Bendata, con una bilancia e una spada in mano. La giustizia come ce la immaginiamo sembra avere poco a che fare con bellezza, inclusività e sostenibilità. Eppure è proprio il rapporto tra bellezza e giustizia a chiudere la prima fase di #NEBBuildsCommunityAesthetics!, l’iniziativa con cui l’Università Cattolica aderisce a New European Bauhaus. Il progetto europeo vuole costruire un futuro inclusivo e sostenibile, che parta dalla bellezza per creare luoghi di incontro e ambienti sociali attraverso il dialogo tra teknè e arte: un dialogo tra artisti, docenti ed esperti di giustizia riparativa nella Sala Fontana del Museo del 900 a Milano è un passo in questa direzione. La Conversazione è stata introdotta dalla professoressa Federica Olivares, coordinatore d’Ateneo del progetto e direttore dell’International Program and Master in Cultural Diplomacy. Il titolo era “The Art of the Encounter: Building a Beauty that Builds an Inclusive and Just Environment”.
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«Bellezza, sostenibilità, insieme. Il motto del progetto New European Bauhaus sembra non centrare nulla con i sistemi di giustizia convenzionali -sottolinea la professoressa Claudia Mazzuccato, docente di Diritto Penale e Giustizia Riparativa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore e moderatrice del dibattito-. Essi tendono a separare le parti in conflitto, sono insostenibili in termini di costi economici e umani. Bellezza ed estetica pronunciati in prigioni e celle sembra quasi un insulto. C’è un'altra giustizia possibile, è la giustizia riparativa: un procedimento raccomandato da Nazioni Unite e incoraggiato anche dall’Unione Europea, in cui persone lese e responsabili del danno partecipano assieme e attivamente alla risoluzione delle questioni derivanti dal danno con l’aiuto di un mediatore imparziale».
L’Arte stessa è emblema di questa contrapposizione tra giustizia tradizionale e nuova giustizia. È il caso di Arturo Martini e della sua “La Sete”, ospitata proprio nel Museo del 900. Come raccontato dal padre gesuita e artista Guido Bertagna, l’autore lavorò negli stessi anni sia alla costruzione del Palazzo di Giustizia di Milano, perfetto esempio del Novecento architettonico caro al fascismo e simbolo della giustizia convenzionale, sia a quest’opera molto più delicata e intima che rappresenta una donna con un bimbo in braccio china su quella che si intuisce essere una superficie d’acqua. L’Arte diventa quindi uno strumento per immaginare un volto nuovo per la Giustizia.
«L’Immaginazione è la più politica tra le facoltà umane -conferma Brunilda Pali, ricercatrice del Leuven Institue of Criminology- perché mostra che la realtà non è fissa ma mutevole. Per me è una fonte di ispirazione potente per lavorare sulla giustizia e soprattutto l’ingiustizia sociale, per non accettarla. Specialmente in questo campo noi sappiamo che quello che è percepito come giustizia oggi in realtà cambia nel tempo e da paese a paese. Questo ci dà il potere e il dovere di re-immaginarla. L’Arte ha il potere di lavorare sull’immaginazione. Attraverso essa possiamo creare un mondo: La Sete ne è un esempio».
«La sete di giustizia è un sentimento comune -commenta il professor Gabrio Forti, docente di Diritto Penale e direttore dell’Alta Scuola sulla Giustizia Penale “Federico Stella” dell’Università Cattolica-. Ma la giustizia non può esistere senza la comprensione della singolarità di ogni caso e delle persone coinvolte in esso. Il giudice deve sempre trovare l’equilibrio tra il sistema delle leggi e il singolo caso. È richiesta la capacità di essere attenti, ascoltare. Anche l’esperienza estetica è un grande momento di ascolto. Quando vediamo qualcosa di bello restiamo senza fiato, apriamo uno spazio di silenzio dentro noi stessi dove ricreiamo nella nostra mente quello che ha visto l’artista».
Bellezza e giustizia possono ritrovarsi assieme su un tavolo da gioco. “Viaggio alla scoperta dell’altro” è un gioco ideato da Bertagna e Mazzuccato nell’ambito di un progetto dell’Agenzia Italiana per la Cooperazione e lo Sviluppo in El Salvador. Una sorta di gioco dell’oca pensato per aiutare i bambini a uscire dal contesto di violenza e povertà in cui nascono e imparare a conoscere l’Altro: «Questo lavoro artistico cerca di far fare un cammino alle persone. Anche la giustizia riparativa propone un percorso che uno accetta di fare. L’Arte è così: deve essere liberamente accolta, devi farti portare fuori dal linguaggio artistico. Questo gioco ti obbliga a uscire da te ed entrare attraverso parole e gesti nella terra dell’Altro».
«Attraverso “Viaggio alla scoperta dell’Altro” capiamo come l’immaginazione dà il potere ai bambini di capire e cambiare il proprio mondo. Prima lì fa approfondire la realtà in cui vivono, perché vivono in povertà e violenza. È fondamentale partire dalla realtà perché immaginazione non è creare quello che si vuole. È fondata sulla realtà, prima la capisce e poi la trasforma» conclude Pali.
Un approccio simile è quello che caratterizzerà la seconda fase di #NEBBuildsCommunityAesthetics!, in partenza a gennaio 2022. Saranno organizzati dei Future Labs, a cui saranno invitati a partecipare studenti, partner del progetto, stakeholder ed esperti e in cui, partendo dagli strumenti e dalle pratiche elaborati nelle tre conversazioni, si proverà a immaginare tre tipi di futuro sostenibile e inclusivo: uno distopico, uno utopico e uno desiderabile. I risultati saranno raccontati in formato digitale nella seguente fase del progetto.