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Tra Intelligenza Artificiale e algoritmi, la sfida per restare umani

14 settembre 2021

Tra Intelligenza Artificiale e algoritmi, la sfida per restare umani

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L’Intelligenza Artificiale è una delle novità più straordinarie degli ultimi anni e fornisce «ausili formidabili» alle nostre vite, soprattutto in ambito medico, farmacologico e delle scienze cognitive. Non mancano, però, i rischi legati al potenziamento umano che è capace di innescare. Come affrontare l’irruzione delle tecnologie, in particolare dell’IA, con una prospettiva di tipo umanistico e non iper-scientifico e settoriale? Servono «regole chiare», a partire da quelle sulla privacy. Ne è convinto il Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, intervenuto al dibattito “Post-umano, sovrumano o semplicemente umano?”, che si è tenuto a Milano lunedì 13 settembre nella Sala Colonne del Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Leonardo da Vinci.

Un incontro che, promosso nell’anno del suo centenario dall’Università Cattolica del Sacro Cuore insieme con la Consulta Scientifica del Cortile dei Gentili, l’organismo del Pontificio Consiglio della Cultura, è stato anticipato la mattina da un workshop a porte chiuse in Cattolica nel corso del quale esponenti della Consulta e una quarantina di docenti dell’Ateneo si sono confrontati con uno sguardo multidisciplinare, sulle sfide poste dalla tecnologia e dall’Intelligenza Artificiale. È la tappa di un percorso che il Cortile dei Gentili sta portando avanti con l’Università Cattolica, impegnata su questo fronte con numerosi progetti di ricerca e tramite il Laboratorio dedicato Humane Technology Lab (HTLAB).

Un articolo di

Katia Biondi

Katia Biondi

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La prima «costellazione tematica» del dibattito - la «cui complessità è testimoniata dal titolo», ha detto il Presidente del Museo Nazionale Scienza e Tecnologia Lorenzo Ornaghi nel saluto di apertura - è arrivata dal videomessaggio del Cardinale Gianfranco Ravasi. Il Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura ha evocato idealmente tre parole fondamentali: antropologia, la stella polare che guida la ricerca umana, rappresentata in maniera folgorante da Democrito nella sua definizione “Ànthropos micròs còsmos” (“l’uomo è un piccolo universo”); tecnologia, una delle grandi vie fondamentali nelle quali si cerca di definire perimetri e arterie di questo còsmos, che è la persona umana; relazione, una parola decisiva per tutte le culture che hanno considerato la figura umana non come una sorta di circolo chiuso in se stesso ma come una cellula di un organismo maggiore.

Del resto, ha fatto eco il Rettore dell’Università Cattolica Franco Anelli, «da un automa possiamo attenderci che produca un’opera di maniera, riproduttiva di un paradigma stilistico dato, non ci attendiamo l’originalità. L’umano, allora, va ricercato nella capacità di essere creativo, di dar vita a sensazioni che generano sensazioni». Ed è proprio qui il nocciolo della questione che esprime appieno «la tensione dialettica tra i due grandi poli della contemporaneità: la tecnologia e l’antropologia».
 


Come si è chiesto Giuliano Amato, Presidente della Consulta scientifica del Cortile dei Gentili, Vice-Presidente della Corte Costituzionale. «L’algoritmo può sostituire il nostro cervello? Può sostituire il nostro io? Può metterci nella condizione di esseri umani che non commettono più errori? Possiamo rinunciare a quella creatività sollecitata da circostanze specifiche?». Qui, insomma, «si profila l’ipotesi del sovrumano dove, come ha scritto in un bel libro Laura Palazzani, “il potenziamento umano rischia di diventare lo strumento di un superpotere che se ne avvale”».

A capire quali sono gli scenari futuri che ci attendono sono stati i relatori al dibattito sollecitati dalle domande di Luciano Fontana, direttore del Corriere della sera, media partner dell’iniziativa. Il primo a rispondere è stato Paolo Benanti, Docente di Teologia Morale alla Pontificia Università Gregoriana, secondo cui «l’idea che abbiamo di futuro è inscindibile dal modo in cui tecnologizziamo la realtà», e che la macchina sapiente può essere tale solo se in «rapporto simbiotico» con l’essere umano.

Secondo Laura Palazzani, Vicepresidente vicaria del Comitato Nazionale per la Bioetica, la corsa verso il potenziamento rischia di diventare la non accettazione della natura umana. Non solo essa solleva una serie di problematicità legate al tema «della dignità umana». Palazzani è convinta che l’uomo può migliorarsi senza usare «tecniche di potenziamento» ma semplicemente migliorando le potenzialità che sono scritte nella natura umana, evitando così di cedere al “ricatto della perfezione”.

Dal punto di vista di Silvano Petrosino, Docente di Filosofia Teoretica all’Università Cattolica, il problema non è essere a favore o contro la tecnica piuttosto cogliere il fatto che più la tecnica si estende e diventa potente più tende a far dimenticare all’uomo quello che è stato il compito posto dal creatore, “coltivare e custodire” che coincide così con il “manipolare e dominare”. Di fronte a tutto questo non basta sapere ma è necessario volere, ha avvertito Petrosino.

Un ruolo importante, allora, possono giocarlo le «regole. Lo ha ribadito Antonella Sciarrone Alibrandi, Pro-rettrice dell’Ateneo, richiamando l’attenzione sul fatto che la questione è affrontata sotto due prospettive: la prima, è quella della tecnologia oggetto di regolazione; la seconda, è quella dell’utilizzo della tecnologia per la produzione di regole che vengono applicate in sede di giustizia.

Lo stesso Ministro della Transizione Ecologica Roberto Cingolani, tirando le somme dell’incontro, ha posto l’accento sulla necessità di «regole» e «codici». «Il rapporto tra macchina intelligente ed essere umano va ancora chiarito e costruito completamente, perché la comparsa di macchine così intelligenti è recente. Diamoci tempo, culturalmente, socialmente, giuridicamente ed eticamente, di abituarci alla coesistenza con queste tecnologie», ha osservato Cingolani. Ma non dobbiamo temere per il primato dell’uomo «poiché le macchine hanno bisogno di essere accese, sono ingombranti, e necessitano di molta energia e vanno programmate». Anzi «temo di più chi possiede il dato e chi fa il programma». Inoltre, sono numerosi i campi in cui la trasformazione digitale può avere effetti benefici e immediati. Primo fra tutti quello ecologico. «Sicuramente l’abbattimento dell’impronta idrica e lo smart grid, dove saranno investiti circa 4 miliardi, sono esempi pratici e significativi di come l'Intelligenza Artificiale può contribuire a migliorare l’esistenza umana».

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