L’esperienza positiva di studio di mamma Marina è stata sicuramente importante e ha, senza dubbio, avuto molto influenza nel momento in cui suo figlio ha dovuto scegliere l’università a cui iscriversi, tanto che Nicolò racconta di aver partecipato solamente all’Open Day della Cattolica: «Mia madre mi parlava sempre dell’Università Cattolica come di uno snodo cruciale nella realizzazione della propria vita personale e professionale; quando lo faceva vedevo accendersi nei suoi occhi un lampo di malinconia. Forse è proprio da quei racconti che è maturata in me la voglia non di studiare in Cattolica, ma di sperimentare la Cattolica. E ora che anch’io mi sono laureato, che ho concluso il mio percorso di studi, mi rendo conto di come questa esperienza abbia inciso profondamente il mio modus operandi, il mio approccio ai problemi, il mio relazionarmi con le persone con cui lavoro».
La soddisfazione per il proprio percorso di studio l’alumnus Nicolò – che si è laureato con il preside della Facoltà di Giurisprudenza Stefano Solimano, discutendo una tesi in Storia del diritto - la deve, in particolare, all’incontro con docenti che «oltre che essere molto preparati, erano prima di tutto molto appassionati alle loro discipline. Era incredibile come anche per materie per cui nutrivo, in principio e a priori scarso interesse, la passione sia cresciuta, giorno dopo giorno, ascoltando le parole di chi quelle cose non solo le ha studiate e approfondite per una vita ma, in molti casi, le mette in pratica quotidianamente. In questo modo ho potuto sviluppare una utile attenzione verso l'aspetto pratico dei concetti giuridici, senza per questo, perdere la criticità che deve sempre avere uno studioso rispetto soluzioni che appaiono, a prima vista, granitiche».
Fondamentali per il suo percorso di formazione sono stati anche gli amici, i compagni di corso; Nicolò è infatti convinto che la Cattolica sia «un melting pot di giovani menti brillanti provenienti da tutta l'Italia e che queste amicizie nate tra il fruscio di pagine di libri sfogliati spasmodicamente prima degli esami, e maturate nello studio insieme, sono state uno dei momenti di confronto più arricchenti della mia vita universitaria». Un suo valore positivo l’ha avuta anche l’esperienza di essere uno studente “fuori sede”. Se i primi mesi da matricola, infatti, non sono stati facili – confessa Nicolò – per via del passaggio da una città di provincia come Loano a un grande capoluogo come Milano e soprattutto per via del problema degli affitti che ha fatto sì che trovasse casa solo a Sesto San Giovanni, a 40 minuti dall’Università, a poco a poco ogni difficoltà è divenuta un’opportunità: «Lo spaesamento si è trasformato nella scoperta della bellezza in una città dalle mille risorse e occasioni. Così come la distanza da casa mi ha portato a conoscere i vari servizi offerti dall’università agli studenti: dalla mensa alle aule studio». Perché andare in università, non solo per seguire le lezioni e sostenere gli esami, ma per studiare, fare una ricerca in biblioteca o in emeroteca, incontrarsi nei chiostri o anche solo bere un caffè al bar con gli amici fa la differenza.
A proposito mamma Marina ricorda un aneddoto che vede protagonista il professor Valerio Manfredi, docente di Geografia storica del mondo antico: «Come prima domanda al suo esame mi chiese che materiale avrei scelto, per tenere insieme la malta dei mattoni, se mi fossi trovata a vivere nell'impero persiano al tempo di Senofonte. Davanti alla mia sorpresa mi spiegò che il vero storico deve calarsi nella vita degli uomini antichi che sta studiando e immaginare di risolvere i loro problemi, soprattutto quelli materiali. Solo così si potrà capire come ragionavano». Ugualmente vivere da vicino, fisicamente nei suoi spazi e nei suoi tempi, l’università permette maggiormente di apprendere e far proprio tutto quel capitale di saperi e valori sulla base del quale poter imbastire il proprio futuro professionale e personale.