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La migliore Università per il mondo

17 gennaio 2025

La migliore Università per il mondo

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Rivolgo a ciascuno di voi un cordiale benvenuto alla cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico 2024/2025 dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Cordiale in senso etimologico, che viene dal cuore. Ed è proprio con il cuore aperto e non privo di emozione che pronuncio il mio primo discorso inaugurale.

Ringrazio per la loro presenza le Autorità Accademiche, i Magnifici Rettori e loro rappresentanti, le Autorità Religiose, Civili e Militari. In particolare, mi è gradito rivolgere un saluto deferente a Sua Eminenza Reverendissima Cardinale Peter Turkson e alle Alte Cariche dello Stato presenti. Un ringraziamento sincero al Signor Ministro dell’Università e della Ricerca Anna Maria Bernini, che saremo lieti di ascoltare. Il mio non è un ringraziamento di circostanza: la vostra partecipazione ci onora e rafforza la consapevolezza di poter stringere alleanze strategiche per alimentare la nostra idea di università.

Saluto e ringrazio l’Arcivescovo di Milano, Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Mario Delpini, Presidente dell’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori, per aver presieduto la celebrazione eucaristica nella Basilica di Sant’Ambrogio e per le riflessioni che vorrà rivolgerci tra poco. Grazie Eccellenza per la Sua costante vicinanza e per la Sua sapiente guida.

Saluto l’Assistente Ecclesiastico Generale dell’Ateneo, Sua Eccellenza Reverendissima Mons. Claudio Giuliodori, gli assistenti pastorali, i docenti di teologia e la fraternità francescana dei Frati Minori. Il vostro contributo è fondamentale per contraddistinguere l’Ateneo come un luogo aperto, libero e, al contempo, profondamente radicato nella Chiesa cattolica.

Saluto e ringrazio gli stimatissimi colleghi e colleghe docenti, le ricercatrici e i ricercatori, le assegniste e gli assegnisti di ricerca, le dottorande e i dottorandi. Dal loro impegno, in forme e modalità differenti, dipende il prestigio dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Li ringrazio per l’azione quotidiana che svolgono nei cinque campus nei quali è articolata la nostra presenza sul territorio nazionale, qui a Milano, a Roma, a Brescia, a Piacenza e a Cremona.

Rivolgo un caloroso saluto e un ringraziamento al Pro-Rettore Vicario, la prof.ssa Anna Maria Fellegara, e ai Delegati rettorali per il sostegno che mi assicurano quotidianamente. Ringrazio i Presidi, per la lodevole opera svolta alla guida delle rispettive Facoltà e per lo spirito di autentica collegialità con cui, nell’ambito del Senato Accademico, interpretano il loro mandato. In particolare, auguro buon lavoro ai nuovi Presidi, i professori Marco Allena, Pier Sandro Cocconcelli, Giovanni Petrella, Andrea Santini e a quelli che sono stati quest’anno confermati nel loro ruolo. Un saluto riconoscente ai professori Guido Merzoni e Marco Trevisan che, nell’anno trascorso, hanno concluso il loro incarico.

Un saluto, unito a un sentito ringraziamento, va ai membri del Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo e del Comitato di indirizzo dell’Istituto Giuseppe Toniolo di Studi Superiori. Ringrazio altresì il Direttore Generale, i Direttori di Sede, la struttura manageriale e il personale tecnico-amministrativo, che operano ogni giorno al servizio della comunità universitaria. Un servizio cui contribuisce fattivamente la Fondazione EDUCatt con l’impegno di tutte le sue componenti, che ringrazio. Mi è gradita l’occasione per salutare il nuovo Presidente della Fondazione Policlinico Universitario Agostino Gemelli IRCCS, Daniele Franco, e gli esponenti del Consiglio di amministrazione. Ciò che rende unica e unitaria la nostra grande famiglia è proprio la logica di sinergia che ne orienta i rapporti, una sinergia da preservare e rafforzare.

Per coloro che mi ascoltano per la prima volta, risulterà forse inconsueto che abbia utilizzato la parola famiglia per identificare l’intera Università Cattolica. È un termine che uso abitualmente perché credo che renda in maniera vivida qual è la nostra identità, quella cioè di un organismo che necessita di una cooperazione tra le diverse sensibilità che lo animano. Solo con questa cooperazione creativa e responsabile è possibile sentirsi una famiglia con il compito primario di formare con qualità e rigore le studentesse e gli studenti che ci hanno scelto, e che saluto con particolare affetto. Siete voi che dovete vivere pienamente l’esperienza universitaria nelle aule, nei collegi e in tutti gli spazi di cui potete usufruire, attraverso un confronto costante tra di voi e con i docenti in quella che è la nostra comunità educante. Non mi stancherò mai di ripetere che studenti e alumni sono i protagonisti e gli ambasciatori della nostra missione.

Desidero formulare un pensiero particolare e, un ringraziamento sincero e profondo, mio personale e a nome dell’intero Ateneo, al compianto Professor Franco Anelli. In qualità di Rettore dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, per oltre un decennio, ha operato in modo da consolidare il prestigio dell’Ateneo e rafforzarne la proiezione interna e internazionale. Tutta la nostra comunità universitaria ne serba un ricordo grato, che il tempo sono certa non sbiadirà.

In questi giorni la nostra comunità è stata toccata da un’ulteriore perdita. Consentitemi di ricordare con affetto il Professor Fausto Colombo, di cui tutti abbiamo apprezzato il tratto umano e il contributo come docente e Pro-Rettore di questo Ateneo.

Nel corso della cerimonia ascolteremo le prolusioni di due insigni personalità. Interverranno prima Ms. Leymah Gbowee, premio Nobel per la pace 2011, che con il suo movimento femminile ha dato un impulso determinante alla fine della seconda guerra civile in Liberia, favorendo così la costruzione della pace. E poi il Professor Ernest Aryeetey, economista dell’Università del Ghana, che è stato Segretario generale dell’African Research Universities Alliance. Vi esprimo la più viva gratitudine per aver accolto il nostro invito poiché la vostra presenza rappresenta in maniera tangibile la missione e il messaggio di apertura al mondo dell’Università Cattolica.

1.

La valorizzazione della proiezione internazionale è un tratto che ha caratterizzato in maniera particolare l’anno accademico appena trascorso. In base agli ultimi dati, si è registrato un aumento di circa il 18% nel numero di studenti internazionali provenienti da tutti i continenti che hanno scelto di iscriversi nei nostri percorsi. Virtuosa è anche la circolarità globale della comunità studentesca: secondo l’ultimo QS Europe Ranking, l’Università Cattolica del Sacro Cuore si classifica al primo posto in Italia per outbound students, pari a circa 3.000 studenti in uscita. Altrettanto rilevante è la presenza di inbound students, che colloca l’Ateneo al terzo posto in Italia, con circa 2.000 studenti che scelgono dall’estero di studiare in Cattolica. Dunque, possiamo affermare che la nostra è un’Università a dimensione nazionale che si qualifica come un “microcosmo internazionale”. Estesa è la rete di partner a livello globale con oltre 600 università in 82 paesi; in particolare sottolineo le collaborazioni consolidate con 36 dei primi 100 atenei del mondo (QS University Ranking 2024). Sono qualificati e numerosi i programmi di doppia laurea (attualmente 112 accordi), come pure gli scambi di docenti e i progetti di ricerca congiunti. Tutte iniziative che consolidano la nostra reputazione globale e potenziano le opportunità per gli studenti.  

Altri indicatori di linee progettuali innovative riguardano l’offerta formativa che si è arricchita con nuovi corsi di laurea, raggiungendo oggi un totale di 107, con 29 corsi di laurea o profili erogati in lingua inglese. Tra quelli avviati – dal carattere interdisciplinare e in dialogo con i territori – spiccano i programmi in Business and finance attivato nella sede di Brescia in inglese, in Medicine and surgery a Bolzano sempre in inglese, e in Medicina e chirurgia a indirizzo tecnologico con l’Università di Roma Tre. Complessivamente, nell’anno accademico 2024/25, gli iscritti sono 45.441, di cui 13.596 nuovi immatricolati nei corsi di laurea, segnando una crescita sulle magistrali. È sempre notevole e convinto il sostegno dell’Ateneo al diritto allo studio per rendere accessibili a tutti percorsi di qualità: solo nel 2022/23, l’investimento destinato ad agevolazioni economiche e borse di studio è stato di 22,3 milioni di euro.

Il nostro Ateneo si conferma come un centro di eccellenza nella ricerca scientifica in Italia e in Europa, con un portafoglio di circa 1.400 progetti attivi per un valore complessivo di 140 milioni di euro e un censimento di 4.300 pubblicazioni scientifiche nel 2024. Sono più di 160 i progetti finanziati dall’Unione europea – di cui la metà con Horizon 2020 e Horizon Europe – e che hanno assicurato all’Università finanziamenti per oltre 44 milioni di euro dal 2018 al 2023. Ricerca e terza missione, con un approccio transdisciplinare, si sono spesso intersecate generando benefici per la collettività attraverso le iniziative dei 39 Dipartimenti, delle 8 Alte scuole, dei 4 Centri di Ateneo e dell’alleanza strategica SACRU, all’interno della più ampia rete della FIUC - Federazione Internazionale delle Università Cattoliche.

Per esigenze di sintesi, mi sono limitata a evocare solo alcuni aspetti che ritengo emblematici, tenendo conto del contesto esterno indubbiamente articolato e complesso. Ma non posso esimermi dal richiamare gli importanti sviluppi sulla riqualificazione della Caserma Garibaldi. Inserita nel complesso storico di Sant’Ambrogio ed edificata sull’antico e più grande convento francescano di Milano, essa riveste un significato simbolico per l’Ateneo, per la città e non solo. Una grande opera resa possibile dall’impegno dei due Rettori che mi hanno preceduto, Lorenzo Ornaghi e Franco Anelli, i quali hanno portato avanti il lungimirante piano di un campus urbano di straordinario valore. Desidero ringraziare le istituzioni nazionali e locali per la decisiva collaborazione nella realizzazione di questo progetto, considerato un modello a livello nazionale. Come avete potuto vedere entrando in Largo Gemelli, il completamento della prima ala è in via di conclusione e confidiamo di poterla inaugurare in primavera. Saranno spazi belli e all’avanguardia, destinati ad accogliere aule pensate per dare maggiore concretezza alla nostra idea di Università.

2.

Se dovessi riassumere l’essenza delle linee programmatiche del mio mandato rettorale ricorrerei alla formula secondo cui l’Università Cattolica del Sacro Cuore deve essere la migliore università per il mondo, non semplicemente la migliore università del mondo. In altre parole, un’Università a servizio del mondo. Concezione questa che ha radici antiche.

Il termine universitas – «che contiene l’idea del tutto e quella della comunità», come ci ricorda Papa Francesco (Bologna, 1° ottobre 2017) – indicava inizialmente la corporazione di allievi e maestri che curavano insieme l’istruzione e la cultura nelle città. Di lì, le prime università nacquero accanto a cattedrali e monasteri, e comunque vicino a piazze, mercati e snodi di comunicazione. Istituzioni, cioè, immerse nel mondo nelle quali si dibatteva attorno alle quaestiones, ossia alle domande radicali per il mondo. Mi piace pensare che questo spirito originario non si sia esaurito e continui ad alimentare un’idea di università come luogo di incontro e confronto libero, aperto e rispettoso, ove si contribuisce a edificare il bene comune nella ricerca della verità. Proiettandoci all’oggi in un - forse audace - parallelismo è evidente che il sistema universitario milanese abbia pienamente beneficiato del suo essere immerso nella città in virtù dell’attrattività e della forza propulsiva che le viene riconosciuta. Benefici che però oggi risentono del peso dei costi della residenzialità, un tema questo che impone un’azione comune, pubblico-privata, attraverso sinergie che stanno già prendendo forma tra atenei e istituzioni. Costruire la migliore università per il mondo significa infatti mantenere viva l’idea fondativa di università, scrutando, di anno in anno, le trasformazioni della società, i bisogni delle nuove generazioni, le esigenze della didattica e della ricerca.

Richiamare alla memoria l’idea di università che mira all’universalità, cioè a tutti e a ciascuno, ha un particolare significato in questo anno accademico che segna i cento anni dal riconoscimento giuridico del nostro Ateneo da parte dello Stato italiano come «università libera», attraverso il Regio decreto del 2 ottobre 1924. Un traguardo raggiunto qualche anno dopo l’effettivo inizio delle attività, reso possibile dalla lungimiranza e dalla caparbietà di padre Agostino Gemelli, di Armida Barelli e dei loro collaboratori. Oltre un secolo che costituisce un prezioso patrimonio di esperienze, ma allo stesso tempo incoraggia a rinnovarci attraverso progetti, iniziative, relazioni. L’inaugurazione odierna è dunque sì un rituale tipico del ciclo annuale della vita accademica, ma come ogni volta ci interpella ad aprire nuovi orizzonti.

Di fronte alle urgenze della nostra epoca, dalle disuguaglianze alle polarizzazioni laceranti, dalle guerre all’individualismo esasperato, il nostro sforzo deve intensificarsi. Il tutto con l’intento di valorizzare gli aspetti etici, di sviluppare un pensiero critico e di curare la dimensione relazionale. Ma anche con la volontà di favorire una formazione integrale della persona, per consentire di mettere a frutto i talenti delle studentesse e degli studenti. In sintesi, la nostra missione come comunità educante è dar vita a percorsi formativi riconoscibili e riconosciuti, che sappiano interpretare e declinare l’universalità dell’aggettivo cattolica.

Il sapersi continuamente interrogare sulle questioni radicali richiede la capacità di formulare domande di senso che guardino al futuro – senza limitarsi a dare risposte ai temi di ieri – e quella di confrontarsi con i paradigmi dominanti per proporre una visione nuova. Lo stesso Padre Agostino Gemelli in occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico 1929/30 ribadiva che l’Ateneo «vuole stimolare nei suoi collaboratori la pura ricerca scientifica, ben sapendo che in questo campo non bisogna lavorare per l’oggi, ma per il domani; non per la nostra generazione, ma per la ventura; non per l’ambizione personale di conquistare un nome celebre, ma per servire il sapere» (8 dicembre 1929). In tali parole si ritrova appieno l’idea di research university, chiamata a proporre adeguati modelli di studio e ricerca secondo le specificità di ogni disciplina, con uno spirito che è, nello stesso tempo, libero e orientato alla ricerca della verità. È così che l’università può offrire un contributo di pensiero alle questioni di fondo di ogni epoca, anche attraverso azioni sinergiche rese possibili da una rete di alleanze strategiche con enti e istituzioni. Proprio nella prospettiva di alleanze strategiche, accogliamo – ed estendiamo ad altri atenei – l’appello formulato da Papa Francesco nel recente Messaggio per la Giornata Mondiale della Pace a delineare “nuove architetture”, a partire da quella finanziaria, per promuovere cambiamenti culturali e strutturali.

Siamo ben consapevoli che l’obiettivo è arduo. Sappiamo, infatti, che all’interno del sistema universitario convivono specializzazioni settoriali che rischiano di generare una parcellizzazione del sapere e una perdita dell’orizzonte trasversale. È invece necessaria una maggiore attitudine a interpretare il presente in un’ottica integrale, proprio grazie al dialogo tra discipline umanistiche e applicate. Ogni processo educativo e culturale è infatti il risultato di contaminazioni e ibridazioni virtuose. Si comprende quindi l’impegno dell’Università dei cattolici italiani a valorizzare la transdisciplinarità come evoluzione dell’interdisciplinarità, da sempre nelle fondamenta del nostro Ateneo. Riecheggia l’«idea» newmaniana di università che, per quanto non contraria all’insegnamento delle scienze pratiche, ritiene che esse non debbano essere isolate da una visione globale. Un’università, si chiede John Henry Newman, «che cosa può insegnare dunque, se non insegna qualcosa di particolare? Insegna tutto il sapere insegnando tutte le branche del sapere» (J.H. Newman, The idea of University defined and Illustrated in Nine Discourses Delivered to the Catholics of Dublin, 1852, [166]). 

Un’università che vuole essere la migliore per il mondo non può prescindere poi da un ulteriore elemento, che però fatichiamo a mettere a fuoco, ovvero che cerchiamo di non affrontare perché è delicato, o addirittura ostico. Mi riferisco al valore educativo e culturale di una università che si misura nella capacità di formare donne e uomini di valore. Non sto parlando di trasmissione di valori in senso strettamente pedagogico, e men che meno ideologico, bensì del proposito di dare rilievo a questa dimensione. Quando si toccano aspetti che riguardano la nostra identità è sempre opportuno, credo, tornare alle parole del nostro fondatore, che nell’inaugurazione del 1937/38 esortava: «Bisogna mostrare al giovane universitario quali sono gli ideali che nella vita deve proporsi; bisogna abituarlo a perseguire con il lavoro, con il sacrificio le realizzazioni di questi ideali».

Per riassumere, se l’Università Cattolica del Sacro Cuore vuole essere l’Università migliore per il mondo dovrà convintamente ispirarsi alle tre linee ideali appena tracciate: servire il sapere con uno sguardo lungo e integrale per elaborare nuovi paradigmi, far dialogare le discipline per evitare di cadere nella parcellizzazione, educare donne e uomini di valore per insegnare a riconoscere la verità. Una visione che presuppone, per la sua attuazione, il coinvolgimento dell’intera famiglia universitaria e assume una valenza più ampia perché si interseca con una generale riflessione sul presente e sul futuro del sistema universitario. Fra i tanti temi in discussione penso che due debbano avere la priorità e riguardano entrambi i protagonisti della vita universitaria, ossia le studentesse e gli studenti. Il primo attiene al loro ruolo: siamo convinti che non siano utenti ai quali offrire un servizio, come una consolidata tendenza ci indurrebbe a fare, quanto piuttosto persone animate dalla speranza di vivere un’esperienza educativa che valorizzi le loro intelligenze multiple, ossia i tre linguaggi della testa, del cuore e delle mani spesso evocati da Papa Francesco. Il secondo tema riguarda il loro futuro: riteniamo che le università debbano preparare le classi dirigenti e le generazioni del domani nella consapevolezza che la professionalizzazione non è in alcun modo in sé sufficiente e, soprattutto, che non è il solo fine da indicare come orizzonte del percorso universitario.

Un articolo di

Elena Beccalli

Elena Beccalli

Rettore Università Cattolica del Sacro Cuore

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3.

Un’Università che vuole essere la migliore per il mondo non può ignorare alcuni dati allarmanti relativi alle disuguaglianze educative. L’educazione è giustamente considerata un mezzo per offrire parità nelle opportunità, ma il livello di istruzione presenta spesso una persistenza intergenerazionale, si tramanda, cioè, da una generazione all’altra perpetuando le disuguaglianze. Ce lo confermano i dati OCSE (Education at a glance 2024): a livello globale, il 30% degli adulti i cui genitori non hanno raggiunto il grado di istruzione secondario persiste nel non conseguire tale livello di istruzione. Ancora, a causa delle guerre, delle migrazioni e delle povertà, circa 250 milioni di bambini e giovani non hanno accesso all’istruzione. E sono proprio le bambine e le giovani a essere le più penalizzate. Sono i sintomi di una emergenza se non di una vera e propria catastrofe educativa, come ha denunciato Papa Francesco.

Un’Università come la nostra non può restare indifferente e deve proporre linee di intervento volte a garantire un accesso equo a un’istruzione di qualità, anche digitale. Reputo che uno di questi interventi chiami in causa la dibattuta questione dell’intelligenza artificiale la cui natura ambivalente è stata riconosciuta persino da Geoffrey Hinton, premio Nobel per la fisica per le sue scoperte sulle reti neurali artificiali. Un’ambivalenza che va affrontata a partire dalla questione antropologica, vista in relazione al cosiddetto paradigma tecnocratico. Quest’ultimo induce a ritenere la realtà, il bene e la verità come esiti spontanei della tecnologia tanto da portare alla negazione stessa dell’umano. Non sono pochi i rischi che ne derivano. Innanzitutto, la capacità d’azione dei dispositivi artificiali che talvolta induce a una vera e propria servitù volontaria, forse inconsapevole, da parte degli utenti. In secondo luogo, l’impatto delle macchine sul modo in cui pensiamo e prendiamo decisioni, tale da determinare un nuovo sistema cognitivo, che si aggiunge a quelli analitico e intuitivo. Infine, il delicato aspetto dell’autonomia degli algoritmi, che introduce il tema dell’attribuzione di responsabilità per le loro scelte.

Le ripercussioni in ambito educativo dei rischi appena ricordati sono notevoli e non è sufficiente una risposta settoriale, circoscritta a qualche paese o addirittura a qualche singola istituzione internazionale. Occorrono, ancora una volta, una visione d’insieme e alleanze strategiche. Ciò che propongo è allora un Patto educativo per le nuove tecnologie e l’intelligenza artificiale.

Il presupposto del Patto è che l’educazione può trarre benefici dalle nuove tecnologie quando queste fungono da mediatori, senza che esse diventino un fine in sé. Sulla base di tale considerazione di fondo, indico tre questioni aperte che trovano un approfondimento nell’ultimo numero della nostra storica rivista Vita e Pensiero.

La prima riguarda i metodi didattici. La sfida più impegnativa e impellente è capire come l’intelligenza artificiale possa contribuire a perfezionare i metodi di insegnamento tradizionali, individualizzando l’approccio pedagogico per renderlo più adeguato al contesto senza, però, snaturare la conformazione epistemologica di istituzioni accademiche come la nostra.

La seconda tocca la ricerca sulla stessa intelligenza artificiale. È necessario un approccio integrato e interdisciplinare che coniughi la conoscenza degli aspetti tecnici con la complessità dei processi e dei contesti cognitivi e sociali. Da questo punto di vista, l’Università Cattolica è il luogo ideale per far dialogare le discipline umanistiche e sociali con l’intelligenza artificiale attraverso corsi rivolti a studenti, come anche a sviluppatori e fruitori della stessa.

La terza questione, infine, attiene agli investimenti per colmare le disuguaglianze di natura tecnologica che, alla luce del crescente digital divide tra paesi, possono generare polarizzazioni tra chi usa e chi non usa l’intelligenza artificiale. Secondo le proiezioni dell’OCSE, la popolazione globale di laureate e laureati è destinata quasi a raddoppiare nel decennio in corso, raggiungendo i 300 milioni entro il 2030. Per poter servire un numero così elevato di studenti, tenendo conto della sostenibilità della mobilità globale, emerge la necessità di destinare risorse alla digitalizzazione per rendere accessibili i percorsi universitari a coloro che vivono nelle aree più povere del pianeta.

Il Patto educativo per le nuove tecnologie e l’intelligenza artificiale dovrà necessariamente coinvolgere studenti, ricercatori, attori istituzionali e società civile. Il richiamo al Patto educativo globale promosso da Papa Francesco è evidente e, infatti, la nostra proposta si inserisce nel solco tracciato dal Santo Padre.

4.

Il primo banco di prova dell’efficacia di questa proposta potrà essere il Piano Africa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Si tratta di una struttura d’azione, in coerenza con quell’indirizzo di apertura dell’Ateneo che prima ricordavo, che mira a porre il continente africano al cuore delle progettualità educative, di ricerca e di terza missione. Secondo uno spirito di reciprocità, l’Ateneo intende ampliare i percorsi per la formazione di giovani africani in loco o nel nostro paese, diventare polo educativo per i giovani africani di seconda generazione che vivono in Europa, spesso ai margini, pur rappresentando una parte rilevante del nostro futuro, nonché rendere sempre più sistematiche le esperienze curriculari di volontariato per i nostri studenti. L’aspirazione è diventare l’Università europea con la più rilevante presenza in Africa, attraverso partnership con atenei e istituzioni locali, nell’ottica di un arricchimento vicendevole, per la formazione integrale delle persone e la promozione della fratellanza e, non da ultimo, della pacifica convivenza sociale.

Per quanto le proiezioni indichino per il continente africano una notevole crescita demografica che si assocerà a un rilevante aumento della forza lavoro, il livello di istruzione resta basso: la non scolarizzazione, infatti, interessa 98 milioni di giovani africani. È, questo, un ostacolo da rimuovere, anche per accompagnare uno sviluppo economico sostenibile. Con lo spirito del reciproco interesse tra l’Europa e l’Africa, la logica è quella di una condivisione di idee, valori, progetti educativi, lontana dalla tendenza all’approvvigionamento di risorse naturali e di capitale umano. La prospettiva che immaginiamo si basa sull’education power, cioè sulla capacità di aiutare un paese attraverso piani educativi incisivi e rispettosi. L’educazione, infatti, è lo strumento che più, e meglio, di altri consente di lavorare con i paesi africani piuttosto che per i paesi africani, passando da un approccio top-down a uno bottom-up in cui anch’essi partecipino a definire i problemi e a proporre soluzioni. Da questo punto di vista, il binomio tra educazione e crescita, accompagnato dalla solidarietà, è la chiave per lo sviluppo integrale e solidale, anche del Global South. Una prospettiva della quale ben si comprende la rilevanza oggi, nella fase di elaborazione e attuazione del Piano Mattei per l’Africa, con il quale auspichiamo di creare feconde connessioni.

Credo meriti ricordare che l’esperienza di Enrico Mattei deve molto ad accademici dell’Università Cattolica, a cominciare da Marcello Boldrini senza dimenticare Francesco Vito e Pasquale Saraceno. Una visione alimentata da una riflessione etico-politica ispirata a un insieme coerente di valori e di principi sociali, propri del mondo cattolico. Il richiamo a Mattei è particolarmente importante perché attribuisce una specifica centralità alla formazione della classe dirigente locale, a indicare lo stretto legame tra educazione e sviluppo economico-sociale delle aree più povere.

Il Piano Africa dell’Università Cattolica del Sacro Cuore intende continuare nel solco di questa tradizione consolidando studi e progetti educativi – abbiamo infatti già 123 progetti attivi con 40 paesi africani – frutto di una collaborazione continua e proficua, di accordi e di alleanze con università, istituzioni, imprese e comunità locali. Un esempio virtuoso è indubbiamente il progetto dell’Ateneo con la Fondazione E4Impact, che ha formato nel tempo più di 1.700 imprenditori con programmi di MBA in 20 paesi africani con atenei locali.

L’impegno che ci assumiamo è proseguire e potenziare le iniziative con l’Africa in stretta sinergia con le realtà che già vi operano, da quelle cattoliche a quelle internazionalmente riconosciute come UNESCO e FAO. Per accentuare questo impegno abbiamo deciso di dare voce a tali realtà nei dies academici delle sedi dell’Ateneo, che saranno tutti incentrati sul tema dell’Africa, declinato di volta in volta secondo le specificità disciplinari di ciascuna di esse. È evidente che il Piano Africa richiederà ingenti risorse, ma ciò non ci deve intimidire. Paiono di grande incoraggiamento le parole di Papa Pio XI rivolte alla fondatrice Armida Barelli nel giugno del 1922, quando augurava alla neonata Università «di trovare tutti quegli aiuti morali e materiali, dei quali abbisogna una così importante ed a Noi così cara iniziativa».

***

Avviandomi alle conclusioni, credo davvero che il destino del secolo che stiamo vivendo dipenderà dal ruolo che sapremo riservare all’educazione. Perché, anche grazie alle opportunità offerte dal digitale, essa potrà rappresentare l’effettivo motore propulsivo per l’elaborazione di seri percorsi di pace, per la riduzione delle disuguaglianze tra diverse regioni del pianeta e per la formazione di donne e uomini orientati al perseguimento del bene comune. Ecco la forza dell’education power.

L’inaugurazione di questo anno accademico coincide con le prime settimane del Giubileo dedicato alla speranza. L’educazione è proprio il segno più concreto e immediato di speranza, specie quando mira a trasformare il mondo per renderlo più inclusivo, più equo, più giusto. La famiglia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore è consapevole di una missione così alta. E farà, senza indugio, la sua parte.

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