Non ha perso fragranza il profumo di Armida Barelli. Lo si respira fra i numerosi presenti, fuori e dentro il Duomo di Milano, in occasione della sua beatificazione. Dai giovani collegiali, arrivati dalle diverse sedi dell’Università Cattolica, ai docenti e al personale amministrativo, fieri di avere tra i fondatori una donna che ancora oggi può indicare vie da percorrere nel campo civile, sociale, culturale e religioso. Emozionata e orgogliosa anche la senatrice Rosy Bindi, per molti anni impegnata nell’Azione Cattolica, dalla militanza di base alla vicepresidenza nazionale. «Armida Barelli ha aperto la strada per molte donne: ci ha detto che tutto è possibile. Alle ragazze direi di prendere esempio da lei, di credere in se stesse, di stimarsi: noi donne possiamo puntare a grandi traguardi poiché quelli posti da Armida sono ancora validi. La Barelli «ha messo al primo posto la cultura, riuscendo a coniugare quella colta per le classi dirigenti con quella popolare. Le conquiste delle generazioni precedenti non sono scontate».
Riflessioni condivise anche da Elisabetta, studentessa della Facoltà di Medicina della sede di Roma, che con un gruppo di compagne, non è voluta mancare a questo importante appuntamento per l’Università Cattolica, anche perché, come dice la positio, “ella volle la facoltà di Medicina al punto da preferirla come dono del Signore alla guarigione dalla malattia che poi la condusse alla morte”. «Armida Barelli ci dice che se ci impegniamo possiamo raggiungere i nostri obiettivi» racconta Elisabetta. «Per esempio, nel connubio tra fede e ragione: da studente di medicina, penso che siano ancora due mondi separati che faticano a incontrarsi».
Arriva dalla città di Padova Anna, accompagnata da due amiche e dalla famiglia, iscritta alla magistrale in Media education alla Facoltà di Scienze della formazione. «Leggendo cosa ha fatto nella sua vita, vorrei avere la sua forza per cogliere le sfide di oggi come seppe fare lei allora. Ha avuto molto coraggio, anche a fondare l’Università Cattolica».
Per Gianluca D’Amato, della Biblioteca della sede di Milano, Armida è stata una vera scoperta: «La beatificazione mi ha dato l’occasione di conoscere a fondo la sua biografia. È stata una donna forte e intelligente, una donna di fede. Il suo protagonismo è da imitare. Come è emerso dallo spettacolo “1921. Sull’orlo del futuro” dei professori Chiara Continisio e Paolo Colombo, mentre c’era chi preparava i giovani alla guerra, lei e Gemelli lavorarono per la formazione dei giovani, portandone alla laurea quasi 300mila».
Pierpaolo Triani, docente di Pedagogia, confida che «sono molte le sollecitazioni che la vita e l’opera della Barelli ci dona. Ne vorrei sottolineare una: costruire reti e legami. La sua attività parla dell’intreccio fecondo degli ideali, della fede, dei rapporti vitali e significativi tra le persone».
Per la professoressa Elena Marta, presidente di Educatt «è innegabile il valore dell’opera di Armida Barelli per l’affermazione della donna nella società e nella Chiesa. Quel che è più dirompente e moderno nella sua azione non è solo lo sviluppo e la promozione di un protagonismo sociale e apostolico della donna, ma il fatto che potesse essere raggiunto attraverso una formazione culturale approfondita, mirata alla crescita, personalizzata, dell’eterogeneo universo femminile. L’aspetto innovativo del suo pensiero non consiste tanto nell’aver invitato le donne a uscire di casa, a impegnarsi nella vita pubblica ma a farlo con consapevolezza, autonomia, libertà, in nome di ideali e valori fondativi dell’essere umano».
Come racconta il professor Pierluigi Malavasi, docente di Pedagogia, «appassionata amante del Sacro Cuore, Armida ha dato la vita e generato con la sua profondità educativa (anche) l’Università Cattolica. Beata lei e beati noi nel segno dell’intelligenza del cuore».
Una figura di santa che più si conosce più si sente viva. La sua eredità può arricchire ancora oggi la gioventù. E non solo.