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I giovani valutano gli stage con un 7 e mezzo

04 luglio 2023

I giovani valutano gli stage con un 7 e mezzo

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Gli studenti diventano ricercatori per cinque mesi e, guidati dalla loro professoressa, intervistano un centinaio di coetanei dopo l’esperienza dello stage. È quanto hanno fatto gli allievi del Laboratorio di ricerca sociale qualitativa dell'Università Cattolica, diretto dalla sociologa Cristina Pasqualini. Le prime analisi dei dati raccolti sono state presentate alla fine di giugno durante l’evento “Best Stage 2023: Voce ai giovani”, annualmente promosso dalla testata online Repubblica degli Stagisti, dedicato quest'anno al protagonismo giovanile. 

Così, oltre cento persone tra i 21 e i 28 anni che hanno recentemente svolto uno stage hanno risposto a un questionario dettagliato e approfondito che voleva sondare l'esperienza del tirocinio attraverso i loro occhi. 

Il campione, tecnicamente definito “non probabilistico a scelta ragionata”, era composto da persone con un'esperienza recente di stage curricolare (69 in tutto, di cui 48 ragazze) ed extracurricolare (34, di cui 14 ragazze). Circa l'80% del campione aveva tra i 22 e i 25 anni; anche per la prossimità territoriale con gli studenti della Cattolica, i partecipanti allo studio risultano quasi tutti (quasi nel 90% dei casi) essere residenti in regioni del Nord Italia. 

«L'obiettivo della ricerca era analizzare il significato che l’esperienza dello stage assume nella traiettoria formativa e lavorativa dei giovani adulti» - ha spiegato Pasqualini - «e far emergere i principali aspetti di criticità riscontrati in entrambe le esperienze di stage, sia curricolari sia extracurricolari, così come le competenze hard e soft acquisite». 

«È importantissimo andare a raccogliere la voce diretta delle persone che fanno stage, per capire dal loro punto di vista quali sono gli aspetti più rilevanti, e poter costruire policy e proposte in linea con i bisogni reali» - ha aggiunto la giornalista Eleonora Voltolina, fondatrice della Repubblica degli Stagisti. 

Dalle 103 interviste individuali semi-strutturate, realizzate tra il dicembre del 2022 e il febbraio 2023, e dai 24 focus group effettuati tra marzo e aprile, emerge che lo stage è vissuto nel complesso positivamente dai giovani. Il voto medio che viene dato a questo tipo di esperienze, dal punto di vista della sensazione di essere stati valorizzati come persone durante lo stage, è un 7,5 su 10. La sensazione di essere sfruttati durante lo stage è invece molto più rara (si attesta su un voto in media di poco superiore a 3 su 10). 

La motivazione per fare uno stage è legata soprattutto al desiderio di fare un'esperienza prima di entrare nel mondo del lavoro e di aumentare le proprie competenze, ma spesso è anche un passaggio obbligato per il conseguimento della laurea, perché molte facoltà lo prevedono per l'acquisizione di crediti formativi. 

I giovani raccontano di cercare le opportunità di stage principalmente in autonomia attraverso LinkedIn, Almalaurea, consultando le pagine delle loro università, e anche attivando la propria rete di conoscenze, quindi grazie ad amici e parenti. Una volta svolto lo stage, i principali aspetti positivi evidenziati sono l’aver avuto la possibilità di acquisire nuove competenze, di crescere a livello personale e ampliare il proprio network di contatti; l’aver potuto utilizzare le lingue straniere e affacciarsi al mondo del lavoro. Molto importante per i giovani è anche trovare un ambiente sereno, un tutor accogliente, la disponibilità dei colleghi.

La principale criticità emersa dalla ricerca, invece, è quella relativa alla scarsissima consapevolezza del piano formativo, ovvero di ciò che si andrà a fare durante lo stage, e del quadro normativo di riferimento. Solo la metà dei giovani intervistati conosceva, prima di iniziare il percorso, gli obiettivi formativi dello stage e il dettaglio delle loro mansioni. 

I diritti e doveri nell'ambito dello stage sono un buco ancor più nero. Emerge che la quasi totalità dei rispondenti non ha letto le normative che regolamentano i tirocini, e nessuno ha cercato informazioni in proposito, col risultato che alcuni hanno finito per considerare lo stage come un contratto di lavoro. Solo in alcuni i datori di lavoro o i professori si sono preoccupati di informare i futuri stagisti su queste tematiche. «Mi auguro che questa possa essere una indicazione per gli uffici stage & placement universitari e per tutti gli altri soggetti promotori di stage» - ha dichiarato Voltolina. 

Le criticità evidenziate direttamente dai giovani spaziano dai tutor non sempre presenti alla mole di lavoro, spesso eccessiva, ai livelli di stress elevati, alla scarsa retribuzione e all’assenza dei rimborsi spese. La quasi totalità degli intervistati viene, infatti, mantenuta dalla propria famiglia. 

Interpellati sul salario ritenuto idoneo per uno stage, i ragazzi hanno mostrato di sottovalutarsi, indicando 450 euro al mese, una cifra addirittura inferiore a quella prevista da molte Regioni, tra cui Lombardia. «Nel gioco al ribasso in cui sono finiti, sono disponibili a fare uno stage pagato anche pochissimo, pensano di meritarsi questo trattamento in quanto inesperti - ha sostenuto Pasqualini -. Si sentono dei numeri, individui usa-e-getta, avanti-il-prossimo». 

Dalla ricerca emerge comunque che per due giovani su tre la sostenibilità economica di uno stage è un elemento di alta rilevanza, e soltanto uno giovane su otto è disposto a farne uno gratis. 

Inoltre, i giovani sottolineano poca trasparenza sul futuro e mancanza di feedback da parte dei referenti aziendali. Fortunatamente dalla ricerca emerge una buona coerenza tra le mansioni affidate agli stagisti e quelle previste dal progetto formativo individuale. Lo sbocco lavorativo viene giudicato importante da metà degli stagisti intervistati, ma non indispensabile: a fronte dell’importanza, invece, del nome dell'azienda, delle relazioni che si instaurano durante lo stage sia con gli altri dipendenti sia col proprio tutor e con gli altri stagisti, delle competenze soft che si acquisiscono. Temi che si riflettono anche nella valutazione dell'esperienza di stage: un 44,6% di partecipanti lo ritiene molto utile, e ben quasi il 76% si è sentito molto, abbastanza o quantomeno sufficientemente "accompagnato" nel percorso. 

Meno buoni i risultati delle dicotomie "valorizzato vs sfruttato" (dove c'è un quarto dei partecipanti che si colloca, con vari gradi, dalla parte di chi si è sentito sfruttato) e quella "lavoro creativo vs lavoro ripetitivo/ meccanico”, dove ben il 28% si riconosce di più nel secondo aggettivo. A livello di soft skills, i giovani intervistati raccontano di aver vista molto incrementata dopo lo stage la propria capacità di lavorare in modo autonomo e in team, così come quella di prendere decisioni, di resistere alle situazioni stressanti e di problem solving.

A questi primi risultati della ricerca seguirà nei prossimi mesi l’analisi puntuale di tutti i dati raccolti.
 

Un articolo di

Redazione

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