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Un Ateneo per il mondo

15 dicembre 2025

Un Ateneo per il mondo

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L’elaborazione del Piano Strategico che ha coinvolto la comunità universitaria in questi mesi è stata accompagnata dagli interventi pubblici del Rettore, Elena Beccalli. Interventi che hanno a loro volta richiamato e rilanciato gli argomenti affrontati durante la fase ricognitiva e che orientano le riflessioni dei Gruppi di Lavoro, grandi temi nei quali si possono scorgere i tratti di un modello di università su cui docenti, studentesse e studenti, personale tecnico-amministrativo sono chiamati a confrontarsi.

Un primo nodo di questo orizzonte riguarda il debito educativo globale, un’emergenza silenziosa che pesa soprattutto sulle persone più fragili. Sessantuno milioni di bambine e bambini nel mondo non hanno mai varcato la soglia di una classe; in un numero ancora maggiore abbandonano la scuola prima del tempo; anche nei Paesi ricchi crescono sfiducia, dispersione e isolamento. Questo divario è un’ingiustizia strutturale che chiama all’azione. L’Università Cattolica del Sacro Cuore — come parte del principale network educativo globale, forte di 231 mila istituzioni scolastiche e 72 milioni di studenti in 171 nazioni — è sollecitata a dare il proprio contributo. Assumersi tale compito è un atto di responsabilità verso il presente, ma anche verso il futuro, in un mondo sempre più interconnesso e alle prese con sfide che travalicano i confini tra Paesi.

È anche alla luce di questa che prosegue l’impegno per l’Africa, il continente del futuro, il cui dividendo demografico può essere valorizzato come un fattore di sviluppo. Struttura d’azione dell’Ateneo, il Piano Africa dell’Università Cattolica intende lavorare con i Paesi africani secondo uno spirito di reciprocità, nella didattica (attraverso un’offerta formativa co-progettata con atenei africani, mediante scambi di docenti e di studenti da e verso l’Africa, con ancora maggiore apertura dell’Università Cattolica a quelli di seconda generazione), nella ricerca e nell’ambito della terza missione (attraverso la costituzione di ampi partenariati in grado di intercettare progetti di ricerca internazionali e di grande impatto).

In questo senso il Piano Africa è anche il banco di prova in cui si potrà verificare l’aspirazione dell’Università Cattolica a diventare non solo uno tra i migliori atenei del mondo, ma per il mondo: vale a dire un’istituzione capace di offrire soluzioni ai problemi della contemporaneità che hanno per loro intrinseca natura una dimensione planetaria.

Alla base di questa visione c’è la fiducia nella capacità trasformativa dell’educazione., L’education power può essere la leva per ridurre le disuguaglianze tra le diverse regioni del pianeta, per avviare percorsi di pace, per la formazione di uomini e donne orientati al bene comune, per formare, insomma — per usare le parole dello stesso Rettore — «non solo uomini e donne di valore, ma anche di valori».

Accanto al tema dell’equità emerge l’altra grande frontiera del nostro tempo: l’intelligenza artificiale. Senza confondere i mezzi per fini in se stessi, le tecnologie digitali integrate nel sistema delle conoscenze sono strumenti utili e come tali indispensabili proprio per affrontare le sfide globali, compresa quella di “assicurare un’istruzione di qualità, equa e inclusiva, e promuovere opportunità di apprendimento permanente per tutti”,  indicata dalla Nazioni Unite come obiettivo per il 2030: potenzialmente, corsi erogati online possono essere messi a disposizione per un’ampia platea di giovani, anche di chi vive nelle aree più svantaggiate del mondo, superando le oggettive difficoltà della mobilità.

Da questa considerazione nasce la proposta di un Patto educativo per le nuove tecnologie e l’intelligenza artificiale, che può essere inteso come un ulteriore pilastro del Global Compact on Education, nella prospettiva educativa delineata da Papa Leone XIV. Il Rettore ha chiarito che tre dovrebbero essere gli ambiti principali di tale Patto.

Primo: la ricerca sull’intelligenza artificiale, orientata a conoscerne natura, confini, potenzialità e rischi.

Secondo: l’innovazione della didattica, volta a integrare in modo consapevole ed efficace l’intelligenza artificiale nel processo di apprendimento degli studenti e delle studentesse senza snaturarne i tratti fondativi e anzi valorizzandoli.

Terzo: la formazione di docenti, allo scopo di perfezionare i metodi d’insegnamento e orientare gli strumenti di intelligenza artificiale verso un approccio pedagogico consapevole.

In quest’ottica va anche superata la contrapposizione tra didattica tradizionale o innovativa, in presenza oppure online. Poiché le formule non sono in sé alternative, ma possono convivere virtuosamente, il vero discrimine non riguarda tanto il “come”, ma il “perché” viene erogata la formazione. È di nuovo una questione di fini e non di mezzi. Secondo Elena Beccalli va dunque preservato lo scopo non profit dell’università, dove l’investimento di risorse per il futuro è inteso come servizio e non come profitto.

In questo orizzonte si colloca anche la missione dell’università come istituzione di pace. Una pace reale, concreta, che non si accontenta di proclami, ma si costruisce attraverso il dialogo, la conoscenza, la capacità di ascoltare anche ciò che disturba. Secondo il Rettore il contributo alla pace deve investire tutte e tre le dimensioni istituzionali dell’Ateneo. Riguarda la formazione, essendo le aule universitarie il luogo dove si impara a comprendere le ragioni dell’altro e a trovare parole comuni. Ha a che vedere con la ricerca non solo perché il mondo delle idee è di per sé senza confini e trova alimento proprio dalla contaminazione, ma anche perché, più concretamente, la collaborazione tra realtà accademiche di diversi Paesi crea un tessuto di relazioni che rende il mondo più interdipendente, precondizione per una convivenza pacifica. E infine gli atenei possono essere istituzioni di pace anche attraverso le attività di terza missione mettendosi ad esempio a disposizione della comunità nazionale e internazionale come luoghi di confronto tra culture differenti e spazio di mediazione tra diversi interessi geopolitici.

Quasi a coronamento di questo profilo c’è il tratto dell’interdisciplinarità, come una scelta di valore prima ancora che di metodo. In un mondo frammentato, dove i saperi rischiano di ridursi a specialismi che procedono come rette parallele, l’università è chiamata a ricomporre ciò che la complessità tende a dividere. Facendo propria la lezione del cardinale John Henry Newman, si tratta di riconoscere che il sapere è unitario, perché unitario è l’essere umano.

Dall’osservazione della realtà che ci circonda nasce infine un’ulteriore indicazione. Oggi i cambiamenti sociali scavano solchi tra persone di età differenti con una velocità che probabilmente non ha avuto precedenti nella storia. La comunità universitaria, come ogni istituzione formativa che metta in relazione persone più anziane con quelle più giovani, è uno specchio che riflette in maniera particolare tale trasformazione. Concepire allora il sapere non solo come trasmissione di conoscenza ma come un’esperienza che si costruisce insieme è anche un modo per ripensare il confronto tra generazioni, tema che il Rettore ha voluto mettere al centro del nuovo anno accademico.

Un articolo di

Equipe Piano Strategico

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