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Economia, diritto e fratellanza. A sessant’anni dalla "Pacem in terris"

16 ottobre 2023

Economia, diritto e fratellanza. A sessant’anni dalla "Pacem in terris"

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Un anniversario, quello dei sessant’anni dell’enciclica sulla pace di Giovanni XXIII Pacem in terris, che cade in un periodo drammatico: da poco l’attacco di Hamas, che ha ucciso 700 israeliani e feriti più di 2000, e la lunga e crudele guerra in Ucraina.

Guerre, attacchi terroristici, imbarbarimenti tra gli stati sembrano rendere vane le speranze suscitate sessant’anni fa dalla Pacem in terris, in periodo di “guerra fredda” con il mondo diviso in due blocchi e il rischio di una terza guerra mondiale in occasione dell’invasione della Baia dei Porci nel 1961.

La conversazione tra vari docenti, espressione di specifiche competenze e a partire dagli insegnamenti del magistero sociale, voluta dal Centro di Ateneo per la dottrina sociale della Chiesa, nella lezione aperta del 9 ottobre, per il 60° anniversario della Pacem in terris, non poteva non partire dalle cruente vicende mondiali di questo periodo.

Così la professoressa Simona Beretta, direttore del Centro di Ateneo per la dottrina sociale della Chiesa, introducendo i lavori, ha subito citato le recenti affermazioni di papa Francesco per il quale «guardando la realtà a partire dalle vittime, nella guerra si può solo perdere». A partire dal Dizionario di dottrina sociale della Chiesa, curato dall’omonimo Centro di Ateneo, ha individuato la possibilità di dialogo tra le varie discipline e la dottrina sociale della Chiesa. «Se ci fosse stata solo la logica dell’uomo nemico dell’uomo in una visione cinica e di realismo politico a buon mercato e non si fosse valorizzata la dimensione del dono, l’umanità non si sarebbe evoluta nei suoi millenni di storia».

Sulla possibile catastrofe ha messo in guardia il professor Luciano Eusebi, docente di Diritto penale, portando il punto di vista del giurista nel dibattito su diritto, economia e fratellanza universale: «In un parallelismo tra guerra e pena, si giustificano le guerre, quando sono considerate “guerre giuste”, e sono ritenute giuste le pene comminate a chi commette un reato. L’auspicio è che possa nascere dal basso un appello dei popoli a chi regge il potere politico ed economico. Occorre lavorare sui presupposti, sulla prevenzione e coltivare una idea di giustizia diversa della bilancia: la giustizia è di tutti e non un tesoro geloso. Non è una competizione per arrivare primi ma per fare qualcosa che abbia senso».

In ambito politico ed economico c’è la disponibilità ad una progettazione funzionale della fratellanza universale? La risposta è stata affidata all’economista professor Luciano Venturini, che si è affidato alla Pacem in terris, ancora attualissima dopo sessant’anni, forte nei suoi concetti che solo terminologicamente hanno subito qualche modifica. C’è la valutazione positiva dell’interazione tra uomini, idee e merci che oggi si chiama globalizzazione. C’è la sottolineatura di una autorità politica centrale, che oggi va sotto il nome di governance. Inoltre l’enciclica è rivolta “a tutti gli uomini di buona volontà”, ma questo non è un richiamo generico ai buoni sentimenti, bensì intende il vedere nell’altro il fratello, il saper perdonare, la reciproca apertura a dimensioni altre. «La pace è in funzione della governance globale e della razionalità etica e di preferenze sociali di alto livello. Il contributo degli economisti sta nel costruire una teoria economica a servizio dell’uomo, che consideri le dimensioni valoriali e le sappia coltivare».

Un contesto odierno complicato, come ha rilevato il filosofo del diritto Giovanni Bombelli, in relazione alle centinaia di conflitti nel mondo considerati alla luce del pensiero filosofico moderno, «La Pacem in terris ci offre una griglia di lettura sull’oggi e sulle radici culturali che vanno ripensate alla luce della dimensione tecnologica della guerra, della dimensione politica, degli assetti democratici, degli aspetti sociologici e geografici, di risorse etiche da perseguire e presupposti di modernità da ridiscutere».

Dal dialogo col pubblico presente è emerso che non ci può essere pace se non in senso globale: la pace è una figura concettuale articolata e deve essere costruita altrimenti non si realizza. Il futuro non è “automatico” e il rischio di una guerra globale può essere scongiurato da apporti di pensiero pluralistici. Un impegno che oggi tocca tutti e diventa un dovere morale soprattutto per le vittime dei conflitti che stanno ancora soffrendo.

Su questo piano si è inserita tale lezione a più voci, facente parte di un programma di diciotto lezioni aperte svolte dal 2 al 12 ottobre nelle diverse sedi dell'Università Cattolica del Sacro Cuore (Milano, Brescia, Piacenza e Roma), nella convinzione che la dottrina sociale della Chiesa possa entrare a far parte della programmazione delle lezioni ordinarie.

Un articolo di

Agostino Picicco

Agostino Picicco

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