«Per sfide di questa portata ci vuole più Europa, non meno Europa», ne è convinto Piero Benassi, rappresentante permanente d’Italia presso l’Unione Europea, intervenuto all’incontro sugli effetti economici e giuridici della guerra in Ucraina organizzato da Francesco Centonze e Marco Allena del corso di laurea Doppia Laurea Diritto e Economia della facoltà di Economia e Giurisprudenza di Piacenza su richiesta degli studenti, intenzionati a comprendere di più e meglio le ragioni di un conflitto che si combatte alle porte dell’Europa.
Benassi, sottolineando l’immediato sostegno (politico, finanziario, migratorio, militare) dell’Europa all’Ucraina nei confronti dell’aggressione russa, ha posto l’accento sui cinque pacchetti sanzionatori, che corrispondono a centinaia di disposizioni dotate di legal basis approvate in tempi record grazie alla coesione dei 27 dell’UE: «Tutti insieme, nessuno escluso (neanche l’Ungheria di Orban), per raggiungere un obiettivo chiaro: far fermare le bombe, e poi per trattare le condizioni della pace. Ciascun pacchetto sanzionatorio - ha ricordato l’ambasciatore- ha visto trascorrere al massimo 36 ore tra proposta e approvazione: l’unanimità e la grande velocità di risposta è il principale asset politico fino ad ora espresso dall’Europa». Ma quali effetti collaterali possiamo attenderci? «Ogni sanzione di per sé, con l’aumentare dell’intensità, colpisce parallelamente anche il sanzionante, oltre che il sanzionato; da qui la necessità di un’eccezionale coesione dell’Unione europea (e non solo); parallelamente le sanzioni devono essere considerate come strumento reversibile per natura, devono servire a portare alla trattativa».
A un conflitto che si combatte sul campo secondo modalità del ‘900, con bombe, carri armati e trincee, corrisponde una guerra dell’informazione digitale altrettanto difficile da combattere «soprattutto in quelle aree in cui non è più presente nessun giornalista indipendente. La propaganda e la controinformazione stanno diventando strumenti sempre più impattanti, soprattutto, ma non solo, sulla possibilità di convincere i propri cittadini che la guerra che si sta combattendo è giusta» ricorda la responsabili esteri di Sky Liliana Faccioli Pintozzi, che in merito alle radici del conflitto, ricorda come affondino molto lontano e che «la narrazione che se ne sta facendo è solo parziale; nel surreale discorso alla nazione del 21 febbraio Putin esplicita la sua visione che omette molti fatti storici rilevanti. E se ci chiediamo: perché adesso? la risposta può risiedere nella percezione di minaccia all’”impero russo” derivante dalla transizione ecologica su cui i Paesi europei -e non solo- stanno puntando. E se per Raul Caruso le sanzioni più efficaci sono quelle che colpiscono gli oligarchi, «tanto che in Russia è stato approvato in fretta e furia un condono a loro favore», è chiaro che il prezzo più importante di questa guerra sarà pagato dai paesi poveri.
«L’economia di guerra ci accompagnerà per alcuni mesi finché i paesi terzi non decideranno cosa fare del mondo quando il conflitto armato sarà finalmente terminato: sarebbe necessario riscrivere il PNRR, dando grande peso alla transizione economica e più rilievo all’economia sociale». Sugli effetti per l’Italia e i suoi operatori economici delle sanzioni si è soffermato Stefano Manacorda, che ha sottolineato quanto l’utilizzo da parte della comunità internazionale di uno strumento giuridico in risposta a un conflitto armato è un atto di grande civiltà, anche se «è necessario dare un ordine sistematico all’apparato sanzionatorio» mettendolo anchea confronto con i cardini del nostro sistema costituzionale. E «se è vero che siamo, per ora, di fronte a una guerra del ‘900 dal punto di vista dei mezzi, guardando ai fini probabilmente siamo di fronte a una guerra rivoluzione rispetto all' ordine internazionale attuale, che non sarà perfetto ma è un ordine che guarda ai diritti che ha una sua sintassi» riflette Dino Rinoldi che, conclude, «è tempo di lasciar spazio ai doveri».