Non a caso nel libro è utilizzata l’espressione «piano inclinato» per descrivere queste «condizioni di marginalità sociale» che coinvolgono sempre più persone in cui è forte il timore che il «domani sarà peggiore dell’oggi». Dunque, «un impoverimento crescente, costante e diffuso» che richiede «percorsi di cambiamento». I filoni su cui investire per un cambio di rotta ci sono: innanzitutto la formazione, vero grande antidoto contro la povertà; e, poi, politiche di sostegno ai salari minimi, il ripensamento dei lavori tradizionali, l’aggiornamento delle competenze, la questione ambientale. «Per evitare vite disuguali e cambiare i destini collettivi dobbiamo agire su una serie di politiche facendo proposte concrete», ha rimarcato Madia.
È dunque soprattutto una questione di politiche adeguate anche a fronteggiare il «cambiamento demografico». Un tema su cui ha posto l’accento Francesco Samorè, segretario generale della Fondazione Bassetti, tra gli autori del volume insieme con Cristina Tajani, già assessore al Comune di Milano, Lia Quartapelle, membro della Commissione Esteri, presenti al dibattito. «Viviamo in una società vecchia, travolta da nuovi saperi e dal digital divide» e tutto questo pone di fronte a «scelte valoriali» per gli individui e le comunità. A tal proposito, ha ricordato Tajani, anche le politiche territoriali, come quelle sanitarie o educative, in egual misura di quelle rivolte agli individui possono ridurre le disuguaglianze».
Fratture sociali che però vanno interpretate anche con una prospettiva internazionale. È quanto ha osservato Quartapelle secondo cui «è in corso un aumento delle disuguaglianze che provoca conseguenze politiche anche sulla tenuta delle nostre società». In particolare in Italia, il Paese che a livello globale perde più posizioni e dove effettivamente le persone più povere sono tornate indietro rispetto a vent’anni fa». E la sanità, la qualità della vita, l’istruzione sono le prime spie di un malessere diffuso da non sottovalutare.