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Benessere in azienda, ecco tutti i benefici del linguaggio di genere

02 dicembre 2022

Benessere in azienda, ecco tutti i benefici del linguaggio di genere

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Dall’uso combinato di maschile e femminile a quello dell’asterisco (*) e della chiocciola (@) fino allo “schwa”, la “e” rovesciata. È sempre più frequente il ricorso a forme di scrittura inclusiva, cosiddetta “gender fair”. Ma queste modalità di linguaggio incidono sul benessere delle persone nei contesti lavorativi e sul loro senso di appartenenza? Possono favorire una maggiore inclusione? È quanto prova a dimostrare il primo progetto di ricerca in Italia su questo tema dedicato proprio agli “Stili comunicativi e benessere in azienda: maschile generico, doppia declinazione o neutro?”, condotto dall’Università Cattolica del Sacro Cuore in collaborazione con Diversity and Inclusion Speaking e due grandi aziende italiane: Enel Italia e Fastweb. Dallo studio, che ha coinvolto oltre 1.100 dipendenti, è infatti emerso che l’incremento del ricorso a forme linguistiche “gender fair”, e in particolar modo della doppia declinazione, può effettivamente apportare dei benefici per le organizzazioni e per le persone che ci lavorano.

La ricerca, coordinata dalla psicologa sociale Claudia Manzi, è frutto di un innovativo studio scientifico cui ha lavorato un team di ricerca inter-ateneo composto, oltre che dal Dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, dal Dipartimento di Psicologia dei Processi di Sviluppo e Socializzazione dell’Università La Sapienza di Roma (referente la professoressa Gilda Sensales), e dal Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università di Perugia (referente la professoressa Maria Giuseppina Pacilli).

I dati dell’indagine sono stati presentati dalla professoressa della Cattolica Manzi e da Eleonora Crapolicchio, ricercatrice di Psicologia sociale dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, giovedì 1° dicembre nel corso di un evento sul tema delle “sfide del linguaggio inclusivo nelle organizzazioni lavorative” e ispirato al libro “Ben detto” di Alexa Pantanella, Ceo Diversity & Inclusion Speaking, pubblicato dalla casa editrice LAB DFG, e primo saggio in Italia su come utilizzare il linguaggio in modo più rispettoso e consapevole.

All’iniziativa, introdotta da Raffaella Iafrate, delegata per le Pari opportunità dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, è seguita anche una tavola rotonda che, moderata dalla giornalista Paola Centomo, ha contribuito ad approfondire le pratiche più ricorrenti e gli effetti osservati nei diversi ambiti lavorativi: da quello aziendale, con tutto il retaggio dei suoi stereotipi, a quello del mondo dello spettacolo e del cinema. Ne hanno discusso insieme all’autrice del libro, Marco Micali, Internal Communication & Inclusion Professional Fastweb, Raffaella Poggi d’Angelo, Head of People Care, Diversity and Inclusion Enel Italia, Ippolita Baldini, attrice, Jack Blanga, direttore creativo e consigliere Art Directors Club Italia.

I risultati dell’indagine

La ricerca ha misurato quali effetti produce l’uso delle forme di scrittura “gender fair - uso combinato del maschile e femminile, oppure dell’asterisco - sull’identificazione con l’organizzazione, sull’impegno lavorativo e sul benessere generale dei/delle dipendenti. Lo studio sperimentale, condotto entro due grandi organizzazioni come Fastweb ed Enel Italia, ha coinvolto 1.188 dipendenti (42% donne e 58% uomini) tra 22 e 65 anni (41 anni in media). I dipendenti e le dipendenti sono stati divisi in tre gruppi, ciascuno dei quali è stato sottoposto a una formazione online di un’ora sul tema degli stereotipi di genere e dell’importanza del linguaggio inclusivo. A seguito della formazione, due dei tre gruppi sono stati esposti a forme diverse di linguaggio inclusivo. In particolare, sono state fornite indicazioni sul tipo di comunicazione scritta da utilizzare, nel mese successivo: a un gruppo è stato richiesto di utilizzare la doppia declinazione maschile/femminile; all’altro la declinazione neutra con l’uso dell’asterisco. Tutte le partecipanti e i partecipanti hanno risposto a un questionario prima della formazione e a due questionari a distanza di 15 giorni e di un mese dalla sessione formativa.

Dall’analisi dei dati è emerso che (1) l’intervento ha funzionato. I gruppi sperimentali esposti alla formazione hanno aumentato l’utilizzo della comunicazione “gender fair”. (2) Le donne si sono impegnate più degli uomini nel cambiamento del proprio comportamento, ovvero hanno modificato più degli uomini il modo di comunicare, utilizzando un linguaggio inclusivo. (3) I risultati mostrano altresì che l’utilizzo della doppia declinazione aumenta l’identificazione con l’azienda, sia negli uomini sia nelle donne (4). L’aumento dell’identificazione organizzativa dei/delle dipendenti ha, a sua volta, incrementato l’impegno sul lavoro, e il benessere generale dei/delle dipendenti. (5) Entrambe le forme di linguaggio “gender fair” (doppia declinazione e neutra) aumentano la volontà di impegnarsi in azioni a favore dell’uguaglianza di genere.

Insomma, modificare il comportamento, attraverso un incremento di utilizzo di forme linguistiche “gender fair”, e in particolar modo della doppia declinazione, può apportare benefici per le organizzazioni e per le persone che ci lavorano. I risultati dell’indagine saranno ulteriormente arricchiti attraverso studi futuri, di natura sperimentale e longitudinale.

 


 

Photo by Jason Leung on Unsplash

Un articolo di

Redazione

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