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Sta tornando la «questione settentrionale»?

10 maggio 2022

Sta tornando la «questione settentrionale»?

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Trent’anni fa, l’impetuosa ascesa della Lega di Umberto Bossi portò la «questione settentrionale» al centro della scena politica. Quel vento di protesta – annunciato da diversi segnali – rivelava l’esistenza di una profonda frattura tra le aree più produttive del paese e i partiti della «Prima Repubblica». Proprio allora, il politologo americano Robert D. Putnam pubblicò i risultati di una lunga ricerca sulle regioni italiane. Secondo le sue conclusioni, il Paese risultava frammentato al proprio interno da molteplici linee di divisione. In generale, le regioni del Centro-Nord (soprattutto Emilia-Romagna, Toscana e Umbria) risultavano contrassegnate da un elevato rendimento istituzionale, mentre quelle del Sud mostravano dati molto meno lusinghieri. Lo stesso Nord appariva però tutt’altro che omogeneo al proprio interno. Era inoltre sorprendente la spiegazione che Putnam dava di quelle differenze. La causa delle buone performance delle istituzioni doveva infatti essere rinvenuta nella dotazione di «capitale sociale», ossia nella presenza di civismo, di reti di reciprocità e fiducia. Infine, sosteneva che questa tradizione civica era un’eredità della lontana esperienza comunale. 

Nel corso di tre decenni queste tesi sono state criticate, riviste e aggiornate. Ma oggi molti studiosi tendono a condividere almeno due delle conclusioni di Putnam. Innanzitutto, l’idea che il passato lasci tracce profonde anche nella politica contemporanea. In secondo luogo, la convinzione che l’efficienza di una democrazia dipenda anche dalla presenza nella società di un civismo che alimenta la vita associativa dei territori. 

La «politologia storica» ha d’altronde ampiamente dimostrato che le persistenti differenze tra le aree del paese sono anche il lascito di un passato duraturo. Le zone subculturali italiane – la «zona rossa», contrassegnata dall’egemonia della cultura socialista, e la «zona bianca», in cui il ruolo egemone era ricoperto dalle organizzazioni cattoliche – riflettevano infatti le antiche vicende degli Stati preunitari italiani. Dopo la fine della «Prima Repubblica» le aree subculturali sono state largamente erose e oggi la zona bianca non esiste più. In una certa fase è sembrato stessero emergendo una «zona verde» (dominata dalla Lega Nord) e una «azzurra» (con protagonista Forza Italia), ma nell’ultimo decennio è diventato impossibile riconoscere vere aree politiche subculturali. Il successo del Movimento 5 Stelle si è comunque rivelato effimero e il centro-destra amministra oggi tutte le grandi regioni del Nord. Sono inoltre emerse nuove linee di lacerazione (per esempio, tra grandi e piccoli centri, tra centri cittadini e periferie urbane), e la geografia politica è diventata così sempre più simile alla pelle di un leopardo. Più che di un unico Nord, dal punto di vista politico, è dunque ancora opportuno parlare di una pluralità di Nord (che non si riducono neppure alla contrapposizione Nordovest/Nordest). 

Nonostante tutti questi mutamenti, il passato continua a giocare un peso significativo, perché incide sui modi con cui i territori e le loro élite rispondono alle crisi, ricercano gli interlocutori politici, si rapportano rispetto al centro. Osservando ciò che avviene nelle pieghe della società, si possono così facilmente riconoscere le persistenze di lungo periodo, che, nella ex-zona bianca – identificata da confini della Repubblica di Venezia – riguardano per esempio il profilo delle élite, il rapporto con il centro, il ruolo delle istituzioni ecclesiastiche. Ma proprio indagando le trasformazioni dei territori si può anche tentare di capire se la «questione settentrionale», negli anni che ci attendono, potrà nuovamente conquistare il centro della scena politica.

Giovedì 12 maggio, alle ore 15.00, prenderà avvio nella sede di Brescia il convegno La questione territoriale in Italia: Nordovest e Nordest a confronto, che proseguirà nei due giorni seguenti e che si concluderà sabato 14, alle 10.30, presso la sala delle danze del Mo.Ca. Organizzato dalla sezione «Politica e storia» della Società Italiana di Scienza Politica, il convegno si concentrerà sulle trasformazioni politiche dell’Italia settentrionale negli ultimi trent’anni. Tra i numerosi partecipanti, Marco Revelli, Antonella Tarpino, Giovanni Gregorini, Giuseppe Lupo, Marcello Zane, Loredana Sciolla, Ilaria Beretta, Paolo Graziano, Anna Sfardini, Laura Zanfrini, Roberto Cammarata e Marco Almagisti.

Un articolo di

Damiano Palano

Damiano Palano

Docente di Filosofia politica - Direttore Dip. Scienze politiche

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