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Fake news e ingiustizie: vecchie e nuove sfide per la democrazia occidentale

29 marzo 2022

Fake news e ingiustizie: vecchie e nuove sfide per la democrazia occidentale

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“Democracy and Fake News. Information Manipulation and Post-Truth Politics” (Routledge 2021) è un libro che è nato nel 2019 e si è concluso durante il lockdown. Un testo che però rimane attuale, data la propaganda e la disinformazione che caratterizzano la comunicazione russa nel conflitto ucraino.

A presentarlo, giovedì 24 marzo, nel corso del webinar “Democrazia e fake news: Violenza, discriminazione e ingiustizia nella sfera pubblica” è stata l’autrice, Elisa Piras, esperta in relazioni internazionali e storia del pensiero politico. L’incontro, quarto evento del ciclo "La democrazia sfidata" promosso dal Centro per lo studio della democrazia e dei mutamenti politici è stato introdotto dal professor Damiano Palano, direttore del Dipartimento di Scienze politiche e ha visto la partecipazione di Maria Laura Lanzillo, docente di Storia delle dottrine politiche all’Università di Bologna.

Il tema centrale è lo studio dei processi di cambiamento che subisce la democrazia, causati da un lato dagli apparati tecnologici e dall’altro dai cambiamenti dei codici culturali e comunicativi. «L’obiettivo del volume - spiega Piras - è quello di spiegare termini come fake news e post-verità: parole che sono entrate a far parte del linguaggio comune negli ultimi sette anni. Facciamo un esempio. Con il termine post-verità abbiamo incluso una serie di testi che si sono concentrati su fenomeni concreti, come le elezioni del 2016 con la vittoria di Trump e il referendum sulla Brexit». Un altro argomento che è stato approfondito nel libro è il mutamento che sta subendo la sfera pubblica odierna. «I cittadini sembrano a volte guidati da opinion leaders che utilizzano una serie di accorgimenti tecnici e strategie comunicative - continua Piras - il risultato è meno consensuale e poco improntato al raggiungimento del bene comune. Lo scopo diventa quindi la realizzazione di interessi particolari, che si articolano attraverso una manipolazione delle idee dei cittadini».

Il testo è stato il frutto di un lavoro a più mani con il coinvolgimento di Serena Giusti, Head of the Program on Eastern Europe, Russia and Eurasia presso la Scuola Superiore Sant'Anna di Studi Avanzati di Pisa. La complessità del progetto si può intravedere dalla sua struttura, nella quale viene fornita una prospettiva teorico-filosofica, accompagnata da un punto di vista empirico per esaminare i differenti usi che vengono fatti della disinformazione. Un altro aspetto da notare è il coinvolgimento nell’opera di esperti e professionisti di vari settori, come giornalisti, accademici e divulgatori scientifici. La scelta è stata determinata dalla volontà di fornire un quadro completo del tema. Nel libro sono stati elencati anche degli strumenti che potrebbero aiutare a eliminare gradualmente le dinamiche della disinformazione.

Il fenomeno della centralità del singolo e del conseguente sgretolamento della collettività hanno portato alla nascita della bubble-democracy, che come spiega Lanzillo, «è un termine nuovo, che deve essere ancora studiato e approfondito. In questo concetto rientra la distruzione del pubblico. L’esperienza del cittadino democratico è centrata sull’isolamento e la discussione si svolge comodamente dal divano di casa. Un’abitudine che abbiamo preso durante la pandemia».

La mancanza dello scambio di idee tra individui è un punto in comune condiviso sia da Lanzillo che da Piras. In particolare l’autrice ha ribadito quanto sia ancora attuale il concetto di eco-chambers: «Viviamo in un mondo dove regna il rumore di opinioni. Si perde di vista la verità e l’obiettivo di raggiungere una formazione dell’opinione pubblica a vantaggio della collettività».

Una condizione che provoca la comparsa dell’ingiustizia epistemica: realtà in cui le persone non sono viste come fonti di verità, ma la credibilità viene loro attribuita in base alla loro identità. Il risultato è quindi una marginalizzazione di alcuni gruppi, che sono costretti a vivere in una condizione di totale isolamento dalla sfera pubblica.

La discriminazione è infatti per Piras un aspetto che rientra nel fenomeno delle fake news, perché «la loro diffusione causa una cristallizzazione delle opinioni e delle idee. Dobbiamo guardare ai processi più strutturali – ha concluso l’autrice suggerendo l’adozione di un comportamento alternativo - e a come la teorizzazione della giustizia e dell’opinione pubblica possano convivere insieme».

Un articolo di

Sofia Valente

Scuola di giornalismo

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