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L’Europa tra populismi di sinistra e destra radicale

20 aprile 2022

L’Europa tra populismi di sinistra e destra radicale

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Dal fenomeno Podemos, il partito iberico di sinistra nato nel 2014, al crescente interesse della destra radicale per la questione ambientale. A indagare come sta cambiando lo scenario politico europeo sono stati gli incontri di lunedì 11 e mercoledì 13 aprile promossi il primo nell’ambito del ciclo “Politica in transizione”, il secondo all’interno degli “International Seminars Populism and far Right, Trends in Europe”. Entrambe le iniziative sono state organizzate dal Dipartimento di Scienze Politiche e dal Centro per lo studio della democrazia e dei mutamenti politici (Polidemos).

L’ascesa politica di Podemos

Podemos e il populismo di sinistra. Dalla protesta al governo, di Francesco Campolongo e Loris Caruso, è stato lo spunto per animare un interessante dibattito che ha consentito di allargare l’orizzonte alle dinamiche evolutive dei sistemi politici europei fino alla stretta attualità, all’indomani dell’esito delle elezioni presidenziali francesi. All’incontro, introdotto dal direttore del Dipartimento di Scienze politiche Damiano Palano e moderato dal ricercatore della Cattolica Antonio Campati, è intervenuto insieme agli autori Marco Damiani, docente dell’Università degli Studi di Perugia.

Il libro di Campolongo e Caruso indaga l’ascesa e le caratteristiche del partito iberico Podemos, nato nel 2014 soprattutto dall’iniziativa di un gruppo di politologi, che si pone a sinistra dello spettro politico e la sua conformazione ideologica lo rende intimamente connesso al concetto di populismo. Nonostante il partito abbia elementi in comune con altri populismi - come la presenza carismatica di una leadership ben riconoscibile e una comunicazione semplice e diretta -, sono riscontrabili anche delle peculiarità che lo rendono un unicum.

Sebbene non manchi una componente anti-elitistica, Podemos si pone, sin dai suoi albori, come forza di governo e non semplicemente come forza politica di opposizione. Inoltre, a differenza di altri partiti populisti europei, non nasce come conseguenza dell’istituzionalizzazione di un movimento nato dal basso; poiché una mobilitazione sociale forte è quasi sempre un presupposto indispensabile per una politica populista, secondo gli autori, le modalità di costituzione di Podemos rappresentano un momento di “autonomia del politico”, che sfrutta un movimento sociale (nel caso di specie quello degli indignados) per godere di un potenziale bacino elettorale molto ampio. Al tempo stesso, anche per via della formazione accademica dei suoi promotori, Podemos nasce in parte con l’ambizione di creare una nuova tipologia di partito.

Il populismo di sinistra nei diversi contesti europei

Nel corso del dibattito, gli autori hanno fatto emergere come il concetto di populismo di sinistra derivi da una sintesi dialettica di tensioni contrastanti e che sia da intendere come interconnesso a quello di frattura sociale, con il quale si indica la genesi di identità specifiche capaci di generare una nuova progettualità politica che ha permesso ai partiti di sinistra, in seguito al collasso dell’Unione Sovietica, di uscire dalla tradizionale impostazione marxista introducendo una nuova contrapposizione noi-loro.

L’analisi poi si è spostata dal panorama politico e partitico iberico a quello di altri contesti nazionali. L’operazione comparativa è stata utile per inquadrare Podemos ed esperienze politiche simili, come la France Insoumise e il Movimento 5 Stelle.

Attraverso un’attenta ricostruzione degli elementi definitori dei cosiddetti partiti populisti, i relatori hanno discusso sull’ipotesi che Podemos possa essere considerato un vero e proprio idealtipo. Alcuni elementi messi in risalto per delineare una connotazione quanto più completa e fedele alla realtà del fenomeno populista sono stati individuati nel momento di protesta inteso non solo come indicatore di rottura, ma anche come manifestazione di alcuni punti di continuità con gli orientamenti politici dominanti; l’apertura di nuovi spazi di offerta politica; la sperimentazione di nuove modalità di mobilitazione politica; la prontezza nell’inserirsi nei vuoti lasciati dalla crisi di legittimità dei partiti. Centrale, ma rimasta per ora senza soluzione, è la questione dell’organizzazione dei movimenti, che risente principalmente della contrapposizione originaria tra partito populista e partito-Stato.

Nella parte finale, i relatori hanno provato a focalizzare l’attenzione sulle più recenti evoluzioni delle esperienze populiste del panorama europeo. In primo luogo, è emersa la tendenza diffusa all’interno di queste formazioni politiche a superare la fase della digitalizzazione strutturale verso un grado superiore di istituzionalizzazione. In secondo luogo, la discussione si è concentrata sull’esistenza di un dibattito interno a diversi partiti populisti, che, in parte, tradisce l’iniziale opposizione alla presenza di molteplici visioni espresse dagli aderenti. E, in fine, è stata osservata l’aspirazione delle formazioni populiste di sinistra a sfruttare la trasversalità tipica di alcuni temi sensibili, che sollecitano ugualmente fette di elettorato di destra e di sinistra: un esempio è la capacità di mobilitazione e attrazione del consenso dei giovani Neet dimostrata tanto da Podemos in Spagna quanto dalla France Insoumise in Francia.

L’evoluzione green della destra radicale

Un altro esempio, poco esplorato, è quello relativo alle tematiche green. È un tema di destra o di sinistra? Quali evoluzioni ha avuto la questione ambientale negli ultimi trent’anni nel campo della destra radicale?

A questo interrogativo ha dato una risposta uno studio condotto da Balsa Lubarda, della Central European University e da Bernhard Forchtner, della University of Leicester, presentato all’Università Cattolica nel quarto appuntamento del ciclo degli “International Seminars Populism and far Right, Trends in Europe”.

Introdotto da Valerio Alfonso Bruno, l’incontro ha preso il via con una prima disamina sul rischio che si può correre indirizzandosi in una ricerca in questo campo: «È importante capire – spiega Lubarda – che quando si tratta questo tema bisogna tenere in considerazioni tre elementi fondamentali: un lessico che si è sviluppato nell’arco di circa 200 anni, corrispondente ad una lunga storia e una affinità ideologica differente rispetto a quella a cui pensiamo oggi;  un rinnovato interesse negli ultimi anni sia in riferimento alla estrema destra che ai cambiamenti climatici; una disputa terminologica che abbraccia definizioni di eco – fascismo, ecologia di destra, ecologia di estrema destra e nazionalismo verde».

Le ricerche dei due studiosi hanno dunque aperto una nuova via di analisi in merito alla riflessione sul cambiamento climatico e sulla mobilitazione ad esso connessa: non solo i giovani, i movimenti, i partiti Verdi o di sinistra si interessano ed attivano per il futuro del pianeta, ma anche in alcune frange di destra-estrema sono presenti, e rilevanti, riflessioni ecologiste. L’analisi, tuttavia, spiega bene la genesi di questa attenzione ecologica e soprattutto il diverso - rispetto alla classica narrazione - paradigma di riferimento preso in considerazione.

Ecologia e nuove forme di proselitismo

I movimenti di destra radicale, a partire dagli anni Dieci del ventunesimo secolo, hanno dato maggiore attenzione alla questione ecologica essendo diventata un elemento rilevante all’interno dello specchio delle scelte di policy e del dibattito politico, il tutto anche in una chiave strettamente elettorale, per attivare nuove forme di proselitismo verso le giovani generazioni. Pur non essendo quindi presente una vera e propria ideologia ecologica di destra, i movimenti si sono mobilitati per dare delle risposte ai giovani e per trovare nuove affinità.

«Inoltre - spiega questa volta Forchtner - nonostante un rinnovato interesse, l’ambiguità della destra rispetto al cambiamento climatico rimane preponderante: oltre la metà dei movimenti di estrema destra analizzati nega l’esistenza del cambiamento climatico»; dunque, la posizione della far-right sarebbe sintetizzabile in “Yes, but…”. Infatti, lo scetticismo e il negazionismo permangono. «Come anche si è visto anche con la pandemia tra gli elementi caratterizzanti la propaganda di estrema destra ci sono la contestazione all’expertise e le teorie cospirazionistiche».

L’interesse dell’estrema destra verso l’ecologia non nasce, quindi, dieci anni fa e infatti i due autori, come detto inizialmente, hanno individuato l’impianto storico e ideologico di riferimento, sintetizzandolo in quattro terminologie riassuntive: Ecofascism, Right-Wing Ecology, Far-Right Ecologism, Green Nationalism. Attraverso queste categorie concettuali è possibile ricostruire l’impianto ecologista della destra estrema, sinteticamente caratterizzato da una visione romantica e nostalgica del territorio, dal nazionalismo e dalla critica al capitalismo.

L’incontro si è chiuso con una breve panoramica sulle possibili linee di ricerca future, che, secondo Forchtner, dovranno concentrarsi su quanto veramente vale l’estrema destra oggi in Europa, utilizzando strumenti multimodali, dalle interviste alla etnografia, focalizzandosi anche su una strategia di contro-comunicazione che superi il «deficit informativo».

A cura di

Saverio Gileno, Francesco Laureti, Simone Romero e Tommaso Rossi

Studenti Facoltà Scienze politiche e sociali - Università Cattolica

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