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È saggio chi non si accontenta di quanto ha già imparato

24 gennaio 2022

È saggio chi non si accontenta di quanto ha già imparato

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La consuetudine della celebrazione della Santa Messa in occasione dell’inaugurazione ufficiale dell’Anno Accademico non è motivata solo dalla tradizione, ma soprattutto dal fatto che avvertiamo il bisogno di invocare l’aiuto di Dio sul futuro che ci attende specialmente in quest’anno reso difficile dalla pandemia a livello mondiale.

Gesù nel Vangelo ci ha insegnato come rivolgerci a Dio Padre, quando ha detto: “Chiedete e vi sarà dato, cercate e otterrete, bussate e vi sarà aperto” (Mt.7,7). Conosciamo anche il Salmo 127 che dice: “Se il Signore non costruisce la casa, invano si affaticano i costruttori; se il Signore non vigila sulla città, invano veglia la sentinella”.

Un poeta del settecento, Pietro Metastasio, esprimeva lo stesso concetto col suo stile fantasioso:

                   “A compier le belle imprese

                        l’arte giova e il senno ha parte,

                        ma vaneggian il senno e l’arte

                        quando amico il Ciel non è”.

È fondamentale la competenza, l’alta professionalità, la dedizione, ma “se amico il ciel non è” si conclude ben poco.

L’uomo e la donna, grazie anche ai mirabili progressi della scienza e della tecnica, possono decidere e fare molte cose, ma poi vi è sempre qualche elemento o qualche dimensione che travalica le nostre possibilità ed i nostri piani, con ostacoli spesso imprevisti, come imprevedibile era la presente tempesta scatenata nel mondo da un piccolo virus con tutte le sue varianti.

Come diceva Papa Giovanni Paolo II, l’uomo moderno appare sicuro di sé, eppure sperimenta sovente la sua incapacità di risolvere i problemi ed è nella preghiera, fatta con fede, che sta il segreto per riuscire ad affrontare positivamente non solo le emergenze, ma anche i problemi e le fatiche personali e sociali (Angelus di domenica 8 settembre 2002).

Che mediante la preghiera noi possiamo ottenere e realizzare quello che con le sole nostre forze ci è impossibile, lo spiega bene San Tommaso. In una sua lunga “quaestio” sulla preghiera (Somma teologica IIa- IIae, q.83), egli dice che Dio, nella sua Provvidenza, ha disposto che sia in nostro potere realizzare alcune cose, ma che altre  possano essere da noi operate soltanto se lo chiediamo a chi può più di noi, cioè a Dio, per il quale nulla è impossibile. In altri termini, mediante la preghiera noi possiamo cooperare affinché Dio operi e aiuti a realizzare quanto sta al di là delle nostre capacità.

L’inaugurazione di quest’Anno Accademico avviene nel quadro di due importanti anniversari: il centenario della fondazione a Milano dell’Università Cattolica, che Padre Agostino Gemelli ha voluto che iniziasse sotto la protezione del Sacro Cuore.

L’altra ricorrenza ci riguarda ancora più da vicino: i 60 anni della Fondazione di questa Facoltà di Medicina e Chirurgia, avvenuta il 5 novembre 1961 con la visita del Papa Giovanni XXIII a questa Facoltà. Papa Roncalli nel discorso di inaugurazione qui pronunciato volle manifestare il suo amore per l’Università Cattolica, della quale – 40 anni prima - aveva seguito con gioia la nascita, e concluse con l’augurio che codesta Facoltà di Medicina potesse fiorire – sono parole sue – sviluppandosi con successo e crescere in pienezza, educando moltissimi allievi e generando eccellenti esperti e cultori della medicina.

Mi pare che questo augurio in questi 60 anni sia diventato realtà, superando ogni aspettativa. A quell’atto di inaugurazione era presente anche il Card. Giovanni Battista Montini, allora Arcivescovo di Milano, che nel suo intervento illustrò il significato e il valore della nuova Facoltà di Medicina e del Policlinico ad essa collegato, che era in avanzata fase di costruzione.

In questo nostro tempo, segnato dalla pandemia di Covid che dura da oltre due anni, mettendo il mondo in ginocchio e cambiando profondamente la nostra vita, si avverte sempre più l’esigenza di intensificare l’impegno per la formazione sia di bravi ricercatori sia di medici con qualificate competenze specifiche, ma anche dotati di grande umanità, perché i malati hanno bisogno di cure cliniche e di farmaci che la scienza mette a disposizione, ma sentono anche il bisogno di espressioni di calore umano, di parole di sostegno, di affetto e  di fiducia. Lo abbiamo sperimentato con particolare intensità negli ultimi due anni.

In questo giorno solenne per la vostra Facoltà, vorrei dire da amico una parola ai Docenti e agli Studenti.

Ai Professori vorrei esprimere vivissimo apprezzamento per quanto fanno, con dedizione e competenza, per trasmettere ai giovani allievi la fiaccola del sapere, perché alla sua luce orientino il loro cammino e arricchiscano la loro vita. Essere Docenti è un’inestimabile opportunità di fare del bene, perché è mettere a disposizione degli altri la propria esperienza e le proprie conoscenze.

In pari tempo è una grande responsabilità. Tutti sappiamo che c’è un reale influsso dei professori sugli studenti, non soltanto per la materia insegnata, ma anche per la loro ricchezza di umanità, per la coerenza di vita, la dedizione e l’attenzione alle persone. Oggi è quanto mai importante trasmettere valori e certezze e saper dare ragioni di vita e di speranza. Voi, cari Docenti, siete per i vostri studenti dei punti di riferimento, dei modelli a cui essi guardano ed a cui nella vita cercheranno di ispirarsi. Aiutateli, pertanto, a costruire le fondamenta del loro futuro.

Agli Studenti, che qui si preparano al loro futuro, vorrei dire che il periodo degli studi universitari è decisivo per il loro avvenire. Domani, cari Studenti, sarete come avete voluto essere in questi anni. La propria vita futura non si attende come si aspetta un treno o un tram, ma si prepara; e si costruisce soprattutto negli anni dell’Università. Cercate di sapere sempre di più. È veramente saggio chi non si accontenta di quanto ha già imparato, delle conoscenze acquisite, ma colui che vuole imparare sempre qualche cosa di più, qualche cosa di nuovo.

A voi, come studenti della Facoltà di Medicina e Chirurgia, vorrei poi chiedere di mantenere sempre viva un’altissima visione della vostra professione e della vostra missione a servizio della salute e, pertanto, al servizio del bene e della gioia delle persone e delle famiglie. A tale fine vorrei esortarvi ad avere un’altissima considerazione di ogni persona umana: ogni uomo e ogni donna sono una realtà sacra, che Dio ha posto al di sopra di tutto il resto del creato.

La vostra professione è bella, nobile e grande perché è al servizio del bene e della vita dei vostri pazienti, cercando di liberarli dalla malattia e dalla sofferenza, in modo che per essi ritorni a sorridere la vita.

In questo giorno dell’inaugurazione ufficiale dell’Anno Accademico affidiamo pertanto a Dio i progetti che avete in cuore e le fatiche che vi attendono, e invochiamo il suo aiuto perché gli alti ideali a cui tendete, che sono anche le basi ed i motivi ispiratori di questa Facoltà, possano sempre più e sempre meglio essere realizzati.

Un articolo di

Cardinale Giovanni Battista Re

Cardinale Giovanni Battista Re

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