Chi ha conosciuto la voce di Franco Loi sa bene quanto la sua pronuncia inconfondibile, a tratti acuta e quasi sussurrata, potesse risultare sempre docile e accogliente, capace di recepire in un istante l’afflato della poesia, come un suono captato da invisibili e pur sensibilissime antenne. Genovese di nascita e milanese d’adozione, Loi (1930-2021) ha attraversato il Novecento vivendo i momenti più significativi di un secolo tanto ricco e tormentato: la guerra e la Liberazione, e poi la ricostruzione, il boom economico, gli anni di piombo, fino al nuovo secolo. Il suo è stato un osservatorio privilegiato: quello di Milano, anzitutto, città di forte immigrazione interna nel secondo dopoguerra; città che cresce velocemente sottraendo terreno alla campagna circostante per soddisfare la domanda di abitazioni; città che vede nascere il movimento studentesco e la contestazione giovanile; città di grande fermento politico ma anche di una presenza radicata della Chiesa nel tessuto sociale e di figure significative del mondo religioso.
Ma l’osservatorio di Loi è stato, soprattutto, quello del poeta. La Milano devastata dalla guerra, la Milano felice e allegra della Liberazione, la Milano operaia sono immagini che restano al centro della riflessione e dell’ispirazione di Loi e diventano il paradigma del paese e, per meglio dire, del mondo intero. La poesia di Loi nasce dalla capacità di mettersi in ascolto: degli altri e del mondo che ci circonda, certamente; ma anche della voce interiore che – come era solito dire citando l’amatissimo Dante – «ditta dentro», che ispira purché si abbia la capacità e il desiderio di prestarle attenzione. La lingua che Loi fa sua è il milanese: il milanese che è lingua della gente, lingua che in quella Milano dei suoi anni di formazione e poi dell’età adulta si parlava nelle osterie e per le strade e che era diventata la lingua d’uso di tutti i cittadini. Fossero essi calabresi, sardi, veneti, siciliani, pugliesi o lombardi, tutti, a Milano, per comunicare e per integrarsi parlavano il dialetto milanese, che era davvero la lingua di una comunità e che si modificava con gli apporti di ogni parlante. La lingua della poesia loiana non è dunque il milanese classico della grande tradizione del Porta e del Tessa: a questo si appoggia ma raggiunge la consistenza di un impasto linguistico aperto a influssi e a trasformazioni; è davvero “lingua di tutti”.
L’Università Cattolica del Sacro Cuore ha ricevuto la donazione dei libri e delle carte appartenuti a Franco Loi, e oggi desidera celebrare il poeta con la mostra Franco Loi, il milanese che parla al mondo, che intende ripercorrere le fondamentali tappe biografiche e creative di uno dei maggiori autori del secondo Novecento. Accanto a una serie di pannelli narrativi che accompagneranno il visitatore lungo il tracciato della vita di Loi, verranno esposti diversi volumi e documenti conservati presso la Biblioteca d’Ateneo: il visitatore potrà così trovare molte prime edizioni di testi loiani accompagnate da esemplari librari con dedica autografa di grandi poeti del Novecento (tra i quali Vittorio Sereni, Franco Fortini, Andrea Zanzotto), alcune lettere ricevute da Loi in relazione al proprio operato poetico e carte d’archivio che documentano i vari passaggi redazionali della lavorazione dei testi.
Il Fondo Loi mostra una eccezionale vastità tanto in termini di produzione così come di estensione temporale, che riguarda non solo la poesia e la narrativa, ma anche la militanza critica dispiegata in varie riviste e varie sedi periodiche, ma non solo; esso si rivela uno strumento straordinario per ricostruire i tracciati dell’esperienza tanto letteraria quanto umana di Loi e consente sostanziare e dare corpo tanto alla fitta rete di relazioni personali, quanto al percorso stesso di maturazione interiore del poeta. Fa inoltre parte dell’archivio un nutrito gruppo di cimeli (la scrivania del poeta, la macchina da scrivere, alcune tra le penne preferite del poeta, i premi ricevuti, e così via), alcuni dei quali trovano il loro spazio nella mostra, che verrà inaugurata il giorno 16 dicembre 2024 alle ore 16. L’esposizione resterà aperta al pubblico fino al 31 gennaio 2025 presso l’atrio della sede di Via Nirone 15.