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Il grande sogno di Armida Barelli

28 aprile 2022

Il grande sogno di Armida Barelli

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Pochi giorni e la Chiesa universale avrà due nuovi beati: Armida Barelli e don Mario Ciceri. In attesa della cerimonia di beatificazione, che avverrà sabato 30 aprile nel Duomo di Milano, numerosi gli appuntamenti promossi in città per conoscere più a fondo due figure che non solo hanno lasciato un segno nella storia del Paese ma che ancora oggi, attraverso la loro fede, il loro apostolato e il loro impegno educativo, sociale, civile, possono dire molto alle giovani generazioni.

A illustrare le iniziative che animeranno in questi giorni il capoluogo lombardo è stato un incontro promosso congiuntamente dall’Arcidiocesi di Milano e dall’Università Cattolica. Coordinato da Stefano Femminis, responsabile Ufficio Comunicazioni sociali Arcidiocesi di Milano, sono intervenuti Antonella Sciarrone Alibrandi, prorettore vicario dell’Università Cattolica, Paolo Seghedoni, vicepresidente nazionale dell’Azione Cattolica Italiana, monsignor Ennio Apeciti, responsabile del Servizio diocesano per le cause dei santi e postulatore della causa di beatificazione di don Mario Ciceri, e Barbara Pandolfi, vicepostulatrice della causa di beatificazione di Armida Barelli.

Armida Barelli e don Mario Ciceri, personalità così diverse tra loro ma a cui, ha detto Stefano Femminis, citando le parole dell’arcivescovo di Milano, monsignor Mario Delpini «rivolgiamo la stessa preghiera perché tutti i discepoli vivano la loro vita come risposta alla vocazione che Dio rivolge a partecipare della sua stessa vita, in ogni forma storica e in ogni stato di vita che lo Spirito fa fiorire nella santa Chiesa di Dio».

Questa beatificazione «è un momento importante per tutta la Chiesa, soprattutto per quella milanese», ha ribadito il prorettore vicario Antonella Sciarrone Alibrandi. «Ma anche per la nostra Università, visto il forte legame che ci unisce alla figura di Armida Barelli, cofondatrice dell’Ateneo». Inoltre, «è bello sapere che a distanza di cento anni la Cattolica sia ancora così viva. Un’Università nata grazie a un’idea di un gruppo di persone e di amici che condividevano insieme, in quegli anni così difficili, il medesimo progetto: puntare sulle giovani generazioni, dare competenze e formazione». E, ha aggiunto: «Iin tutto questo progetto Armida Barelli ha avuto un ruolo fondamentale aiutando quel gruppo di amici ad andare oltre una serie di ostacoli che si sono presentati».

Era una donna «con spiccate caratteristiche organizzative e di visione» ma con una «fede incrollabile», senza la quale sicuramente il suo progetto non sarebbe arrivato in porto, riuscendo a trainare un’immensa rete di persone che ancora oggi accompagnano questo percorso. Infine, «ci fa piacere che la beatificazione avvenga il giorno prima della Giornata Universitaria, che si svolgerà domenica 1° maggio: un’idea di Armida Barelli che, attraverso la Chiesa e tutto il territorio nazionale, mantiene viva l’importanza di un Ateneo come il nostro: per tutti, accogliente e inclusivo».

A rimarcare la forte attenzione rivolta da Armida Barelli alle giovani generazioni è stato anche Paolo Seghedoni. E lo ha fatto ricordando il ruolo da lei giocato nella fondazione della Gioventù femminile (Gf). Un’«impresa pazzesca», come l’aveva definita padre Mauri, primo assistente della Gf, e, al tempo stesso, «straordinaria» grazie alla formazione e alla crescita spirituale, culturale, sociale di milioni di ragazze. Una beatificazione tanto attesa dall’associazione, cresciuta insieme alla spinta di Armida, e accompagnata da una lunga serie di incontri promossi su tutto il territorio nazionale per far conoscere, soprattutto ai giovani, la sua figura di «Sorella Maggiore». E, in particolar modo, la sua «attualità, avendo saputo rompere gli schemi e immaginare una nuova modalità di essere nella Chiesa».

I giovani, dunque. Gli stessi a cui don Mario Ciceri ha dedicato la sua attività. «Un fervore per le giovani generazioni che ha caratterizzato la sua breve, ma significativa opera: era nato l’8 settembre del 1900 e morì a soli 45 anni», ha dichiarato monsignor Ennio Apeciti. «È stata una figura discreta e animata dal desiderio ardente di diventare santo». Una vita normale come quella di tanti preti. La frase “si può sempre fare” rende appieno la sua opera, contraddistinta da un’«intelligenza del bene», dal «credere in quello che faceva» e dal «vivere la sua normalità». Soprattutto in un momento difficile per il Paese, a cavallo tra la Prima e la Seconda guerra mondiale.

Già perchè anche «Armida è stata una donna che ha vissuto da protagonista in un periodo complesso della storia italiana», ha fatto eco Barbara Pandolfi. «La sua percezione era quella di una donna inserita nel suo tempo, mossa da una fede operosa, intesa come fiducia negli altri e nel futuro, e che le ha reso possibile vedere il mondo con occhi nuovi». È fondamentale ricordare la sua grande intuizione di intendere la formazione non solo come religiosa ma anche sociale e civile. «Ha contribuito a far uscire le donne dal loro silenzio. Non solo le ha accompagnate alla prima espressione di voto, senza dimenticare che alcune esponenti della Gf hanno preso parte alla Costituente». Non a caso il motto che l’ha accompagnata per tutta la vita è stato: “Saper sognare in grande”.

Insomma, una vera e propria «pioniera» la cui opera è stata ripercorsa nel documentario Armida Barelli. Essere per agire, a cura della giornalista e conduttrice tv Monica Mondo, realizzato da TV2000 in collaborazione con l’Università Cattolica e che andrà in onda sabato 30 aprile, alle ore 20.55, sull’emittente televisiva della Conferenza episcopale italiana.

Un articolo di

Katia Biondi

Katia Biondi

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