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Un "turno" al Gemelli con Giacomo Poretti

16 novembre 2021

Un "turno" al Gemelli con Giacomo Poretti

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“Questa esperienza mi ha insegnato e mi ha segnato: è stata davvero forte sul piano professionale e umano. L’ospedale era l’ultimo luogo nel quale sarei voluto entrare: ho capito dopo che ciò che ho vissuto era talmente grande, importante e bellissimo che andava sicuramente raccontato”, così il noto attore, ora anche scrittore, Giacomo Poretti, autore del libro “Turno di notte – Storia tragicomica di un infermiere che avrebbe voluto fare altro” (edito da Mondadori). Un racconto autobiografico, serio, emozionante e divertente, della sua esperienza come infermiere per undici anni all’ospedale di Legnano, ripercorso in un vivace pomeriggio trascorso in dialogo con tanti studenti del Corso di laurea in Infermieristica del campus di Roma e della Facoltà di Medicina e chirurgia dell’Università Cattolica.

All’incontro presenti per i saluti iniziali il professor Rocco Bellantone, preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università Cattolica, e il professor Stefano Margaritora, presidente del Corso di Laurea in Infermieristica.

Il nuovo ruolo nella professione, il rapporto tra medico e infermiere, soprattutto il ritorno ai valori fondanti la professione dell’infermiere con la cura della persona al centro sono stati i temi del dialogo, molto partecipato da tutti gli studenti presenti in aula.

Il dialogo con Giacomo Poretti è stato stimolato dalle domande e dai commenti del professor Antonio Lanzone, presidente del Corso di Laurea in Medicina e Chirurgia, e della professoressa Lucia Zaino, direttrice delle attività didattiche professionalizzanti del Corso di Laurea in infermieristica, e di alcuni studenti della Facoltà di Medicina e Chirurgia.  Le conclusioni dell’incontro sono state affidate al dottor Lorenzo Cecchi, direttore della sede di Roma dell’Ateneo.

“La vita in corsia è molto seria, spesso preoccupante; in reparto non c’è troppo spazio per ironia e autoironia: molte situazioni sono difficili da raccontare. Come il turno di notte dell’infermiere, ad esempio, con la preoccupazione costante che succeda qualcosa di difficile da affrontare – ha raccontato Poretti, che ha frequentato la scuola per infermieri nel 1977, è stato prima ausiliario, poi infermiere nel reparto di Chirurgia plastica della mano e in quello di Traumatologia e Ortopedia e, quindi, caposala, in Neurochirurgia.

“Il mestiere dell’infermiere – ha continuato - come quello del medico, fa vivere il concetto di ‘umiliazione’; un passaggio necessario per acquisire l’umiltà nel rapporto coni il malato: proprio per ciò che si deve fare ogni giorno si è costretti a ridimensionare il proprio ego”.

“Che consiglio ci darebbe per la nostra futura professione?”, ha chiesto a Poretti uno degli studenti. “Un bravo infermiere - ha risposto l’autore - è quello che riesce a tenere ‘compagnia alla vergogna’, nei momenti più difficili che vive nel letto di ospedale la persona malata”.

“È possibile esprimersi nei turni di lavoro in corsia con ironia e comicità?” – ha chiesto un secondo studente. “Nella mia esperienza – ha risposto Poretti – i malati avevano soprattutto bisogno di essere accompagnati, anche con la compagnia del silenzio. I malati in reparto hanno soprattutto bisogno di persone che stiano loro realmente accanto”.

Un pomeriggio di ricordi, sorrisi e umanità, quello vissuto al Gemelli, che Giacomo Poretti ha raccontato chiedendo aiuto a Sandrino, l’alter ego dell’autore, “Brandina”, il medico di turno restio a farsi svegliare nel cuore della notte, al paziente che ‘si attacca’ al campanello perché gli “formicola” una gamba e al paziente che soffre la solitudine e vorrebbe fare una partita a briscola. Accanto agli aneddoti di 11 anni di professione di infermiere, Poretti ha raccontato la dimensione di conforto, di cura e di speranza che è la parte più autentica della vita dell’infermiere: “Nel tempo più duro della pandemia – una delle domande più sentite degli studenti – quando si è fermato anche il mondo dello spettacolo, ha mai pensato di tornare in reparto?” “In quel periodo - ha concluso Giacomo Poretti – mi sono trovato più volte a pensare: finalmente ci si accorge di quanto sia impegnativa, dura e importante la professione dell’infermiere nella vita dell’ospedale, non solo al tempo del Covid, ma nel lavoro in corsia di ogni giorno”.

Un articolo di

Federica Mancinelli

Federica Mancinelli

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