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Cure palliative, per non lasciare indietro nessuno

11 ottobre 2021

Cure palliative, per non lasciare indietro nessuno

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«Per non lasciare nessuno indietro, è necessario che le persone conoscano le cure palliative, che sono un diritto di tutti». Sono le parole di Lionel Momo Tchoupa, medico palliativista del Centro di Cure Palliative Villa Speranza, struttura accreditata con il Servizio Sanitario Regionale e punto di riferimento nel settore che si avvale del supporto scientifico e della collaborazione tra l’Università Cattolica e il Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS.

In occasione del World Hospice and Palliative Care Day (WHPCD), una giornata di azione unificata per celebrare e sostenere gli hospice e le cure palliative in tutto il mondo, il dottor Tchoupa ha rilasciato un’intervista raccontando la sua esperienza nel settore, sottolineando come il tema del WHPCD di quest’anno ("Non lasciare indietro nessuno - equità nell'accesso alle cure palliative") debba essere posto al centro del dibattito nazionale e internazionale. «Io sono nato in Camerun, un Paese in cui le cure palliative sono inesistenti – afferma Tchoupa - Quando la terapia non è più efficace, i medici suggeriscono ai pazienti e alle loro famiglie di tornare a casa, perché restare in ospedale senza ricevere cure mirate è un costo enorme e non avrebbe alcun senso. In sostanza, le persone vengono lasciate sole, abbandonate a loro stesse».

In Italia però è diverso.
«Certamente, in Italia l’accesso alle cure palliative è un diritto del cittadino, sancito dalla Legge 38/2010 grazie alla quale il servizio è completamente coperto dal SSN. Le persone che vengono indirizzate verso le cure palliative possono scegliere, anche in base al parere dei medici e alla loro situazione familiare, se essere prese in carico in una struttura come Villa Speranza o se essere assistite a domicilio».

C’è molta ignoranza intorno al tema delle cure palliative. Vuole spiegarci esattamente di cosa si tratta?
«Quando parliamo di cure palliative dobbiamo tener presente che la cura del paziente non prevede solo un approccio alla malattia, ma anche e soprattutto alla persona nella sua totalità. La patologia riguarda la sfera clinica, ma noi ci prendiamo cura anche degli aspetti sociali, psicologici e familiari del paziente e dei suoi cari. Lavoriamo per eliminare ogni forma di dolore, a cominciare da quello fisico e arrivando poi a quello psicologico e spirituale. Cerchiamo di preservare la dignità dell’essere umano, non dimenticando mai che chi abbiamo di fronte non è un insieme di sintomi, ma una persona in tutta la sua complessità».

Cosa accade quando un paziente, insieme ai suoi cari, viene da lei per il primo colloquio?
«Innanzitutto, io dedico ai colloqui gran parte del mio tempo. Generalmente, mi confronto prima con il paziente e poi con la famiglia. In realtà lascio parlare chi ho davanti, perché per me è importante valutare lo stato d’animo della persona, capire se questa si renda conto di quanto sta per accadere e di quale sia l’effettivo stato di salute. Voglio soffermarmi brevemente su questo punto, per sottolineare quanto il percorso all’interno delle cure palliative sia fondamentale per chi soffre: il nostro compito è quello di accompagnare i pazienti e i loro cari verso il fine vita e abbiamo gli strumenti per far sì che le persone elaborino quanto sta succedendo loro. Non passando attraverso la consapevolezza il rischio è quello di trovarsi con un vuoto enorme da colmare».

Rispetto al tema del WHPCD di quest’anno, qual è la sua posizione?
«Per non lasciare nessuno indietro e avvicinarci sempre di più all’equità nell’accesso alle cure palliative, l’informazione è fondamentale. Chi lavora in questo settore ha il dovere di parlarne, di spiegare (anche a chi non è direttamente interessato) il percorso a tutto tondo che intraprendono le persone che si affidano a noi. Dobbiamo impegnarci, nel nostro piccolo, per eliminare l’insensato tabù che c’è intorno al tema delle cure palliative e del fine vita».

Se avesse un microfono sul mondo, se tutti potessero sentirla, che cosa direbbe?
«Alle persone direi: Non fermatevi davanti alla definizione di malato terminale! Andate a fondo e cercate di cogliere l’importanza delle cure palliative anche per chi sta vicino al paziente. Noi prendiamo in carico il malato e, insieme a lui ed esattamente con lo stesso livello di attenzione, ci prendiamo cura anche dei suoi affetti. Ai governi, invece, suggerirei di prestare attenzione al settore delle cure palliative con lo stesso interesse che gravita intorno alle altre aree della medicina, perché il nostro lavoro ha bisogno di essere alimentato e finanziato, ma soprattutto abbiamo bisogno che se ne conoscano l’importanza e i benefici su larga scala».

Dottor Tchoupa, impegniamoci per non lasciare nessuno indietro!
«Quando io e i miei colleghi ci prendiamo cura di una persona, non lasciamo niente indietro. Si immagini quanto possa starmi a cuore l’obiettivo del World Hospice and Palliative Care Day di quest’anno. Nel mio piccolo, continuerò a impegnarmi sempre di più per eliminare le disuguaglianze, rispettare la dignità di ogni essere umano e non lasciare nessuno indietro».

Un articolo di

Camilla Olivieri

Centro di cure Palliative "Villa Speranza"

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