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Democrazie col fiato corto

19 marzo 2024

Democrazie col fiato corto

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Comprendere le trasformazioni che attraversano le nostre democrazie, faticosamente intercettate da analisi e sondaggi. Ma anche capire come negli ultimi anni si è evoluto il sentiment degli italiani nei confronti della politica. Senza perdere di vista ciò che avviene nel Vecchio continente e nel resto del mondo. Sono alcune piste di indagini su cui si concentrerà, con la produzione di due report annuali, l’Osservatorio congiunto Polidemos-Ipsos sullo stato della democrazia, frutto della collaborazione tra il Centro di ricerca per lo studio della democrazia e dei mutamenti politici dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e la società di indagini di mercato e sondaggi di opinioni. «Negli ultimi anni siamo stati testimoni di cambiamenti, anche radicali, dei nostri scenari politici etichettati sotto la voce di ondate populiste che, non soltanto in Italia, si sono tradotte in un notevole sconvolgimento degli equilibri», ha detto il direttore di Polidemos Damiano Palano, rivolgendosi alla platea che mercoledì 13 marzo nell’Aula Magna dell’Ateneo ha assistito al “battesimo” dell’Osservatorio. «Il nostro tentativo non è semplicemente monitorare gli andamenti di voto ma cercare di andare più in profondità. E per questo gli strumenti offerti da Ipsos rappresentano un patrimonio prezioso».

Ed è stato il presidente Ipsos e docente in Cattolica di Analisi della pubblica opinione Nando Pagnoncelli, che, dati alla mano, ha mostrato qual è la percezione degli italiani nei confronti della democrazia. Ebbene, il 56% si dice deluso dal modo in cui essa funziona. Le ragioni? «È il risultato del cambiamento profondo che attraversa il rapporto, spesso critico, tra cittadini e politica», ha osservato Pagnoncelli. Una relazione controversa che, oltre a denotare una «distanza ampia», finisce per influenzare i comportamenti di voto. Lo conferma l’astensionismo delle ultime elezioni amministrative in Abruzzo.

 

 


Ma quali sono i pregi e difetti della democrazia? Tra i vantaggi che le vengono attribuiti, vi sono sicuramente il rispetto delle libertà fondamentali dei singoli cittadini, riconosciuto dal 31% degli intervistati, e la libertà di espressione (27%). Nei limiti, invece, figurano la lentezza nel prendere le decisioni (27%) e il costo economico del mantenimento delle istituzioni rappresentative e di governo democratico (21%). Quello che in realtà i cittadini auspicano non è tanto un regime autoritario - pur se il 16% sembra esservi favorevole - bensì una sorta di democrazia diretta, che nei fatti diventa poco rilevante. Questo perché, ha detto Pagnoncelli, «prevale un’acuta sfiducia nei confronti della politica: solo il 2%, vale a dire 1 persona su 5, dichiara di avere molto fiducia. Inoltre, per molti cittadini, 3 su 4 degli intervistati, la politica non è costituita da esponenti seri». Opinioni che finiscono per riflettersi nell’evidente volatilità del voto, dove perlopiù prevalgono le istanze individuali. «Spesso le aspettative di voto sono legate al leader di turno e quindi a un miglioramento della propria situazione individuale. Ma se tutto questo non c’è gli elettori girano le spalle al politico votato e vanno alla ricerca del nuovo», ha chiarito Pagnoncelli. Ecco perché, secondo il presidente di Ipsos, ci troviamo di fronte a una nuova categoria di voto che, secondo l’espressione da lui coniata, va sotto il nome di “voto Kleenex”, “usa e getta”.

Certo la democrazia non se la passa meglio in Europa. Colpa dell’inaridirsi di quella cultura e di quegli aspetti su cui da sempre si fonda. Elementi che emergono chiaramente sempre da un’indagine globale realizzata da Ipsos in sette paesi, di cui cinque dell’Unione europea - Svezia, Polonia, Francia, Italia, Croazia, Regno Unito, Stati Uniti - e illustrata da Andrea Scavo, direttore Ipsos Public Affairs. Tra gli aspetti messi in evidenza dall’analisi, risulta un’insoddisfazione per il funzionamento della democrazia dichiarata dalla maggioranza degli europei, ad eccezione della Svezia. C’è poi l’idea della prossimità ovvero che le cose funzionino molto meglio nei city council, nei consigli comunali e in quelli regionali. «Il livello di soddisfatti è di 7,3 punti percentuali maggiore in ambito locale rispetto a quello nazionale», ha specificato Scavo. Una differenza che persiste se si guarda all’Europa e si passa a valutare la democrazia dal livello statale a quello sovranazionale. Un terreno arido che però lascia spazio a qualche seme di speranza. «Gli italiani, come pure i cittadini di altri paesi europei, restano attaccati ad alcuni fondamentali principi democratici. In altri termini, si crede ancora che le persone siano in grado di influenzare le cose a partire da un momento fondamentale, che è quello del voto. Il che fa ben sperare», ha affermato Scavo.

Eppure, il problema dell’astensionismo resta. Il che indica una «mancanza di credibilità nei confronti delle istituzioni», ha rilevato la giornalista di Sky Tg24 Tonia Cartolano, che con il collega de Il Foglio Maurizio Crippa, hanno partecipato all’avvio delle attività dell’Osservatorio. Per Cartolano, alle origini del cosiddetto “voto Kleenex” potrebbe esserci un «problema di istruzione». Un’analisi condivisa da Crippa secondo cui l’allargamento del divario tra chi ha accesso a livelli di studio superiori rispetto a chi ha minori possibilità, e quindi è più facilmente condizionabile dai social media, può riflettersi sull’andamento dei voti.

Insomma, uno scenario di luci e ombre, dove l’attività di ItaliaInsight condotta dall’Osservatorio sarà un prezioso giacimento di analisi e dati utili per leggere i mutamenti profondi che stanno interessando i regimi democratici. «La democrazia non è un bene acquisito per sempre», ha chiosato Pagnoncelli. Per questo motivo dobbiamo averne cura e prestare attenzione al modo in cui ci informiamo. «L’informazione è la forma più elementare di partecipazione del cittadino alla vita politica» e in futuro avrà un ruolo sempre più decisivo per la «sopravvivenza delle nostre democrazie».

Un articolo di

Katia Biondi

Katia Biondi

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