«Si può imparare a leggere l’esperienza della musica secondo un percorso che noi non prevederemmo - ha spiegato Enrico Reggiani all’inizio della serata musicale -. Storicamente noi dovremmo passare da Bach a Chopin a Prokofiev e invece la libertà interpretativa e culturale di Leonora Armellini ci offre un’acrobazia, ci chiede di passare da Bach al Novecento e poi tornare indietro». E ha continuato: «Bach rappresenta il “sistema tonale”, la scala di DO maggiore. Fantasia cromatica e Fuga ci offre un ennesimo esempio di come si può pensare in quel codice ma addirittura ci insegna anche che, grazie a quella invenzione dell’inizio del Settecento, è possibile mettere insieme due metà di un brano, la Fantasia e la Fuga, che obbediscono a principi diversi: uno il più improvvisativo (la Fantasia), e uno, la Fuga, che è una delle forme più rigorose e strutturate che esista».
E Prokofiev? La Sonata N. 2 op. 14 proposta dalla Armellini rispecchia la relazione fra due identità che durante l’Ottocento dialogano tra di loro. «A partire dall’insegnamento di Bach, Prokofiev prova a inventare un suo linguaggio mettendo insieme tutto ciò che ha imparato - ha raccontato Reggiani -». Così, i quattro tempi della Sonata esprimono melodie tonalmente diverse che, però, sono sempre in relazione tra loro grazie ad elementi comuni ripresi.
Infine, con Chopin Leonora Armellini conquista il pubblico che applaude finchè la pianista regala un fuori programma con uno Studio e un Walzer del grande musicista. «La Sonata N. 3 op. 58 conquistò due colossi del pensiero musicale del XIX secolo, Schumann e Liszt» - ha spiegato ancora Reggiani a metà concerto. Smentendo chi gli attribuiva un talento solo nella composizione dei Preludi e dei Notturni, Chopin ha composto questa Sonata, dove il SI minore del primo tempo lascia il posto a una tonalità diversa nel secondo e così nel terzo e nel quarto secondo il sistema tonale.
«La Sonata N. 3 di Chopin è fedele all’assioma che da un piccolo principio si apre una grande struttura con le classiche idee armoniche che conquistarono tutto il primo Ottocento e oltre. In perfetto accordo con la cultura dell’inizio di quel secolo, ossessionata dal mito dell’origine. In quel periodo, infatti, nacquero alcune scienze che hanno a che fare con l’origine della vita (la biologia) e della letteratura (la filologia). E anche la musica si concentrò su elementi minimi da cui potesse scaturire qualcosa di molto grande» - ha concluso il professore, lasciando che il pubblico facesse proprie queste considerazioni e si lasciasse ispirare dall’interpretazione sublime di Leonora Armellini.