Si tiene ogni anno, in prossimità del 20 giugno, Giornata Mondiale sulla distrofia facio-scapolo-omerale (FSHD nell’acronimo anglosassone), il Congresso internazionale promosso dalla FSHD Society, la più grande rete mondiale formata dai pazienti e dalle loro famiglie, da clinici, ricercatori e leader dell'industria farmaceutica.
Nell’ambito del congresso, quest’anno a Milano il 15 e 16 giugno, vengono presentati e discussi nuovi sviluppi in campo clinico e di ricerca, si rafforzano le collaborazioni e facilitano nuove iniziative, al fine di migliorare la comprensione e la conoscenza della patologia e promuovere la diagnosi e il trattamento.
In questa occasione l'FSHD Society premia ogni anno giovani ricercatori che si dimostrino promettenti nel settore sulla base dei risultati ottenuti nel corso della loro attività di ricerca: quest’anno è stata Lorena Di Pietro, ricercatrice della sezione di Biologia applicata del Dipartimento Scienze della Vita e Sanità pubblica della Facoltà di Medicina e chirurgia (terza da destra nella foto), diretta dalla professoressa Ornella Parolini, Ordinario di Biologia applicata all’Università Cattolica, ad aggiudicarsi il “Best Young Investigator Award”.
Negli ultimi tre anni, l’attività di ricerca svolta dalla dottoressa Di Pietro è stata principalmente incentrata a chiarire il ruolo svolto dalle cellule mesenchimali non-miogeniche residenti nel muscolo scheletrico nel processo di degenerazione muscolare nei pazienti FSHD, con il fine ultimo di identificare e proporre nuovi bersagli per lo sviluppo di terapie mirate a promuovere la rigenerazione tissutale, in un progetto svolto in stretta collaborazione con il team del professor Enzo Ricci, Associato di Neurologia all’Università Cattolica, che da sempre si occupa di chiarire i meccanismi alla base della FSHD.
«La ricerca della dottoressa Di Pietro – dice la professoressa Parolini - ha permesso l’identificazione di nuovi target cellulari nella FSHD, questo è molto importante in una patologia in cui si devono ancora identificare approcci terapeutici efficaci. Per un biologo è grande soddisfazione vedere un’applicazione delle proprie ricerche per il miglioramento delle opportunità di cura dei pazienti. Sono particolarmente contenta di veder riconosciute le qualità scientifiche di una giovane collaboratrice che da sempre dedica impegno, professionalità e grande passione alla ricerca».