Difatti, le donne in finanza ci sono. La testimonianza diretta è arrivata dalla tavola rotonda che, moderata dal caporedattore delle pagine economiche del Corriere della Sera Nicola Saldutti, ha avuto come protagoniste quattro donne manager di rilevanti gruppi bancari e del mondo accademico, ciascuno delle quali ha condiviso la propria esperienza sul campo di leadership femminile. In ogni caso, ha dichiarato Elena Avogadro, Responsabile Culture, Inclusion & Corporate Governance Internal Communication, «gli stereotipi persistono e l’equità di genere non è ancora stata raggiunta». Per questo, «la responsabilità sociale delle imprese assume un ruolo decisivo: con oltre 90.000 persone che lavorano nel Gruppo Intesa Sanpaolo e 13 milioni di clienti, è importante non solo adottare strumenti quantitativi per monitorare i progressi sull’equità di genere, ma anche promuovere percorsi di sensibilizzazione. Fra le tante iniziative, cito quella contro la violenza di genere: un argomento di cui si parla ancora poco in ambito lavorativo, ma che riguarda tutte le persone e tutte le realtà organizzative. Oltre all’impegno all’interno del Gruppo, abbiamo aderito come soci sostenitori a Pari., collettivo di aziende e organizzazioni che offre approfondimenti culturali alle persone delle aziende associate e ai loro figli, per sviluppare consapevolezza sul fatto che la violenza di genere riguarda tutte le persone, tutti i contesti».
Fenomeni, dunque, che per essere meglio inquadrati vanno misurati. Lo ha spiegato bene Chiara Brina, Responsabile Gestione Executive, Welfare, HR Innovation, Gruppo BCC ICCREA. «Abbiamo iniziato a misurarci nel 2022, definendo un set di indicatori interni per mappare tutti i processi HR e l’intero ciclo di vita del dipendente, così da generare un impatto reale. Solo attraverso la misurazione del fenomeno l’azienda può comprendere i trend e adottare azioni correttive. Misurarsi significa anche esporsi al rischio di evidenziare ciò che non ha funzionato, ma è un processo fondamentale per un miglioramento nel tempo. Ci siamo dati obiettivi chiari e ben definiti anche all’interno del nostro piano di sostenibilità, quali ad esempio: incrementare, entro il 2030, del 25% la percentuale di donne in posizioni dirigenziali nel Gruppo e aumentare, entro il 2026, del 10% quella delle donne in posizioni organizzative di responsabilità».
Secondo Sara Gentili, Responsabile Formazione e Sviluppo Risorse Umane di Credit Agricole Italia, «i cambiamenti, però, si innescano davvero quando la diversità diventa a tutti gli effetti un asset strategico. È ciò su cui stiamo lavorando in Crédit Agricole Italia, partendo dalla consapevolezza che, nel contesto esterno, gli osservatori ci mostrano come esista ancora un divario significativo», ha precisato. «Dal 2010 abbiamo inserito in modo strutturale le tematiche di inclusione nella nostra strategia, riconoscendone il valore per lo sviluppo del business e delle persone. È stato un percorso di consapevolezza e maturazione, che negli anni abbiamo tradotto in azioni mirate e in un’evoluzione dei processi. Questo ci ha portato, nell’ottobre 2023, a ottenere la certificazione di parità di genere, dotandoci di un modello di governance concreto, in grado di misurare i risultati, rendicontare i progressi e confrontarci con l’esterno. Oggi integriamo in modo sempre più organico diversità, equità e inclusione nel nostro piano industriale: tre dimensioni molto più interconnesse e vicine di quanto spesso si percepisca».
Certo, non deve essere stato semplice per le donne che più di venticinque anni fa hanno deciso di intraprendere una carriera nel settore economico-finanziario. È il caso di Paola Mungo, con alle spalle una lunga esperienza in posizioni apicali e ora Adjunct Professor di Finanza sostenibile in Università in Cattolica e Senior lecturer in Altis. «Quando ho iniziato, quasi sempre nelle riunioni ero l’unica donna presente, con un doppio bias: non solo donna, ma anche la più giovane. Anche quando sono diventata Direttore Generale e Amministratore Delegato di un gruppo quotato in Borsa, la situazione non era molto diversa: in posizioni di vertice in aziende quotate eravamo davvero pochissime. Non mi sembra che oggi le cose siano cambiate radicalmente, anche se è migliorato l’accesso e la possibilità di crescita. Resta fondamentale costruirsi un proprio stile di leadership autentica, distintiva, non emulativa di modelli maschili. Essere consapevoli del proprio valore e dei propri talenti e saperli valorizzare, è centrale e permette di relazionarsi facendo emergere le proprie competenze, ed essere donne può diventare un valore aggiunto».
Ma affinché il genio femminile venga pienamente valorizzato, serve abbattere i pregiudizi. L’auspicio della professoressa Iafrate, allora, si trasforma in un vero e proprio appello ad agire: «È fondamentale contrastare quella che in psicologia sociale è definita “profezia che si autoavvera”: gli ambienti formativi, come le università, hanno il compito di lavorare sulla cultura per evitare che gli stereotipi si consolidino. In questo senso, la sinergia tra mondo della finanza e università diventa cruciale per individuare soluzioni concrete e ridare fiducia al talento femminile».