Dopo il via libera definitivo della Commissione Europea dello scorso 5 gennaio e il recente decreto interministeriale presentato il 23 marzo che ne regola la commercializzazione e il consumo, la farina di grillo si appresta ad arrivare sugli scaffali dei supermercati, ma gli italiani non sembrano pronti a questa innovazione gastronomica: infatti sebbene quasi un italiano su 5 (19%) si sia detto abbastanza informato sull’argomento, è solo poco più di un italiano su 10 (il 15%) a dichiarare la possibilità di portare cibi fatti con farina di grillo a tavola. Per almeno metà degli italiani, invece, è no assoluto a questo tipo di prodotti. Se guardiamo all’area geografica il Sud è il territorio con cittadini meno orientati al consumo di questi alimenti. Inoltre, solo il 24% del campione è favorevole alla vendita e il 21% alla produzione di alimenti contenenti farina di grillo.
Lo rivela una indagine flash svolta presso l’EngageMinds HUB, il Centro di ricerca dell’Università Cattolica, campus di Cremona diretto dalla professoressa Guendalina Graffigna, che rileva attraverso un Monitor continuativo i comportamenti e le abitudini degli italiani restituendone un’analisi in chiave psicologica.
Nel totale del campione si conferma una generica ostilità verso il prodotto (53%) ed è il disgusto il principale ostacolo al consumo espresso dal 68% delle persone non intenzionate a consumare questi prodotti neanche in futuro. Seguono la non familiarità ovvero la disinformazione in merito (31%), le preoccupazioni per la sicurezza alimentare (29%), e il prezzo (16%). Un kg di farina di grillo arriva infatti a costare tra i 70 e gli 80 euro. Tra le persone interessate al consumo emergono invece motivazioni considerate positive quali la curiosità e la sostenibilità, rispettivamente il 64% e il 56%, seguite da un gruppo, il 35%, che lo farebbe per l’apporto nutrizionale. La farina di grilli contiene di fatto una quantità significativa di proteine, oltre a fibre, minerali come il ferro e il calcio, e vitamine come la B12.
«Vorrei sottolineare quanto l’aspetto della sostenibilità soprattutto sia influente sulle persone che hanno espresso l’emozione della curiosità per il consumo di farina di grilli -afferma la professoressa Guendalina Graffigna-. Tra quanti sono intenzionati al consumo, la curiosità è uno dei driver maggiori (riportato dal 64%), percentuale che sale al 73% tra quanti sono particolarmente sensibili ai temi ambientalisti».
«Gli Italiani - continua la professoressa Graffigna - sembrano nel complesso piuttosto ‘ostili’ verso i prodotti con farina di grillo: infatti il 47% del campione ritiene che possano mettere anche a rischio le tradizioni culinarie. Inoltre, emerge dall’indagine che il 44% ritiene che l’Unione Europea non avrebbe dovuto autorizzarne la vendita. Questi dati sono espressione di barriere culturali difficili da abbattere. La farina di grillo sta guadagnando interesse come fonte sostenibile di proteine, ma è un processo che potrebbe richiedere ancora del tempo per diventare più diffuso e accettato nella cultura alimentare italiana. Da questo punto di vista - conclude Graffigna - molto si giocherà sul fronte della corretta comunicazione per aiutare a colmare, così come accaduto in altri casi, il gap tra sapere scientifico e percezione del consumatore. Nei prossimi mesi focalizzeremo proprio questo tema in una ricerca svolta per Agorà Network, una rete che a Cremona, grazie al contributo delle istituzioni locali, connette Università Cattolica e imprese».