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Inaugurazione, il Rettore annuncia un Patto educativo per l’AI e il Piano Africa

17 gennaio 2025

Inaugurazione, il Rettore annuncia un Patto educativo per l’AI e il Piano Africa

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«Se dovessi riassumere l’essenza delle linee programmatiche del mio mandato rettorale ricorrerei alla formula secondo cui l’Università Cattolica del Sacro Cuore deve essere la migliore università per il mondo, non semplicemente la migliore università del mondo». Si è presentata con queste parole, pronunciate nel primo discorso inaugurale da rettore, la professoressa Elena Beccalli. Alla cerimonia di apertura dell’anno accademico 2024-2025, che si è svolta nell’Aula Magna dell’Ateneo venerdì 17 gennaio, sono intervenuti l’arcivescovo di Milano e presidente dell’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi superiori Mario Delpini, il ministro per l’Università e la ricerca Anna Maria Bernini, il Premio Nobel per la pace 2011 Leymah Gbowee e l’economista ghanese Ernest Aryeetey. Molte le alte cariche dello Stato e le autorità religiose presenti, tra le quali il cardinale Peter Turkson.

Ma che cosa significa essere la migliore università per il mondo? Il rettore Beccalli ha individuato tre linee ideali da percorrere: «servire il sapere con uno sguardo lungo e integrale per elaborare nuovi paradigmi, far dialogare le discipline per evitare di cadere nella parcellizzazione, educare donne e uomini di valore per insegnare a riconoscere la verità. Una visione che presuppone, per la sua attuazione, il coinvolgimento dell’intera famiglia universitaria e assume una valenza più ampia perché si interseca con una generale riflessione sul presente e sul futuro del sistema universitario».

In quest’ottica, ha detto nel suo saluto il presidente dell’Istituto Toniolo, l’arcivescovo di Milano Delpini, l’inaugurazione dell’Anno Accademico dell’Università Cattolica del Sacro Cuore «si celebra anche come invettiva contro la banalità». L’Ateneo la contrasta «perché propone di intendere il sapere come un fattore della sapienza», «perché propone lo studio del passato come una memoria che impedisce di appiattirsi sul presente e di ignorarne le radici», «perché si propone come università, cioè come luogo di incontro dei saperi e come contesto propizio per la ricerca della verità, cioè non solo della specializzazione sul particolare», «perché propone la dimensione umanistica di ogni competenza», «perché offre un contesto in cui le cose sono anche segni, gli oggetti sono anche messaggi», «perché intende la conoscenza come relazione».

Nel suo saluto il ministro dell’Università e della ricerca Bernini ha parlato delle studentesse e degli studenti come «il capitale umano, la forza, il detonatore del nostro impegno ed entusiasmo per rendere sempre più empatica e inclusiva la nostra comunicazione del sapere». E, affrontando le questioni cruciali per la conoscenza, ha affermato che «chi sa tenere insieme tecnologia e umanesimo, può vincere la sfida dell’intelligenza artificiale. AI e algoritmi hanno senso se ruotano intorno alla centralità della persona».

Su questa linea, il rettore Beccalli ha indicato due temi prioritari riguardanti le studentesse e gli studenti. «Il primo attiene al loro ruolo: siamo convinti che non siano utenti ai quali offrire un servizio, come una consolidata tendenza ci indurrebbe a fare, quanto piuttosto persone animate dalla speranza di vivere un’esperienza educativa che valorizzi le loro intelligenze multiple, ossia i tre linguaggi della testa, del cuore e delle mani spesso evocati da Papa Francesco. Il secondo tema riguarda il loro futuro: riteniamo che le università debbano preparare le classi dirigenti e le generazioni del domani nella consapevolezza che la professionalizzazione non è in alcun modo in sé sufficiente e, soprattutto, che non è il solo fine da indicare come orizzonte del percorso universitario».

Un articolo di

Katia Biondi e Paolo Ferrari

Katia Biondi e Paolo Ferrari

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Nella seconda parte del suo discorso la professoressa Beccalli ha affrontato «alcuni dati allarmanti relativi alla disuguaglianze educative» che possono essere affrontate anche attraverso la digitalizzazione e l’intelligenza artificiale. «Ciò che propongo è un Patto educativo per le nuove tecnologie e l’intelligenza artificiale» ha detto il rettore, secondo cui il presupposto «è che l’educazione può trarre benefici dalle nuove tecnologie quando queste fungono da mediatori, senza che esse diventino un fine in sé». Tre le questioni aperte da affrontare. «La prima è capire come l’intelligenza artificiale possa contribuire a perfezionare i metodi di insegnamento tradizionali, individualizzando l’approccio pedagogico per renderlo più adeguato al contesto senza, però, snaturare la conformazione epistemologica di istituzioni accademiche come la nostra. La seconda tocca l’aspetto della ricerca: l’Università Cattolica è il luogo ideale per far dialogare le discipline umanistiche e sociali con l’intelligenza artificiale. La terza questione attiene agli investimenti per colmare le disuguaglianze di natura tecnologica, che possono generare polarizzazioni tra chi usa e chi non usa l’intelligenza artificiale, alla luce del crescente digital divide tra i paesi». In particolare, la previsione di un aumento della popolazione globale di laureate e laureati richiede di «destinare risorse alla digitalizzazione per rendere accessibili i percorsi universitari a coloro che vivono nelle aree più povere del pianeta».

Per tutti questi motivi, «il Patto educativo per le nuove tecnologie e l’intelligenza artificiale dovrà necessariamente coinvolgere studenti, ricercatori, attori istituzionali e società civile» e si inserisce nel Patto educativo globale di Papa Francesco.

A conclusione del suo discorso, il rettore ha proposto un primo «banco di prova» per questa proposta. Si tratta del Piano Africa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, «una struttura d’azione, in coerenza con l’indirizzo di sempre maggiore apertura dell’Ateneo, che mira a porre il continente africano al cuore delle progettualità educative, di ricerca e di terza missione. Secondo uno spirito di reciprocità, l’Università Cattolica intende ampliare i percorsi per la formazione di giovani africani in loco o nel nostro paese, diventare polo educativo per i giovani africani di seconda generazione che vivono in Europa, spesso ai margini, pur rappresentando una parte rilevante del nostro futuro, nonché rendere sempre più sistematiche le esperienze curriculari di volontariato per i nostri studenti. L’aspirazione è diventare l’università europea con la più rilevante presenza in Africa, attraverso partnership con atenei e istituzioni locali, nell’ottica di un arricchimento vicendevole, per la formazione integrale delle persone e la promozione della pacifica convivenza sociale». L’Africa sarà al centro anche delle giornate inaugurali che si terranno nelle altre sedi dell’Università Cattolica.


«Proprio l'intelligenza artificiale e l'Africa, su cui il Governo punta moltissimo con il Piano Mattei», ha inoltre dichiarato nel suo saluto il ministro Bernini, «sono i protagonisti di questi tempi ed è importante che siano state messe insieme in questa inaugurazione dell'anno accademico per identificare uno scenario futuro profondamente innovativo».

La cerimonia è proseguita con le prolusioni affidate al Premio Nobel Gbowee e al professor Aryeetey, accomunate dal potere trasformativo dell’educazione.

Non a caso Leymah Gbowee, che con il suo movimento femminile ha dato un impulso determinante alla fine della seconda guerra civile in Liberia favorendo così la costruzione della pace, ha raccontato che all’indomani del Premio si è dedicata a creare una fondazione per permettere alle ragazze di studiare. Ed è quello che tuttora fa la Gbowee Peace Foundation Africa (GPFA), che ha sede a Monrovia in Liberia e offre opportunità di sviluppo educativo e di leadership per donne e giovani.

«Sono convinta che l’educazione sia un’assicurazione sulla vita e l’istruzione un investimento a 360 gradi. Perché non si studia solo per arricchirsi, ma per trasformare sé stessi e il mondo, per dare dignità alle persone, per capire che, indipendentemente dal colore della pelle, siamo tutti esseri umani e dobbiamo rispettarci». È per questo che per la Premio Nobel «l’essenza della pace non è assenza di guerra, ma creazione di condizioni che diano dignità a tutti. Se ciascuno in un paese può dire di vivere “in dignità” allora in quel paese c’è la pace. Il valore della formazione sta nel riconoscere l’umanità dell’altro. È importante, in quest’ottica, lo scambio tra l’Università Cattolica e l’Africa per il confronto intellettuale, la ricerca e il riconoscimento dei doni e dei talenti reciproci».

Di investimento sulle giovani generazioni africane ha parlato anche il presidente del Consiglio di amministrazione dell’African Economic Research Consortium, già Segretario generale dell’African Research Universities Alliance, Ernest Aryeetey, secondo cui «le strutture economiche di molti Paesi dell’Africa subsahariana non si sono trasformate a sufficienza per creare un numero di posti di lavoro adeguato a soddisfare la crescente domanda della popolazione giovanile. Inoltre, molte iniziative trascurano lo sviluppo di competenze trasversali essenziali. E spesso anche le barriere culturali limitano la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. La necessità di approcci trasformativi a lungo termine che affrontino queste sfide strutturali sta diventando sempre più urgente. Per affrontare efficacemente la crisi della disoccupazione giovanile in Africa è necessario uno sforzo comune che affronti direttamente le principali sfide strutturali del continente».

Va proprio in questa direzione il Piano Africa dell’Università Cattolica che ha al centro la sfida educativa, come ha ribadito il rettore chiudendo il discorso: «Anche grazie alle opportunità offerte dal digitale, l’educazione potrà rappresentare l’effettivo motore propulsivo per l’elaborazione di seri percorsi di pace, per la riduzione delle disuguaglianze tra diverse regioni del pianeta e per la formazione di donne e uomini orientati al perseguimento del bene comune. Ecco la forza dell’education power».

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