NEWS | Milano

Invalsi, non un giudizio universale ma un test per le competenze

12 maggio 2023

Invalsi, non un giudizio universale ma un test per le competenze

Condividi su:

Temute da alunni e genitori, criticate dal mondo della scuola, a quindici anni dalla loro introduzione è giunto forse il momento di considerare le prove Invalsi per quello che sono: non un giudizio universale ma uno strumento utile per verificare le competenze apprese e porre i rimedi necessari, se i risultati attesi non sono stati raggiunti.

Proprio per rendere tali valutazioni sempre più efficaci e in grado di indicare insieme a ciò che non ha funzionato anche come aggiustarlo, l’ente di ricerca da cui prendono il nome - l’Istituto Nazionale per la Valutazione del Sistema Educativo di Istruzione e Formazione - è in costante dialogo con il mondo della ricerca, ed in particolare, con quella che si fa negli atenei. È dentro questo quadro che si colloca la giornata di studio svoltasi mercoledì 10 maggio all’Università Cattolica del Sacro Cuore. Un’iniziativa promossa dalla Facoltà di Scienze della Formazione, con il Dipartimento di Pedagogia e il CeRiForm (Centro Studi e Ricerche sulle Politiche della Formazione) e aperta dal Rettore Franco Anelli.

Al netto di qualche errore iniziale - non è stata, ad esempio, proprio una buona idea aver inserito il test all’interno dell’esame di terza media per poi correggersi in corso d’opera - le polemiche sul valore delle prove sono il frutto di «un dibattito un po’ provinciale» che non trova pari, almeno nei toni, «al di là della delle Alpi», ha osservato il presidente di Invalsi, Roberto Ricci.

Sarebbe, invece, più produttivo interrogarsi sulla fotografia che quelle verifiche restituiscono. Anche perché l’immagine, come è noto, non è proprio delle più attraenti. Mostra un Paese in cui, per esempio, solo per citare qualche dato, un decimo degli studenti si diploma senza possedere le competenze logiche di base; dove le disuguaglianze sociali si trascinano lungo tutto il percorso formativo; nel quale ancora fa differenza vivere in una regione del Nord o in una del Sud. 

Una realtà pesante che rischia di diventare anche un’ipoteca sul futuro, poiché - ha sottolineato Ricci - è ormai noto che «per l’acquisizione delle competenze digitali», richieste dalla transizione tecnologica, sono necessarie proprio le «competenze di lettura in senso tradizionale».

Piuttosto che dividersi tra fautori e contrari come tifosi in uno stadio, sarebbe meglio riconoscere il valore di questi strumenti «che ad esempio sono stati utilissimi per misurare l’impatto della pandemia sui livelli di apprendimento». Invece che demonizzarli, converrebbe chiedere che siano sottoposti ad un costante esame critico e, una volta verificati, pretendere che i decisori politici ne tangano conto. E qui entra in gioco proprio la ricerca accademica. Occorre che ci aiuti tanto nell’aggiornamento continuo dei criteri di analisi tanto nella elaborazione dei risultati: è stata, sintetizzando, l’esortazione del presidente di Invalsi.

Un appello raccolto da Roberto Zoboli, ordinario di Politica economica e Prorettore alla ricerca scientifica e alla sostenibilità della Università Cattolica.  In una società composta prevalentemente da anziani, - ha argomentato - proprio dalla formazione «dei pochi e preziosissimi giovani» dipenderà «il capitale umano, decisivo per lo sviluppo del Paese». Anche in questa ottica sarebbe quindi necessario «proiettare in avanti il sistema educativo», favorendo la collaborazione tra istruzione superiore e formazione universitaria.

Al tema dello sviluppo ha fatto riferimento anche Pierluigi Malavasi, direttore del Dipartimento di Pedagogia, quando ha ricordato che «proprio “valutazione” è una della parole chiave del Piano nazionale di ripresa e resilienza».

L’accertamento delle competenze è dunque, che piaccia o meno, la porta da cui passa anche la crescita del nostro paese. Se è così che sia allora anche «chiara», «garbata», e «capace di rendere gli studenti consapevoli di quello che sanno esprimere», ha auspicato il preside della Facoltà di Scienze della formazione, Domenico Simeone, mostrando una foto del quadro di Paul Klee, dal titolo “Garbato gioco di prestigio”, in cui un piccolo uomo con una bacchetta magica fa fiorire la tela di colori.

 


Foto di Nguyen Dang Hoang Nhu su Unsplash

Un articolo di

Francesco Chiavarini

Francesco Chiavarini

Condividi su:

Newsletter

Scegli che cosa ti interessa
e resta aggiornato

Iscriviti