Sull’ultimo naufragio avvenuto al largo di Malta, l’errore – secondo Scavo - è pensare di studiare con facilità il meccanismo del soccorso in mare: ci sono tanti soggetti che agiscono in correlazione e a catena e vanno compresi tutti. In quel caso si trattava di acque internazionali: secondo Patto Sar devono intervenire in questi casi anche i Paesi confinanti in caso di difficoltà del Paese più vicino, ma nello specifico Malta non è intervenuta perché non ha firmato gli addendum alla Convenzione di Amburgo che prevede che si debba soccorrere qualsiasi barca in distress.
«Malta – ricorda il giornalista - ha un’area competenza Sar grande 720 volte l’isola, come se l’Italia l’avesse fino a Buenos Aires. Ma perché, viene spontaneo chiedersi, non viene ristretta? Perché c’è un’area di Malta dove c’è un’altura sottomarina, in acque internazionali, dove il petrolio e la droga arrivano tramite mezzi di contrabbando che poi distribuiscono alle altre navi e da lì in tutta Europa. Il petrolio esce illegalmente dalla Libia, transita a Malta che concede la possibilità di trasformare l’importazione da illegale a legale. In Europa vige la libera circolazione delle merci, per cui una volta arrivato è legale; il danno è enorme, per l’Italia ammonta a dieci milioni di euro l’anno. Tracce di contrabbando sono state ritrovate anche a Mazara del Vallo, in Sicilia, dove si trova il maggior deposito fiscale di petrolio nel Sud Italia».
«Dietro agli sbarchi – prosegue Scavo - ci sono tutte queste questioni irrisolte che richiederebbero una commissione d’inchiesta; oggi l’Italia è sotto ricatto e non è detto che la situazione non possa peggiorare. Unico passo avanti è stato con il governo Draghi, che ha ottenuto la concessione dei visti per personale Onu in Libia, una misura che continua a funzionare; ma le limitazioni sono fortissime. La Libia, infatti, non ha sottoscritto la Convenzione di Ginevra sui diritti dell’uomo, per cui è rischioso per chiunque, giornalista o attivista, introdursi nel Paese».
«Finché non verranno risolte tutte queste questioni – conclude Scavo - non sarà possibile risolvere la questione migranti: il Sar è pensato per gestire eventi eccezionali, da quando c’è il traffico di persone è diventato la quotidianità. Ma non può funzionare di continuo perché non è pensato per questi ritmi».