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L’invasione della Ucraina, parte di una strategia contro il modello europeo

28 novembre 2023

L’invasione della Ucraina, parte di una strategia contro il modello europeo

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La guerra della Russia in Ucraina è solo «il pezzo di un puzzle», una piccola parte di una strategia più ampia che Mosca ha sviluppato in questi anni, senza che ce ne accorgessimo. L’obiettivo di questo piano è aggredire l’Europa, che dell’Occidente è la «vera culla», perché è qui che, un certo modello sociale, un certo stile di vita, continua a esistere e a essere attrattivo. Ed è questa anche una delle ragioni, per cui non dovremmo dimenticarci di questo scontro bellico, come abbiamo fatto con tutti quelli che lo hanno preceduto. È la tesi centrale del libro, "La guerra tiepida. Il conflitto ucraino e il futuro dei rapporti tra Russia e Occidente". Il volume, edito dalla university press della Luiss, è stato presentato agli studenti della Università Cattolica del Sacro Cuore lunedì 27 novembre nell’Aula Magna dell’Ateneo da Andrea Manciulli ed Enrico Casini, direttori rispettivamente delle relazioni istituzionali e della comunicazione della Fondazione Med-Or, tra i molti autori della pubblicazione. Ma la discussione sul testo è stata l’occasione per una riflessione più ampia sul nuovo assetto delle relazioni internazionali in un mondo ormai multipolare. Questo era, d’altra parte, proprio l’intento di Riccardo Redaelli, direttore del Centro di Ricerche sul Sistema Sud e il Mediterraneo allargato e ordinario di “Storia e istituzioni dell’Asia” alla Cattolica, che come da tradizione dell’Ateneo, ha voluto invitare a confrontarsi con gli studiosi un politico, impegnato nelle istituzioni, come Lorenzo Guerini, ex ministro della Difesa nel governo Draghi, attualmente presidente del Comitato parlamentare per la Sicurezza della Repubblica (Copasir), il quale ha partecipato all’incontro, rendendosi poi disponibile a rispondere alle domande del pubblico.

A tracciare il disegno di insieme all’interno del quale collocare l’invasione della Russia in Ucraina è stato Manciulli per il quale il conflitto fa parte di una duplice offensiva militare e politico-culturale. Quella militare, secondo Manciulli, procederebbe a tenaglia e si svolgerebbe a Nord e a Sud del nostro continente. Comprende infatti, da un lato, la competizione per il controllo delle rotte nell’Artico, un mare «già oggi navigabile 8 mesi all’anno» e che con l’innalzamento delle temperature globali sarà completamente libero dai ghiacci in un futuro non molto lontano, diventando quindi ancora più strategico per i commerci internazionali tra Est e Ovest. Dall’altro lato, rientra in questa strategia militare, anche il contributo dei paramilitari russi della Wagner (un’agenzia solo «formalmente privata» ma di fatto alle dipendenze del Cremlino), nelle rivolte nei paesi a sud del Sahara e nel Sahel. Azioni che hanno portato in tre anni a ben otto colpi di stato in quella regione dell’Africa. Inoltre, questa tenaglia che strige l’Europa avrebbe, secondo gli autori del libro, anche un’«incudine ideologica» che sarebbe rappresentata dalle interferenze più o meno occulte sugli equilibri politici interni dell’Europa (e non solo) volte a rafforzare partiti populisti e ad indebolire le istituzioni democratiche. «Un’aggressione culturale», sottolinea Manciulli che «abbiamo sottovalutato».

«Senza questa visione d’insieme non si comprende la portata di questo conflitto che è destinato a riconfigurare lo scenario geopolitico internazionale», ha chiosato Casini.


Da parte sua, Lorenzo Guerini, che il 24 febbraio 2022 quando le truppe russe invasero l’Ucraina, era a capo del dicastero della difesa del governo italiano ha riconosciuto la iniziale difficoltà dei Paesi occidentali ad interpretare quello che stava accadendo. «C’era chi riteneva che la Russia stesse preparando una invasione, come è poi successo, ma anche chi all’interno della Nato pensava che le manovre militari di Mosca sul confine ucraino fossero solo un modo per fare pressione sul governo di Kiev». I sostenitori di questa seconda ipotesi usavano un argomento apparentemente persuasivo: «la Russia avrebbe avuto più da perdere che da guadagnare in un eventuale conflitto», essendo l’Europa il suo principale mercato energetico. Purtroppo, si sbagliavano. Tuttavia, ha rimarcato Guerini, bisogna anche dire ci fu una sottovalutazione pure sul fronte opposto, quello russo. Probabilmente, a giudicare da come ha schierato le forze in campo, «incolonnando i carri armati lungo le autostrade» Putin immaginava che Zelensky sarebbe stato rovesciato dalla folla. Invece, gli ucraini hanno avuto una «reazione inaspettata e coraggiosa» contro i loro invasori, non contro chi li governava. Inoltre, Mosca aveva scommesso sulla debolezza dell’Occidente, un’idea, secondo Guerini, rafforzata dalla «devastante» ritirata degli americani da Kabul e anche dalle divisioni che erano emerse circa i contributi che ogni paese avrebbe dovuto fornire all’alleanza per riequilibrare l’impegno finanziario degli Stati Uniti, sempre meno disposti a sostenere la quota oggi largamente maggioritaria del bilancio per la sicurezza internazionale. Invece, proprio l’invasione dell’Ucraina ha ricompattato la colazione atlantica in crisi di vocazione, permettendole di ritrovare «la propria ragion d’essere».

Dopo aver ascoltato il dibattito seduto accanto a Franco Gabrielli, attualmente delegato del sindaco di Milano per la sicurezza e la coesione sociale, il rettore Franco Anelli ha concluso la presentazione puntando l’attenzione in particolare su un aspetto messo in luce dal libro, quello relativo alla permeabilità delle democrazie alla propaganda. In fondo la minaccia più radicale all’Occidente perché mina alle base il processo di formazione del libero consenso.

Un articolo di

Francesco Chiavarini

Francesco Chiavarini

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