Elaborare e mettere a disposizione strumenti utili alle politiche vòlte a ridurre i divari territoriali e a contrastare la dispersione scolastica: è questo l’impegno dell’Istituto nazionale per la valutazione del sistema educativo di istruzione e di formazione, noto con l’acronimo Invalsi.
L’apprendimento e il buon rendimento scolastico incrociano una molteplicità di fattori che riguardano il contesto familiare di provenienza, quello territoriale con le sue caratteristiche geografiche e di opportunità economiche e lavorative, l’efficienza organizzativa e le capacità innovative del mondo della scuola.
Su questi temi gli esperti di Invalsi hanno prodotto un notevole lavoro di ricerca in cui sono stati intrecciati i dati acquisiti da tre diverse fonti informative nazionali (Invalsi, Ministero dell’Istruzione e del Merito, Agenzia delle Entrate), per definire indicatori di fragilità che permettano di individuare aree o reti di istituti scolastici in situazioni di difficoltà, da supportare con interventi mirati.
I risultati della ricerca sono stati presentati in un seminario, svoltosi il 31 gennaio all’Università Cattolica nel corso del quale gli esperti di Invalsi si sono confrontati con docenti universitari di varie discipline (pedagogia, economia, statistica, sociologia) per discutere le prospettive di sviluppo e applicazione del lavoro realizzato e approfondire le questioni culturali, metodologiche e pratiche connesse.
Il seminario, promosso e organizzato dal Centro Studi e Ricerche sulle Politiche della Formazione (CeRiForm), ha focalizzato il tema dell’equità che costituisce un pilastro del legame tra scuola e società. Un sistema formativo equo, infatti, fornisce le basi per una società meno disuguale.
Come ha spiegato la professoressa Renata Viganò, direttrice del CeRiForm, «il tema dell’equità interpella tutti perché dice con evidenza la inscindibilità della scuola rispetto alla società. Il rapporto scuola-società è un rapporto ineliminabile e dove non condotto bene mette a repentaglio il principio di equità, che non è un obiettivo definito una volta per tutte, perché la società varia in continuazione. Garantire da parte della scuola una equità è un impegno costante, senza il quale i miglioramenti raggiunti rischiano di essere esperienze circoscritte che si esauriscono senza aver realmente inciso sulle disparità. L’attività di Invalsi, quindi, fornisce informazioni intelligenti, utili, valide, solide che permettono di orientare le politiche sociali e territoriali».
L’importanza dell’equità è stata ribadita e motivata anche nella relazione di Roberto Ricci, presidente Invalsi. «L’equità è tema che coinvolge la ricerca in senso ampio. Il rischio di molta ricerca è di intendere l’equità come alternativa al raggiungimento degli obiettivi principali di un sistema educativo. Una scuola moderna deve considerare il livello di apprendimento attraverso il quale osserviamo una società avanzata». Secondo Ricci occorre mettere a punto strumenti aperti. «Oggi siamo davanti a tante sfide: popolazione in calo, invecchiamento, digitalizzazione. Le soluzioni che proponiamo devono essere sostenibili a fronte di un sistema scolastico che, in un paese indebitato, deve servire sette milioni di studenti. Da questo punto di vista, i dati della ricerca possono aiutarci ad elaborare buone idee».
Le rilevazioni censuari scendono nel dettaglio e consentono di avere dati dettagliati per poter “fotografare” lo stato del sistema scolastico, individuando realtà e stati di difficoltà a livello di singoli istituti e reti di scuole sul territorio. Un aspetto toccato dal demografo dell’Università Cattolica Alessandro Rosina che ha fatto riferimento ai dati dell’Osservatorio Giovani dell’Istituto Toniolo, il rapporto che racconta sogni e bisogni del mondo giovanile in relazione alla scuola.
Il tutto a riprova del compito del mondo accademico, alla cui responsabilità ha fatto riferimento la professoressa Viganò a conclusione del convegno.