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Il cuore pulsante della fede

29 ottobre 2024

Il cuore pulsante della fede

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«La attirerò a me, la condurrò nel deserto e parlerò al suo cuore» (Os 2,16). Con queste parole di infinita tenerezza e di grande intimità il profeta Osea descrive il modo con cui Dio guarda alle sue creature e si prende cura di esse. Quello del cuore è pertanto il linguaggio privilegiato di Dio perché è l’unico in grado di svelare le profondità del suo amore. La via maestra per entrare nel mistero dell’amore salvifico del Padre è pertanto quella del Cuore di Gesù a cui è dedicata la quarta Enciclica di Papa Francesco: “Dilexit nos” (24 ottobre 2024).

Dopo averci abituato a testi di grande respiro teologico, pastorale e sociale come la Lumen fidei (2013), scritta assieme a Benedetto XVI, la Laudato si’ (2015) e la Fratelli tutti (2020), questo documento dedicato al Cuore di Gesù potrebbe apparire un arretramento su posizioni più spirituali e devozionali. In realtà si tratta di una messa a fuoco dell’essenza e del nucleo incandescente della stessa fede cristiana. La ragione ultima per cui Papa Francesco riprende e ripropone un tema che sembra appartenere alla spiritualità di matrice più devozionale è proprio quella di recuperare un filone di grande ricchezza e suggestione per l’esperienza di fede, in grado di intercettare sensibilità e domande degli uomini e delle donne del nostro tempo, offrendone una solida interpretazione teologica e pastorale.

Nella visione di Papa Bergoglio «in questo mondo liquido è necessario parlare nuovamente del cuore; mirare lì dove ogni persona, di ogni categoria e condizione, fa la sua sintesi; lì dove le persone concrete hanno la fonte e la radice di tutte le altre loro forze, convinzioni, passioni, scelte» (n. 9). Questa ri-centratura antropologica non deriva da una urgenza solo di carattere esistenziale e culturale, ma scaturisce dalla necessità di recuperare una chiave teologica sintetica che riporti l’azione salvifica di Dio a diretto contatto con l’esperienza umana. Così il Papa ripropone in termini nuovi, e per molti versi suggestivi, una teologia del “cuore a cuore” (cfr. nn. 26; 132; 134; 144; 147) dove l’incontro con la persona di Cristo, non si perde in formule astratte o in rigorismi morali, ma avviene a partire dalla partecipazione al cuore pulsante del suo amore che si è manifestato, nella sua espressione più alta e provocatoria, attraverso il costato squarciato sulla Croce. È questo il luogo sorgivo e sacramentale del suo amore infinito e irrevocabile da cui scaturisce per tutti e per sempre una immensa effusione di grazia salvifica.

Nei 220 paragrafi suddivisi in cinque capitoli, attraverso cui si sviluppa l’Enciclica, papa Francesco offre un suggestivo approfondimento di carattere antropologico sulla peculiare rilevanza del cuore dal punto di vista culturale, sociale e religioso (cap. I) riprendendo poi il grande patrimonio di riflessione biblica (cap. II) che si pone a fondamento dell’elaborazione teologica e del magistero (cap. III) per ripercorrere poi tutta la lunga tradizione, patristica e spirituale, che nel corso dei secoli ha posto in luce la ricchezza del riferimento al Sacro Cuore (cap. IV) e per concludere con un’efficace attualizzazione su come oggi il riferimento al Sacro Cuore possa e debba guidare la vita del credente e la missione della chiesa (cap. V). L’ampia trattazione, ricca di citazioni e di rimando alle fonti, aiuta a comprendere come il riferimento al Sacro Cuore non sia riducibile ad un’espressione di un filone tra gli altri della spiritualità, ma debba essere recuperato come dimensione costitutiva della fede e della testimonianza cristiana.

Non mancano efficaci rimandi alle sfide del nostro tempo come quando ricorda che «nell’era dell’intelligenza artificiale, non possiamo dimenticare che per salvare l’umano sono necessari la poesia e l’amore» (n. 20). Per questo la riflessione si fa quasi preghiera quando esorta ad andare incontro «al Cuore di Cristo, il centro del suo essere, che è una fornace ardente di amore divino e umano ed è la massima pienezza che possa raggiungere l’essere umano. È lì, in quel Cuore, che riconosciamo finalmente noi stessi e impariamo ad amare» (n. 30). Proprio perché espressione del nucleo incandescente dell’amore divino incarnato nell’umano, dal Cuore di Cristo scaturisce anche l’operosità del cristiano che non si ripiega su se stesso ma trae ragioni ancora più forti per il suo impegno nella trasformazione delle realtà terrene. La costruzione della “Civiltà dell’amore”, intesa anche come opera di riparazione, «esige una spiritualità, un’anima, un senso che le conferiscano forza, slancio e creatività instancabile. Ha bisogno della vita, del fuoco e della luce che vengono dal Cuore di Cristo» (n. 184).

Il testo attinge a tutta la vasta e ricca tradizione teologico-spirituale legata a figure che hanno contribuito ad approfondire e divulgare la spiritualità del Sacro Cuore (cfr nn. 109-150). Tra di essi non sono citati i fondatori dell’Università Cattolica, non a caso dedicata al Sacro Cuore come sintesi sapiente di ogni scienza e di ogni sapere, ma sappiamo quanto questa spiritualità abbia segnato la vita e l’opera di P. Agostino Gemelli e della beata Armida Barelli che avevano fatto proprio uno degli slogan più efficaci di tale tradizione: “Sacro Cuore mi fido di te”. Questa Enciclica sarà pertanto preziosa anche per riprendere e approfondire l’ispirazione originaria dell’Università Cattolica e verificare come tale dedicazione sia ancora oggi fonte di straordinaria fecondità e motivo di rinnovato impegno educativo e culturale.

Un articolo di

Mons. Claudio Giuliodori

Mons. Claudio Giuliodori

Assistente Ecclesiastico Generale di Ateneo

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