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Vescovi e sindaci del Mediterraneo, da Firenze un ponte per la pace

24 febbraio 2022

Vescovi e sindaci del Mediterraneo, da Firenze un ponte per la pace

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Quando parlano i cannoni le voci di pace sembrano non aver più nulla da dire. Anche in quest’ora drammatica per l’Ucraina - ma anche per l’Europa e tutto il mondo - può sembrare che le cose stiano così. Ma a Firenze si è aperto un grande incontro di pace e non è un caso che si ispiri a Giorgio La Pira, la cui voce di pace si è sempre fatta sentire negli anni più cupi della guerra fredda. La coincidenza con la guerra in Ucraina carica perciò gli incontri dei vescovi e dei sindaci che si svolgono in questi giorni a Firenze di una particolare responsabilità.

La lezione di La Pira è in questo senso eloquente. Il “sindaco santo” - come lo chiamavano, a volte polemicamente, i contemporanei - ha pensato e perseguito per molti anni una grande visione di pace. Per la Pira la guerra fredda rappresentava una risposta sbagliata alla sfida del comunismo. Non era con la forza delle armi che l’Occidente avrebbe sconfitto la minaccia costituita dal blocco sovietico, ma solo fondando sul Vangelo un grande dialogo tra i popoli e le civiltà. È con questa convinzione che si recò in Russia nel 1959, invitato a Mosca dopo aver scritto più volte a Stalin e Malenkov perorando la causa della pace e dopo che il sindaco della capitale sovietica era stato a Firenze nel 1955. In Russia, La Pira pregò con i fedeli delle chiese ortodosse e fu ricevuto al Cremlino dal vice-presidente del Presidium del Soviet supremo. Fu l’inizio di un dialogo che è proseguito per molti anni.

La stessa visione lo ha ispirato nei confronti dei popoli del Mediterraneo. Nato a Pozzallo, estrema punta meridionale della Sicilia e ideale punto d’incontro di tre diversi continenti - Europa, Africa ed Asia - La Pira ha sempre percepito i legami profondi che univano le diverse sponde del Mare Nostrum. Si trattava di legami particolarmente forti, perché i popoli che vi si affacciano credono in tre religioni “sorelle” - l’ebraismo, il cristianesimo e l’Islam - uniti da una comune radice: Abramo, “pater omnium credentium”. I partecipanti ai Colloqui mediterranei da lui promossi – israeliani e palestinesi, il re del Marocco e i rappresentanti del Fronte di liberazione nazionale dell’Algeria e molti altri - percepirono che per La Pira il richiamo alle radici abramitiche illuminava una lunga storia, con effetti anche sul presente, di cui erano protagonisti - appunto - popoli, religioni e civiltà.  La sua visione, infatti, era profondamente spirituale ma anche concretamente storica.  

Non si deve credere che La Pira mancasse di realismo. Piuttosto, era capace di vedere un’altra faccia della realtà, che abitualmente resta nascosta ai più. È stato profondamente uomo del suo tempo, dei cui problemi era ben consapevole, a cominciare dall’enorme pericolo rappresentato dalle armi nucleari, uno degli elementi chiave della guerra fredda. Comprese però che - per quanto importante - la guerra fredda costituiva una stagione destinata a finire, come è poi effettivamente accaduto, e che sarebbero riemerse spinte più profonde e percorsi di più lungo periodo. La lezione di La Pira è in questo senso di profonda attualità. Anche dopo il 1989 abbiamo continuato a pensare in termini di guerra fredda, ancora oggi parliamo di nuova guerra fredda e, cosa ancora più grave, a comportarci secondo la logica della guerra fredda, che è logica di conflitto militare più o meno congelato ma sempre pronto a scoppiare. Nell’attuale crisi ucraina, si parla molto di eredi dell’Unione Sovietica, da una parte, e di Nato, dall’altra, come se l’orologio della storia si fosse fermato; La Pira invece parlerebbe di russi e di ucraini, di Oriente e di Occidente che si possono e si debbono incontrare. Sarebbe un grave errore dimenticare che, anche se oggi parlano le armi, l’ultima parola spetterà ai popoli e alla storia che sapranno costruire.  

Iniziative come quella in corso in questi giorni a Firenze possono apparire fastidiosamente inutili o, al contrario, straordinariamente attuali. Dipende da quel che dicono e fanno coloro che ne sono partecipi, ma anche da quel che dicono e fanno quanti l’accompagnano con la loro attenzione. La speranza è che si tratti di un punto di partenza e che i vescovi cattolici riuniti oggi nella città di La Pira aprono un dialogo con i rappresentanti delle altre religioni del Mediterraneo, promuovendo un cammino tra i popoli lungo il “sentiero di Isaia” tante volte richiamato dal “sindaco santo”.

 

Un articolo di

Agostino Giovagnoli

Agostino Giovagnoli

Docente di Storia contemporanea | Facoltà di Lettere e filosofia

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