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Guardare al futuro con più fiducia nella scienza

30 gennaio 2023

Guardare al futuro con più fiducia nella scienza

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Una «scienza al servizio della società», «in ascolto delle persone» e capace di interpretarne i bisogni. È la grande sfida che attende le università nei prossimi anni, chiamate a svolgere un ruolo sociale sempre più importante, anche nella lotta contro le fake news, ree di aver provocato durante la pandemia migliaia di morti tra quanti negavano l’esistenza del Covid. L’italiano Stefano Bertuzzi, Chief Executive Officer dell’American Society for Microbiology, una delle maggiori associazioni scientifiche e professionali a livello internazionale, è braccio destro di Anthony Fauci e con lui ha lavorato fianco a fianco nella Task Force anti-Covid della Casa Bianca. Alumnus dell’Università Cattolica, dove nel campus di Piacenza ha conseguito la laurea in Scienze agrarie, alimentari e ambientali e un dottorato in biotecnologie molecolari, Bertuzzi ha portato la sua testimonianza di scienziato impegnato nelle nuove frontiere della ricerca nell’ambito dell’incontro “L’Università Cattolica al suo secondo secolo di vita. Alcune linee di ricerca”, promosso venerdì 27 gennaio dall’Associazione degli Scholars, che riunisce oltre 40 docenti fuori ruolo delle 12 facoltà dell’Ateneo. Un’iniziativa che mostra la «eccezionale dinamicità» e la «fedeltà all’istituzione» di studiosi e professori qualificati che hanno insegnato in questo Ateneo, ha detto il rettore Franco Anelli nel suo saluto di apertura, in cui ha rivolto un particolare ringraziamento all’ideatore dell’iniziativa e presidente dell’Associazione, il professor Edoardo Teodoro Brioschi.

A fare da sfondo al dibattito il libro “Testimonianze sul futuro”, curato da Antonio Ballarin Denti e pubblicato dalla casa editrice Vita e Pensiero, che raccoglie una serie di riflessioni mirate ai più cruciali problemi culturali, etici, economici e sociali che il nuovo secolo sta ponendo agli scienziati e agli studiosi del mondo accademico.

 

 

A suggerire alcune linee di ricerca per le scienze economiche è stato proprio uno degli autori, Alberto Quadrio Curzio, emerito di Economia Politica all’Università Cattolica e presidente emerito dell’Accademia Nazionale dei Lincei. E lo ha fatto partendo da un ricordo personale, che risale agli anni di studio in Cattolica, all’insegnamento di Francesco Vito e soprattutto del maestro Siro Lombardini che, assieme a lui, nello stesso anno di preparazione della tesi accompagnò altri quattro allievi: Pier Carlo Nicola, Carlo D’Adda, Terenzio Cozzi e Romano Prodi. «È stata un’esperienza di vita irripetibile, che ci consentì di conoscere Luigi Pasinetti, primo allievo di Lombardini, in quel periodo docente a Cambridge», ha rammentato il professor Quadrio Curzio. «Un ricordo significativo» perché racconta di quell’«impronta culturale di studi di economia politica in Cattolica», una cultura che l’economista ha definito di «solidarismo liberale», capace di segnare le professioni accademiche di cinque persone che nel corso della loro vita hanno continuato a frequentarsi e a collaborare uniti da una «comunanza di interessi basata su convinzioni». Una concezione dell’economia, dunque, che «non può essere ricondotta esclusivamente al funzionamento del mercato» ma va collocata in un contesto più ampio.

 

 

Del resto, se c’è un contributo importante che l’Università Cattolica può dare alla società è in virtù della sua «multidisciplinarità» che la contraddistingue sin dagli albori. Ne è convinto Giovanni Pirovano, presidente di Banca Mediolanum, esponente del comitato di presidenza ABI con deleghe a Innovazione e sostenibilità e membro del Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo, dove si è formato laureandosi in lingue e letterature straniere. «La commistione di discipline è per me naturale, lavorando in una banca dove la tecnologia è sempre abbinata all’umanesimo, che è la chiave di tutto».

 

 

Alla Cattolica va però riconosciuto anche un altro primato: la leadership nel campo delle scienze della vita che l’ha portata in prima linea nella lotta alla pandemia. A testimoniarlo Walter Ricciardi, professore ordinario di Igiene nella facoltà di Medicina e Chirurgia e presidente del Mission Board for Cancer della Commissione Europea. «Quando sono stato chiamato dal ministro Speranza a supportarlo nel contrasto al Covid, la prima cosa che ho fatto è stata creare una squadra. In quel momento c’era la necessità di avere competenze sulla rianimazione, sulla geriatria, sulla pneumologia, sulla pediatria. Quindi ho chiamato a farne parte gli scienziati della Cattolica poiché in quel momento erano alla guida delle principali associazioni di categoria». Secondo Ricciardi la «lezione appresa dalla pandemia», di cui il 9 marzo cade il terzo anniversario, è che «la salute è la priorità assoluta» e «l’unico strumento per garantirla resta la sanità». Una sfida che sembrava già vinta da anni ma oggi a rischio se si pensa che sono 13 milioni gli italiani in lista d’attesa per esami diagnostici e a fronte di una spesa sanitaria in costante crescita (a oggi è di 42 miliardi di euro). Pertanto, le università devono svolgere un ruolo sociale aiutando i cittadini a capire il valore di un bene acquisito. Non solo. L’altra grande sfida è la lotta alle fake news: «Con l’Organizzazione Mondiale della Sanità stiamo lavorando per cercare di dotare gli atenei degli strumenti adatti per combatterle», ha rilevato Ricciardi.

Per questo motivo, ha fatto eco Bertuzzi, il «compito degli scienziati è connettere la scienza con i bisogni dell’uomo». A suo avviso due sono le cause all’origine della situazione di difficoltà degli ultimi anni: da una parte, la globalizzazione, che ha portato sempre più a considerare gli scienziati come una élite e parte di un sistema controverso, dall’altra, i social media. Contro tutto questo servono un’assicurazione sociale e istituzioni forti. «La scienza va integrata con la società perché se non diventa parte del tessuto sociale e politico le ricerche scientifiche finiscono per essere semplici esercizi accademici».  

In questo senso, un esempio di sanità innovativa che guarda al futuro arriva dalla Fondazione Irccs Ca’ Granda Ospedale Maggiore Policlinico di Milano. Un’esperienza di successo che è stata descritta dal presidente Marco Giachetti. «Siamo un Irccs e in quanto tale il nostro compito è creare un ambiente migliore mettendo in atto una serie di azioni per renderlo possibile». Ed è quello che Giachetti ha cercato di fare nei suoi otto anni di presidenza. In primo luogo, attraverso la valorizzazione del vasto patrimonio immobiliare e rurale che nei suoi sei secoli di vita si è trovato ad avere l’ospedale grazie alla generosità e alla filantropia dei cittadini milanesi. L’altra grande sfida, o meglio «sogno», è stato dar vita a un museo per tirare fuori dalla cantina i numerosi quadri dedicati ai benefattori della Ca’ Granda e realizzati nel corso del tempo dai più importanti pittori lombardi.

 

 

 

Bisogna, però, fare i conti con un ordine mondiale che negli ultimi anni è drammaticamente cambiato, con conseguenze dalle notevoli complessità. Un aspetto su cui ha richiamato l’attenzione Vincenzo Prati, già ambasciatore d’Italia a Islamabad e vicepresidente dell’Associazione Italia-Pakistan. «Per il Vecchio continente i primi venti anni del nuovo secolo sono stati segnati da pochi successi e da molti fallimenti strategici». Purtroppo, «l’Europa non è tra i paesi che appartengono a quelli che definisco il gruppo dell’accelerazione, composto da Stati Uniti, Cina e India». Per controbilanciarne il potere, l’Europa deve dotarsi di tecnologie adeguate innanzitutto per governare i grandi numeri. Dalla sua ha un’«importante storia di valori», come quelli della Cattolica: «deve solo avere fiducia nella propria intelligenza e dare così il contributo agli equilibri mondiali».

Un articolo di

Katia Biondi

Katia Biondi

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