Fra le tante criticità da ricondurre agli scenari di cambiamento climatico e al possibile intensificarsi di frequenza e intensità di eventi meteorologici estremi, vi sono anche quelle legate alla tutela e alla salvaguardia dei beni culturali.
L’Italia ospita un patrimonio culturale ricchissimo e capillarmente diffuso sul territorio che, oltre a rappresentare un rilevante elemento di attrattività turistica, costituisce anche parte fondante del paesaggio e dell’identità delle nostre comunità di territorio. Larga parte di questo patrimonio è severamente esposto a pericoli naturali correlati al clima come alluvioni, allagamenti urbani, dissesti idrogeologici, valanghe o incendi boschivi.
Mentre esistono schemi operativi efficaci e consolidati per la messa in sicurezza dei beni culturali in fase di superamento dell’emergenza (è giusto citare, a titolo di esempio, le attività coordinate da Ministero della Cultura e Dipartimento Nazionale della Protezione Civile a valle degli ultimi eventi sismici in centro Italia), molto c’è ancora da fare sul fronte della prevenzione e dello sviluppo di strumenti di pianificazione che consentano di gestire scenari di rischio che, pur prevedibili, richiedono di implementare in tempi brevi interventi di salvaguardia del patrimonio culturale (si pensi alle allerte che preannunciano possibili esondazioni di fiumi e torrenti o a un fronte di fiamma che si avvicina rapidamente a un’area urbanizzata).
«È proprio questo – spiega Stefano Oliveri, coordinatore del gruppo di lavoro di Università Cattolica ed Ecometrics srl insieme al responsabile scientifico, professor Stefano Pareglio - il tema su cui, nel corso dell’ultimo triennio, abbiamo lavorato nell’ambito del progetto CHEERS. Finanziato dal programma europeo Alpine Space, il progetto ha lavorato sul tema della tutela e messa in sicurezza dei Beni Culturali esposti a hazard naturali ed è stato prevalentemente orientato alle attività di pianificazione e prevenzione, elemento che lo ha fortemente distinto rispetto ad altre iniziative simili. Favorendo una stretta collaborazione fra Protezione Civile e gestori di Beni e Siti Culturali, CHEERS ha inteso creare le condizioni utili a garantire una maggiore capacità di risposta per la salvaguardia del patrimonio culturale in eventuali stati di allerta o emergenza».
«Il progetto – aggiungono Marco Pregnolato e Barbara Caranza, membri del gruppo di lavoro di Università Cattolica - ha riunito partner da paesi europei dell’arco alpino (Italia, Francia, Slovenia, Austria, Germania e Svizzera). Per ciascun paese è stata presa in esame un’area pilota. Come gruppo di lavoro di Università Cattolica e con il supporto tecnico di Ecometrics srl, in particolare, abbiamo lavorato sul caso di studio dell'esondazione del Fiume Adige (Città di Trento), in collaborazione con la Provincia Autonoma di Trento (Dipartimento della Protezione Civile e Soprintendenza per i Beni Culturali)».
«Lo scopo dell'attività – ha sottolineato Franco Marzatico, Soprintendente per i Beni Culturali della Provincia Autonoma di Trento, Ente che ha partecipato al progetto con il ruolo di osservatore - è consistito non solo nell'individuare i siti più esposti al rischio di esondazione del fiume Adige, ma anche nel costruire un metodo di valutazione speditiva delle priorità di intervento, di definizione delle azioni di mitigazione degli effetti di danno, di quantificazione di tempi e risorse necessari. Il tutto per mettere a disposizione di decisori e portatori di interesse un modello di analisi e pianificazione che ci si augura possa essere utilmente sviluppato in futuro, in Trentino e non solo».