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L’altra metà della speranza, il ruolo delle donne nella Chiesa

12 dicembre 2025

L’altra metà della speranza, il ruolo delle donne nella Chiesa

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«Si deve trovare un altro modo per dire Dio, ovvero andare oltre il Dio patriarcale, concezione secondo cui la mascolinità è normativa per l’umanità. I tempi sono maturi per trovare “immagini” che parlino non solo all’intelletto ma anche alla volontà e al sentimento, ovvero a tutto l’essere umano, partendo dall’esperienza che ogni creatura, donna o uomo che sia, può compiere nel nominare Dio». Le parole di Francesca Brezzi, già docente di Filosofia morale, della religione e delle differenze all’Università di Roma Tre, al convegno “L’altra metà della speranza. Il ruolo delle donne nella Chiesa” lo scorso mercoledì 10 dicembre, hanno fatto breccia nel dibattito attuale sul rapporto tra la teologia e le donne, binomio turbato a causa dell’atteggiamento femminile di sfida e inquietudine, come ha sottolineato la filosofa. A questo proposito «la teologia femminista, nata negli anni Settanta prima nell’ambiente protestante e poi in quello cattolico, si pone in netta in contrapposizione alla precedente definita unilaterale, patriarcale e androcentrica, esprimendo il contributo originale e in prima persona di filosofe e teologhe come Simone de Beauvoir, Luce Irigaray, Elisabeth Schüssler Fiorenza, Adriana Zarri, Carter Heyward, Elaine Wainwright, Michèle Bolli» – ha precisato Brezzi. 

Come conciliare la possibilità di dire e pensare Dio altrimenti con la questione alla ribalta della cronaca nei giorni scorsi circa l’apertura del diaconato alle donne? Alla domanda del direttore della Comunicazione dell’Ateneo Alessandro Zaccuri, la teologa Marinella Perroni ha risposto con una visione che va oltre il genere. «Evitiamo il binarismo che ci ha condannati a non capire le sfumature e a parlare di una sensibilità delle donne superiore a quella degli uomini. Di per sé il greco diaconia rimanda semplicemente al servizio reciproco chiesto da Gesù, solo più tardi è diventato un ruolo ministeriale riservato ai maschi». Il tema presta il fianco a una sorta di patriarcato gentile del clero che nega in modo insidioso, fingendo di rassicurare.

Tuttavia, alcuni segnali di apertura si vedono, come nel caso dell’elezione di una donna alla presidenza della Caritas ambrosiana. Erica Tossani, che da settembre condivide la presidenza con don Paolo Selmi. La sua nomina, come lei stessa ha dichiarato, va «nella direzione di un cambiamento profondo e condiviso che viene proprio dalle indicazioni del Sinodo cui ho partecipato. Essere in due è stata una scelta per offrire pluralità di sguardo e di pensiero. Si tratta di cambiare completamente la grammatica della leadership».

All’evento, organizzato dalla partnership del progetto #100esperte - Gi.U.Li.A. Giornaliste, Osservatorio di Pavia e Fondazione Bracco - in collaborazione con l’Ordine dei Giornalisti Lombardia, e l’Alta Scuola in Media, Comunicazione e Spettacolo dell’Università Cattolica, e moderato da Maria Luisa Villa dell’Associazione GiULiA Giornaliste, hanno portato un saluto monsignor Claudio Giuliodori, assistente ecclesiastico generale dell’Ateneo, e Diana Bracco, presidente Fondazione Bracco. L’auspicio condiviso da tutti a valorizzare il ruolo della donna nella Chiesa, così come nella società, è arrivato anche dalle voci autorevoli di Raffaella Iafrate, delegata del Rettore alle Pari opportunità dell’Università Cattolica, Mariagrazia Fanchi, direttrice di Almed, e Monia Azzalini dell’Osservatorio di Pavia e del Team #100esperte, come si evince dal contributo video.
 

 

Durante l’evento, Raffaella Perin, professoressa di Storia del cristianesimo e delle chiese all’Università Cattolica, ha parlato della donna nelle Chiese e nella storia sottolineando la necessità di rileggere la storia della Chiesa alla luce di tante donne protagoniste ma invisibili: «Il modernismo è stato un secolo ricco di figure femminili che hanno espresso un pensiero importante, ma di fatto sconosciute - come Antonietta Giacomelli, Dora Melegari, Maria di Campello, Elisa Salerno, Armida Barelli – che hanno messo al centro dell’attenzione nuovi temi come l’ecumenismo, l’educazione, una nuova lettura della Bibbia. Tappa fondamentale nella storia delle donne nella Chiesa è stato il Concilio Vaticano II del 1964 in cui le donne sono state invitate ad entrare nel concilio come uditrici. Questa decisione ha aperto a una nuova visione antropologica».

La leadership femminile in ambito lavorativo è stato un altro affondo dei lavori della mattinata. In dialogo con Claudia Manzi, professoressa di Psicologia Sociale all’Università Cattolica, Anna Maria Tarantola, già Presidente Fondazione Centesimus Annus Pro Pontifice, da economista ha ricordato la ricerca Cerved 2024 che attesta come la tipologia di aziende con un tasso di fallimento più basso abbia un CEO donna e un CDA con maggioranza maschile. Traendo spunto dalla sua esperienza personale, ha evidenziato la sua attenzione alla responsabilità prima che alla realizzazione di sé e al potere. «Importante per una donna che lavora è avere la consapevolezza che la sua carriera potrebbe essere non lineare, con momenti di pausa dovuti a maternità e altre attività di cura – ha continuato Tarantola –. Ma poi il percorso può riprendere. Fondamentale è non autoescludersi pensando di non essere sufficientemente preparate per un salto di carriera o non proporsi per ruoli più alti dando per scontato che gli altri vedano la propria esperienza».
 

Un articolo di

Emanuela Gazzotti

Emanuela Gazzotti

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