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Con le crisi c'è voglia d’informazione di qualità

22 novembre 2022

Con le crisi c'è voglia d’informazione di qualità

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Anche per il mondo del giornalismo il Covid è stato uno spartiacque. Ne è stato rivalutato il ruolo, sono cambiate le modalità di narrazione, aggiornati i mezzi con cui farlo.

Un fenomeno che ha riguardato l’intero settore della comunicazione sia locale che nazionale - dalla carta stampata all’online, radio, social e TV – diventato improvvisamente beneficiario di rinnovata attenzione.

«Una lente d’ingrandimento e un acceleratore della transizione digitale, abbiamo dovuto interrogarci sul senso di esistere come Giornale e come farlo».

Le parole sono quelle di Nunzia Vallini, direttore del Giornale di Brescia. «L'obiettivo era evitare che la cronaca si riducesse al dibattito sterile sulle responsabilità politiche o a una necrologia espansa».

Vallini ha portato la sua testimonianza insieme a Luca Sofri, direttore de Il Post, durante il secondo appuntamento di The Newsroom, il ciclo di incontri Dams sui temi dell’informazione (quest’anno incentrato sui temi Guerra e Pandemia).

«Abbiamo scelto di raccontare l’impegno, dare rilievo “al fare” tipicamente bresciano che ha generato storie di riscatto» ha precisato Vallini. Storie singole nella Storia collettiva, che hanno generato valore e speranza.

Un esempio su tutte: quella di Cristian Fracassi, ingegnere che ha trasformato maschere da sub in respiratori e messo a disposizione in open source i disegni della valvola Venturi affinché ospedali e utenti nel mondo potessero produrla gratuitamente. Unico requisito? Avere una stampante 3D.

La stampa locale ha inoltre presidiato il territorio andando oltre i propri standard d’azione. «Con la raccolta fondi AiutiAmo Brescia abbiamo raccolto risorse e reso noto e tracciabile come, quando e perché i vari lotti sono stati utilizzati e da chi».


A livello nazionale la maggiore novità è stata il doversi occupare di qualcosa che di solito non viene raccontato: la paura.

Contemporaneamente si è allargato il target dei lettori di giornali. «La Newsletter quotidiana con cui facevamo il punto della situazione ha guadagnato 80mila iscritti in sole due settimane: persone alla ricerca di informazioni verificate e di qualità».

A dare numeri e motivazioni della crescita è Sofri.  Perché «storicamente gli stati di crisi coincidono con la ricerca da parte delle persone di qualità e accuratezza di informazioni. I nuovi lettori erano diversi dal nostro pubblico abituale (quest'ultimo mediamente giovane e abituato ad informarsi costantemente). Abbiamo quindi dovuto imparare ad interfacciarci con persone di età e background diversi».

Questo accadeva in un momento in cui non erano ancora chiari i criteri da considerare per gestire e discernere l’opinione di veri esperti sul tema dall’illusione di risposte chiare, certe e perentorie. La confusione di informazioni sul tema era ancora molta.

Per farlo la redazione de Il Post è andata in controtendenza nel panorama editoriale nazionale.

«Abbiamo scelto di stare un passo indietro: la regola era non evocare, non suggerire domande di cui non sapevamo la risposta, anche a costo di ammettere “non lo sappiamo”. Il giorno in cui si sono susseguite le bozze del decreto sull’istituzione delle zone rosse – in seguito al quale si suppone che le persone siano migrate in massa da una regione all’altra – ci siamo limitati a scrivere tre righe per spiegare che non avremmo pubblicato nulla che non fosse definitivo» spiega Sofri.

Il risultato? «Quel giorno abbiamo perso un’infinità di traffico web, ma la scelta è stata premiata dal nostro pubblico, permettendoci di passare dalla dimensione di start up a quella di realtà con una sostenibilità economica garantita dal crescente numero di abbonati» conclude il direttore.

Un articolo di

Bianca Martinelli

Bianca Martinelli

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