Hanno una gran voglia di vivere, sono disposti a lottare per i valori in cui credono e per realizzare i loro sogni, desiderano una famiglia e dei figli, sono attenti all’ambiente e alla sostenibilità. Questo ritratto degli under 30 si fa strada ostinatamente contro ogni disillusione proveniente dalla società che li ha messi al mondo. L’hanno dimostrato con entusiasmo e coraggio i due giovanissimi attori dell’ultima stagione di Mare fuori, la serie prodotta da Rai Fiction e Picomedia che ha spopolato in tv e su RaiPlay, dove ha raggiunto i 130 milioni di visualizzazioni.
All’incontro di inaugurazione del Festival dei collegi dell’Università Cattolica venerdì 13 aprile a Milano, introdotto dal Rettore Franco Anelli e dall’assistente ecclesiastico generale monsignor Claudio Giuliodori, Yeva Sai e Luca Varone, rispettivamente Alina e Angelo in Mare fuori 4, hanno raccontato la loro storia davanti a un’aula Gemelli colma di studenti, intervistati dal giornalista Roberto Fontolan. E hanno interpretato i desideri e le speranze della loro generazione. 21 anni lei e 20 appena compiuti lui. Yeva non ha nascosto la fatica e la disperazione per i familiari lasciati in Ucraina appena arrivata in Italia due anni fa, ma «guardando le prime stagioni della serie sono riuscita a liberarmi – ha dichiarato –. Sto provando a cercare le cose belle, la serie dà la speranza perché non siamo incatenati nel nostro destino, ma lo possiamo creare noi». Luca crede fermamente nella perseveranza nonostante le sconfitte e le delusioni per arrivare a dare il meglio di sé e a costruire il proprio futuro: «Noi attori abbiamo un grande compito perché chi con una storia chi con un’altra, con problemi familiari e caratteri diversi, raccontiamo come sono i ragazzi di oggi e di ieri. Dobbiamo far capire che le azioni hanno delle conseguenze e le scelte si pagano». La recitazione? Stra consigliata da entrambi gli attori a tutti i loro coetanei perché aiuta a esprimersi, a superare la timidezza, a conoscersi meglio e a sentirsi più sicuri di sè.
Sul tema del Festival “Domanda di Futuro: I giovani tra disincanto e desiderio” è intervenuto il rettore dell’Ateneo: «Questa è una fase difficile, ma proprio perché tanti in epoche complesse come questa hanno saputo alimentare la speranza, tocca anche a voi giovani rendervi conto che non è una scelta “chiedere” il proprio futuro perché ce l’avete nelle mani. L’Università come istituzione formativa ha il compito di fornirvi gli strumenti per supportarvi».