Il 4 Novembre 2020, nel totale silenzio della stampa internazionale e mentre gli occhi del mondo erano puntati sulle turbolente elezioni americane, l’ex militare, leader politico etiope, e Nobel per la pace 2019 Abiy Ahmed Ali (nato il 15 agosto 1976) aveva lanciato un’offensiva in Tigray, regione settentrionale ai confini con l’Eritrea, in risposta alle elezioni non autorizzate dal governo della capitale Addis Abeba che avevano decretato la vittoria del Fronte Popolare di Liberazione del Tigray, il Tpfl. Lo scopo era quello di annichilire il regime politico e militare tigrino, da tempo antagonista del governo centrale. Le forze nazionali, con l’appoggio delle milizie di Amhara e dell’esercito eritreo avevano bombardato e poi invaso la regione, scontrandosi con i militari del Tpfl. La controffensiva tigrina ha poi esteso la portata del conflitto, con l’attacco della vicina regione Amhara e contro Asmara, capitale eritrea. A due anni dal suo scoppio, il conflitto non ha ancora avuto epilogo, registrando innumerevoli violazioni del diritto internazionale e gravissimi crimini commessi da tutte le parti coinvolte.
Migliaia i civili uccisi e centinaia di migliaia gli sfollati interni: crimini di guerra e contro l’umanità, massacri, saccheggi ad obiettivi civili e d’assistenza umanitaria, stupri di massa e diffusione della violenza di genere, sono stati documentati, con estrema difficoltà, da parte delle diverse agenzie ONU e delle ONG. In particolare, già durante i primi sei mesi dello scoppio del conflitto, Amnesty International ha riportato l’uccisione di massa di centinaia di civili, da parte delle milizie del Tplf, tra il 9 e 10 novembre 2020 a Mai-Kadra, nel Tigray. Le successive rappresaglie hanno comportato saccheggi, esecuzioni extragiudiziali e detenzioni di massa nei confronti della popolazione civile della città. Ancora, tra il 28 e il 29 novembre 2020 un centinaio di persone sono state massacrate ad Axum dai militari eritrei che il 12 aprile 2021, hanno poi sparato sui civili a Adua, ferendo 19 persone e uccidendone 3. Esecuzioni extragiudiziarie sono avvenute anche a Mahibere Dego il 15 gennaio 2021 da parte delle forze etiopi di difesa nazionale.
Nell’agosto del 2021 poi, decine di corpi di uomini, donne e bambini tigrini con evidenti segni di tortura sono stati ripescati dal fiume Tekeze, richiamando l’attenzione dei media internazionali. L’accesso agli organi di stampa internazionali è stato consentito soltanto alla fine di febbraio del 2021, confermando le brutalità già registrate dalle indagini delle agenzie per i diritti umani. Sempre nel corso del 2021, le notizie di attacchi ai civili sono aumentate esponenzialmente in diverse regioni etiopi, quali Amhara, Oromia e Beninshagui. Rappresaglie contro i civili si sono registrate nel distretto di Chiglia, a Nord Shewa e nella zona speciale di Oromo nella regione di Amhara. Notizie di violenze armate arrivano dalla regione di Beninshagui-Gumuz, nell’area di Metekel; mentre dal novembre 2020 la popolazione Amhara delle zone occidentali di Oromia è vittima di sfollamenti forzati e uccisioni da parte di milizie non ancora identificate.