Un mondo che si trasforma velocemente e un’Europa che deve cambiare per rispondere al meglio a sfide complesse. È la considerazione «semplice» e «scontata» da cui sono partiti Paolo Guerrieri e Pier Carlo Padoan, autori del libro “Europa Sovrana. Le tre sfide di un mondo nuovo”, pubblicato da Laterza nella collana Anticorpi e che, martedì 18 giugno, ha fatto da sfondo a uno stimolante dibattito promosso in Cattolica dall’Associazione per lo sviluppo degli studi di banca e borsa (Assbb). Un incontro che, avvenuto a pochi giorni dalle elezioni europee, è stato una straordinaria occasione per confrontarsi sul futuro di un’Europa, che, come ha giustamente osservato il presidente Assbb Nazzareno Gregori, «ha perso il suo ruolo di influencer nel mondo». Come se non bastasse «il periodo di incertezza che stiamo vivendo rischia di propagarsi in altri ambiti». Per questo motivo, ha fatto eco il docente dell’Università Cattolica Rony Hamaui, conviene interrogarsi su una serie di questioni in gioco per capire le «priorità» dell’agenda europea: «il mercato unico, l’allargamento a Est, la difesa, anche in termini di riarmo e di esercito, le riforme istituzionali».
Tutte riflessioni che Guerrieri e Padoan mettono sul piatto, affrontandole secondo quell’approccio di economia politica internazionale, tratto distintivo di tutti i libri che hanno scritto insieme nel loro lungo sodalizio cominciato nelle aule della Sapienza. Per Guerrieri, infatti, la «situazione economica mondiale rende tutto più incerto». Colpa anche della forte «interdipendenza» per molti paesi diventata una «forma di minaccia», e per questo definita «armata», più che una «fonte di opportunità». Ecco perché l’Europa, a fronte di un mondo che sta prendendo direzioni diverse dal passato, non può permettersi di essere un semplice spettatore ma deve saper rispondere. Certo, se si guarda alle recenti crisi, alcune sue risposte sono arrivate.
Per esempio, durante la pandemia, con l’acquisto dei vaccini, con il Green Deal e, dopo il 24 febbraio 2022, con «la rapida capacità di schierarsi a fianco dell’Ucraina» e di adottare «sanzioni nei confronti della Russia». Ma nel frattempo «il mondo è cambiato», rendendo tali risposte «insufficienti». E allora che cosa resta da fare? Una soluzione si trova già nel titolo del libro: contrapporre ai «sovranismi», che hanno preso piede in certi paesi, una sovranità europea, che si muove lungo direzioni completamente diverse da quelle nazionali, in quanto implica di agire insieme su alcuni terreni dove la risposta dei singoli paesi risulterebbe impotente. Secondo Guerrieri e Padoan sono tre le aree dove «l’azione comune è conveniente», capace di generare benefici e in grado di rendere «l’Europa un attore capace di disegnare il suo futuro». La prima è la «crescita sostenibile», che coincide con la possibilità di attuare la transizione verde, leva quest’ultima per un rilancio dell’economia europea. La seconda area è la «dimensione internazionale», nel senso che l’Europa deve tornare a incidere su ciò che avviene al di fuori dei suoi confini, anticipando e cogestendo i vari mutamenti. L’ultima area riguarda il piano delle risorse necessarie.
Un’analisi lucida, quella proposta dal libro, secondo cui l’Europa così com’è non può funzionare. Ne sono convinti anche i due discussant della presentazione, gli economisti Daniel Gros, Institute for European Policymaking (IEP) dell’Università Bocconi, e Lucrezia Reichlin, London Business School. «Ma come si può convincere i singoli leader politici a rinunciare alle prerogative nazionali per costruire il progetto europeo?», ha chiesto provocatoriamente Gros. Per Reichlin invece, accanto a un tema politico, ce n’è uno di carattere economico, legato alla necessità di fare accordi sulla struttura del bilancio europeo, di lavorare sul mercato unico, di pensare agli incentivi, di recuperare sussidi per la politica industriale. Una cosa è comunque certa e lo ha affermato con chiarezza Padoan: se non ci sono crisi e tantomeno guerre, per fare passi avanti nella governance c’è bisogno di una leadership forte e dotata di orizzonti temporali lunghi, una condizione necessaria senza la quale le decisioni prese finiscono per essere sempre e solo «inadeguate».