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“Ecumenismo del sangue”: le stragi di cristiani in Africa

23 gennaio 2023

“Ecumenismo del sangue”: le stragi di cristiani in Africa

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“Ecumenismo del sangue”. Questa la definizione di Papa Francesco per le stragi di cristiani in Africa. Domenica 15 gennaio 2023 nella Repubblica Democratica del Congo (RDC) sono stati uccisi 17 fedeli nella chiesa pentecostale di Kasindi-Luvirihya, al confine con l’Uganda, nella martoriata provincia del nord Kivu - patrimonio dell’Unesco per sua biodiversità e per la presenza di gorilla di montagna; si tratta della stessa regione dove furono barbaramente uccisi, probabilmente per non aver consegnato un riscatto in denaro, l’ambasciatore italiano Luca Attanasio e la sua scorta il 22 febbraio 2021. Il Santo Padre si recherà in visita nella Repubblica Democratica del Congo dove incontrerà i parenti delle vittime dei massacri, e in Sud Sudan dal 31 gennaio al 5 febbraio 2023.

I ribelli delle forze democratiche alleate (ADF) di origini ugandesi e legati a gruppi radicali musulmani sono ritenuti i colpevoli dell’attacco nella chiesa congolese del 15 gennaio con una bomba rudimentale. L’Isis ha rivendicato la responsabilità del massacro e ha minacciato ulteriori attacchi. Con almeno 160 gruppi armati, 20.000 combattenti, e 6 milioni di sfollati, enormi problematiche di malnutrizione e povertà, la RDC conta tra le milizie attive FDLR-FOCA (ribelli rwandesi), Nyatura CMC (Collectif des Mouvements pour le Changement), Mai Mai, Charles alias AFRC alias AFARPM (Alliance des Forces Armees des Resistants Patriotes Mai Mai), e Hutu rwandesi. Inoltre, fosse comuni con 49 civili morti tra cui donne e bambini sono state scoperte nella provincia di Ituri, e si suppone che gli autori del crimine siano i miliziani Codeco che sostengono di difendere il gruppo dei Lendu dal gruppo dei Hema e dall’esercito nazionale. Il presidente Felix Tshisekedi (1963-) ha ereditato un sistema fondato sulla violenza e sulla cleptocrazia e rischia di commettere gli stessi errori dei suoi predecessori.

L’alta instabilità della regione orientale è sotto costante minaccia di gruppi armati. E anche i paesi contigui come il Kenya premono sul governo di Kinshasa perché l’avanzata dei gruppi militanti nel Ituri e nel nord Kivu venga contenuta e arrestata. Sempre il 15 gennaio 2023, in Nigeria, un gruppo di banditi ha attaccato la parrocchia di Kakin-Koro, nella regione di Paikoro, ha bruciato vivo un sacerdote, padre Isaac Achi, e ferito il suo assistente mentre tentava di scappare. Le motivazioni sono da ricercarsi nella crescente iniquità economica nel paese e nel desiderio da parte di gruppi armati tra cui i Fulani d’impossessarsi delle terre occupate con la forza. I Fulani sono il gruppo di pastori nomadi tra i più numerosi in Africa occidentale con circa 20 milioni di membri maggiormente concentrati in Nigeria. Questi, di religione musulmana, esasperati dalla crisi economico/ambientale provocata dalla desertificazione, spinti verso sud nella “Middle Belt” a maggioranza cristiana, rapiscono e ricattano, e ora uccidono, i sacerdoti cristiani nigeriani in una sostanziale impunità. La centralizzazione delle forze di polizia nigeriane, il cui capo è un Fulani, non facilità le indagini a livello locale.

Importante è distinguere le diverse regioni entro il continente africano, si pensi solamente all’estensione della Repubblica Democratica del Congo: 2.345.000 di chilometri quadrati, e a non scivolare nelle semplificazioni che tendono spesso a “contrarre” le rispettive dimensioni e a voler ridurre le numerose e diverse realtà a identici schemi. Due essenzialmente i drammi: le crisi economico/ambientali e il terrorismo. Il terrorismo è una delle principali minacce alla sicurezza nazionale e internazionale degli stati in Africa; esso rappresenta una importante sfida alla sicurezza internazionale, nonostante sia ancora un problema minore in termini di sicurezza globale rispetto all’impatto dei conflitti o della malnutrizione le cui vittime sono ormai milioni. A questo riguardo, la RDC possiede le più ingenti ricchezze del mondo e a causa delle continue lotte per il loro possesso soffre le più grandi povertà.

Le strategie di numerosi governi africani colpiti dal terrorismo hanno intrapreso talvolta sterili approcci militari indiscriminati senza analizzare i fattori multidimensionali che determinano la crisi connesse ai fenomeni terroristici. La soluzione armata dovrebbe sostenere i piani locali di sviluppo sostenibile e non sostituirli. I processi di de-radicalizzazione, DDR (disarmo, smobilitazione, reintegrazione), uniti a strategie economiche e sociali, sono elementi chiave per disinnescare i gruppi armati non statali in Africa. I governi, in costante collaborazione e in sinergia con partner internazionali, potrebbero attivare nuovi programmi di protezione delle popolazioni nell’ambito di più ampi schemi di lotta al terrorismo. Spesso lo sviluppo di nuovi regolamenti riferiti ad esempio alla sicurezza alimentare hanno solamente prodotto ulteriori insurrezioni locali e regionali. A tal fine, governance collaborative tra, ma anche oltre, gli stati potrebbero costituire una proposta.

 

 


Photo: North Kivu. © USAID

Un articolo di

Beatrice Nicolini

Beatrice Nicolini

Docente di Storia e istituzioni dell’Africa - Facoltà di Scienze politiche e sociali, Università Cattolica

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