo disomogeneo la popolazione, in particolare i giovani più degli anziani, gli uomini più delle donne, gli abitanti delle città più densamente popolate rispetto alle altre. 

Un'ampia ricerca condotta dall'Università Cattolica del Sacro Cuore, intitolata "Behavioural Change: Prospettive per la stabilizzazione di comportamenti virtuosi verso la sostenibilità", ha analizzato l'impatto duraturo della pandemia da COVID-19 sulle abitudini degli italiani. Presentato oggi nel campus milanese in largo Gemelli 1 nel convegno finale, lo studio ha coinvolto un campione di 4576 persone (2021 nella prima rilevazione, 2555 nella seconda), la cui distribuzione per genere, età, titolo di studio e condizione occupazionale rispecchia quella della popolazione italiana residente. I due campioni sono stati interpellati in due occasioni (giugno 2021 e giugno-luglio 2023) per valutare i cambiamenti comportamentali sia durante sia dopo l'emergenza sanitaria.

Le principali evidenze

I risultati mettono in luce una complessa realtà. Da un lato, si sono registrati cambiamenti strutturali significativi in alcuni ambiti, come l'aumento nell'utilizzo di internet per lavoro e svago e l'adozione di comportamenti più sostenibili.

Dall'altro, la diffusione di queste modifiche è risultata meno pervasiva del previsto. Si osserva una disomogeneità nella popolazione, con differenze legate a fattori socio-demografici come età, livello di istruzione, condizione economica e area geografica.

•    L'utilizzo di internet, per lavoro o tempo libero, è aumentato in modo strutturale (rispettivamente +23% e 37%), ma con differenze significative tra fasce d'età e livelli di istruzione: ad esempio, il 36% dei laureati ha aumentato strutturalmente l’utilizzo di internet per lavoro contro il 18% dei meno istruiti e le percentuali salgono rispettivamente a 43% e 32% per l’utilizzo del web nel tempo libero.
•    I comportamenti sostenibili si sono consolidati, con 3 intervistati su 10 che dichiarano di averne aumentato l’adozione in maniera strutturale. La loro adozione rimane disomogenea sul territorio nazionale: nelle grandi e medie città circa un intervistato su tre dichiara di aver aumentato in maniera strutturale l’adozione di comportamenti sostenibili, mentre la percentuale è del 17% nelle zone meno densamente popolate, e questa differenza è particolarmente marcata nelle regioni del Sud.
•    Le spese nei negozi di vicinato e per ristorazione hanno subito una diminuzione strutturale (-15% e -43%), soprattutto tra chi ha scarse condizioni economiche (rispettivamente -19% e -51%).
•    Il tempo trascorso in casa è aumentato in modo strutturale per oltre un intervistato su tre. Ad aver incrementato le ore trascorse tra le mura domestiche sono soprattutto coloro che hanno condizioni economiche precarie (+45%) e i non occupati (+43%). 

I ricercatori hanno effettuato approfondimenti su due campioni indipendenti della prima e della seconda wave, in particolare relativi all’uso di internet per il tempo libero e all’adozione di comportamenti sostenibili. Riguardo il primo, la ricerca evidenzia che la pandemia ha accelerato il processo di mutamento, favorendo l’utilizzo di internet per molte attività del tempo libero, un cambiamento nel post pandemia. Le voci analizzate riguardano il fare la spesa, l’acquisto di abbigliamento, cosmesi e pasti, la lettura, la prenotazione degli alberghi, la fruizione dei film, i videogiochi, il gioco d’azzardo e il dating online.

In secondo luogo, dallo studio emerge che la pandemia ha accelerato il processo di adozione di comportamenti sostenibili nella vita di tutti i giorni, complice probabilmente il confinamento forzato tra le mura domestiche che ha portato e ripensare alcuni comportamenti, rinforzati nel periodo post-pandemico. Come il bere l’acqua dal rubinetto, l’uso più parsimonioso dei fogli di carta, l’utilizzo dei detersivi ecologici, l’acquisto di prodotti sfusi e a kilometro zero, la preferenza dell’usato al nuovo, il minore consumo di carne e la raccolta differenziata.

«La pandemia ha agito come uno shock esogeno che ha accelerato trasformazioni già in atto, ma la sua influenza sulla popolazione è stata disomogenea. Questo evidenzia la necessità di politiche mirate a favorire l'adozione di comportamenti virtuosi e a ridurre le disuguaglianze» – hanno affermato Emanuela Mora e Mario A. Maggioni, coordinatori della ricerca. 

 

Il convegno finale ha coinvolto esperti delle diverse discipline partecipanti alla ricerca, psicologi, sociologi, economisti, in dialogo con alcuni prestigiosi ospiti a discutere e mettere in prospettiva i risultati di questo studio. È intervenuto da remoto, Enrico Letta, Dean della IE University e Presidente dell’Istituto Delors, alla luce del recente rapporto da lui redatto su incarico della Commissione Europea (Much more than a market, April 2024) e ha evidenziato che i risultati della ricerca “Be Change” suggeriscono che in Europa qualche lezione da imparare ci sarebbe, ma che sia sotto il profilo delle politiche pubbliche sia sotto quello dei comportamenti individuali e familiari le tendenze più interessanti riguardano fasce di popolazione ancora minoritarie. «Quello che è stato presentato oggi è un contributo scientifico di altissimo rilievo che consente di trarre lezioni fondamentali per il nostro futuro collettivo dagli anni durissimi della pandemia – ha dichiarato Letta –. È anche una grande lezione di metodo rispetto a tanti mondi che in Europa e in Italia hanno ricominciato dopo la pandemia come se niente fosse successo, senza nessun approfondimento sulle lezioni che tutti dovremmo imparare». 

A seguire il rettore dell’Università Bocconi, Francesco Billari ha discusso i risultati dell’indagine dell’Università Cattolica, a confronto con evidenze derivanti dai suoi studi demografici, sottolineando in particolare come l’intersezione tra la dimensione generazionale e quelle legate a genere, istruzione, condizione lavorativa, condizione familiare possono contribuire a spiegare meglio i cambiamenti che vanno consolidandosi. In particolare, i portatori dei cambiamenti più interessanti sembrano essere gli italiani e le italiane più giovani, anche se, come rileva Francesco Stoppa, formatore e psicanalista, sono proprio loro a manifestare la fatica maggiore nel fare i conti con gli strascichi psicologici della pandemia, rimossa, più che elaborata, dalle generazioni più adulte.

 

Giulia Assirelli ha presentato la ricerca Be Change, ha spiegato i metodi, le evidenze e i macro trend e, in team con le sociologhe Rosangela Lodigiani e Ivana Pais, ha affrontato il tema dell’instabilità e della discontinuità lavorativa. L’economista Teodora Erika Uberti ha approfondito le differenze generazionali nei comportamenti post pandemici mentre Claudia Manzi ha offerto un affondo psicologico sui cambiamenti nella conciliazione tra vita privata e lavoro. Delle nuove modalità di utilizzo della tecnologia si è occupato Giuseppe Riva, mentre Davide Massaro ha raccontato gli effetti psicologici dopo l’esperienza del Covid e lo storico Danilo Zardin ha suggerito come fare memoria di un’esperienza collettiva di crisi. Infine, il filosofo Paolo Gomarasca ha presentato le sfide della governance urbana a Milano sotto pandemia.
 

Un articolo di

Emanuela Gazzotti

Emanuela Gazzotti

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