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La cattura di Messina Denaro certifica la crisi di Cosa Nostra

19 gennaio 2023

La cattura di Messina Denaro certifica la crisi di Cosa Nostra

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Lunedì 16 gennaio 2023 i Carabinieri hanno fermato Matteo Messina Denaro, ai vertici di Cosa Nostra trapanese e latitante da 30 anni. La notizia ha avuto enorme risalto in Italia e all’estero, sollevando diversi interrogativi e speculazioni. Sebbene ogni giorno giungano aggiornamenti, è già possibile riflettere su alcune domande importanti. 

Come è stato catturato?

Alcuni hanno ipotizzato uno scambio: il boss ormai malato e braccato si sarebbe (o sarebbe stato) fatto prendere per ottenere concessioni, per esempio sul tema dell’ergastolo ostativo. Al momento, ipotesi implausibili. Il fermo è frutto di un lungo lavoro investigativo la cui ricostruzione appare chiara: alcuni parenti intercettati accennavano ad una malattia; gli investigatori individuavano i pazienti compatibili per sesso, età e patologia in Sicilia; notavano tra questi Andrea Bonafede, nipote di un capomafia, che però non si recava ad appuntamenti per prestazioni comunque erogate. Il fermo è scattato ad un nuovo appuntamento. Nel complesso, una brillante indagine con metodi tradizionali.

Come ha fatto a evitare la cattura per oltre 30 anni? Perché ora?

Secondo alcuni è un mezzo successo, visto il ritardo e una latitanza possibile solo grazie a connivenze e protezioni elevate, confermando l’ipotesi dello scambio.

Anche qui, improbabile. Messina Denaro contava su una vasta rete di supporto: parenti, affiliati nella provincia di Trapani, una parte della popolazione e la cosiddetta borghesia mafiosa. Un insieme di connessioni complesse, radicate nel territorio, a riprova che per le mafie le relazioni locali sono ben più vitali di quelle globali. Lo hanno protetto per anni, consentendo un’esistenza agiata con alcune accortezze.

Nel tempo, la Giustizia ha arrestato decine di fiancheggiatori, sequestrato milioni di beni, scoperto i canali di comunicazione. La rete si è progressivamente indebolita, i costi di gestione sono cresciuti portando a una prima falla: utilizzare il documento di un parente di un boss. Almeno da giugno 2022 Messina Denaro viveva a Campobello di Mazara, a 8 Km dalla natia Castelvetrano, in un appartamento intestato a Bonafede. A settembre 2022, un’operazione di polizia aveva arrestato decine di fiancheggiatori a pochi metri dalla casa. La seconda, decisiva, falla è stata la necessità di cure avanzate, dovendo fornire delle generalità. Gli investigatori erano quindi sulla giusta pista da alcuni anni, ben prima delle ultime elezioni e della riforma dell’ergastolo ostativo.

Quali sviluppi per Cosa Nostra?

Messina Denaro era al vertice della provincia mafiosa di Trapani, ma il centro di Cosa Nostra è sempre stata Palermo. È influente, autorevole, ma non ha lo stesso ruolo di Riina o Provenzano, forse anche perché durante la latitanza ha privilegiato la propria sicurezza e i propri affari piuttosto che l’organizzazione. Ciononostante, la sua cattura ha una valenza simbolica enorme per la durata della latitanza e la diretta implicazione nella stagione delle stragi. 

Ma più che uno spartiacque, la cattura di Messina Denaro è l’ultima certificazione della crisi di Cosa Nostra causata dall’azione dello Stato. Da anni Cosa Nostra non ha una commissione regionale ed è probabile che famiglie e mandamenti si muovano in ordine sparso cercando di contenere i danni. Non è la prima crisi, basti pensare a quella indotta dall’azione del Prefetto Mori negli anni Venti o alla crisi dopo la prima guerra di mafia nel 1963. Nonostante le difficoltà, Cosa Nostra si era ripresa. Da allora, però, molto è cambiato: l’azione antimafia è molto più efficace il consenso sociale è parzialmente eroso. Salvo improbabili cambiamenti di rotta, la pressione su Cosa Nostra resterà asfissiante e la crisi dell’organizzazione continuerà ad aggravarsi. 

La cattura di Messina Denaro è evento che consolida un orizzonte di ottimismo. Per questo sorprende un po’ che una parte delle istituzioni e di esperti reagisca ricordando che la guerra non è vinta e che non bisogna gettare la spugna. Mostra quasi un’esitazione a prendere coscienza dei risultati conseguiti e a riflettere su quale futuro vogliamo plasmare. Ma è proprio su questo che sarebbe importante aprire un dibattito. 
 

Un articolo di

Francesco Calderoni

Francesco Calderoni

Docente di Criminologia e giustizia penale, Università Cattolica

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