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Il dialogo in alternativa alla detenzione

08 giugno 2022

Il dialogo in alternativa alla detenzione

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Dall’unione di competenze psicologiche e giuridiche nasce il master in Giustizia Riparativa e Mediazione Penale, che partirà a settembre 2022 fino a giugno 2024 nel campus di Brescia.

La proposta didattica s’innesta in un contesto d’attualità politica e legislativa e risponde a un bisogno concreto esplicitato dalla Riforma Cartabia, varata ad ottobre 2021. Per farlo servono operatori opportunamente formati con competenze psicologiche e giuridiche: per questo il corso coniuga campi specialistici trasversali.

Da un lato il rigore scientifico «con docenti italiani e stranieri in grado di trasmettere le conoscenze più aggiornate in materia; dall’altro la traduzione operativa dei modelli d’intervento nell’ambito di progetti sperimentali» anticipa Giancarlo Tamanza, direttore del master e professore Associato di Psicologia Clinica della Facoltà di Psicologia.

L’obiettivo è creare un contestofavorevole al dialogo tra vittima e autore di reato, grazie al lavoro di mediatori. «Cosa col processo in tribunale e condanna non avviene» nota Tamanza.

A onor del vero la Restorative Justice «in Italia ha trovato spazio nel diritto penale minorile già dal 1988, col regime cosiddetto di “messa alla prova” previsto come alternativa al carcere per reati perseguibili con da 1 a 3 anni di detenzione» spiega Luciano Eusebi, co-direttore del master e professore ordinario di Diritto Penale presso la Facoltà di Giurisprudenza.

Se l’esito è positivo il reato è estinto, non si arriva alla condanna. Dal 2014 la misura è percorribile anche per gli adulti, per reati punibili fino a 4 anni. Un capitolo ignorato fino a trent’anni fa, che oggi si traduce col superamento di un modello antiquato di giustizia radicato nella nostra cultura per cui al bene si risponde col bene, al male si risponde con la punizione. Per fare in modo che ciò che oggi avviene sono a livello di progetti sperimentali venga messo “a sistema” occorre un cambio di paradigma. Lo confermano i dati.

«Le statistiche indicano che il tasso di recidiva migliora rispetto alla modalità detentive tradizionali. Quando l’autore di reato è in carcere il suo punto di riferimento, una volta uscito, rimane la gang o la criminalità organizzata. Il dialogo è più impegnativo rispetto al carcere “passivo”, aiuta a trovare nuovi riferimenti e destabilizza la malavita» specifica Eusebi.

A Brescia, in questi anni, sono già state avviate collaborazioni, ricerche e sperimentazioni in collaborazione con l’Ufficio di Mediazione Penale Minorile. Tra queste il progetto di Trekking Therapy per minori in messa alla prova e il progetto “Giustizia con la R” per vittime e autori di reato.

Iniziative favorite anche dalla presenza sul territorio di realtà sociali ed istituzionali (Comune di Brescia, USSM, UEPE, Istituto di Mediazione Familiare e Sociale, Cooperativa Area, Centro Studi Paolo VI “Mai più la guerra”).

Il corso è organizzato dall’Alta scuola in Psicologia Agostino Gemelli, su iniziativa della Facoltà di Psicologia, in collaborazione con il Centro di Ricerca sullo Sviluppo di Comunità e i Processi di Convivenza (CERISVICO), il Servizio di Psicologia Clinica e Forense del Dipartimento di Psicologia dell’Università Cattolica e con il Centro Studi Paolo VI “Mai più la guerra”.

Si svilupperà in 37 giornate formative in aula (è richiesta la frequenza ad almeno al 75% delle ore complessive) a cui vanno aggiunte due sessioni di Project Work e di valutazione intermedia, uno stage professionalizzante e la redazione di un elaborato finale consistente in un elaborato scritto sulla propria esperienza pratica da discutere davanti ad una commissione qualificata.

Un articolo di

Bianca Martinelli

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