NEWS | Milano

La democrazia italiana nella crisi

04 maggio 2022

La democrazia italiana nella crisi

Condividi su:

La pandemia, la politica, la crisi. Come stanno affrontando questo complicato e delicato periodo storico gli italiani? Sono stati questi i temi al centro, lunedì 2 maggio, dell’incontro promosso dal Centro per lo studio della democrazia e dei mutamenti politici (Polidemos) dell’Università Cattolica. A parlarne il presidente di Ipsos Nando Pagnoncelli che ha analizzato alcune tendenze emerse dopo la pandemia. Prima però, per capire meglio il contesto, l’esperto ha effettuato un’approfondita panoramica su alcuni aspetti caratteristici della nostra popolazione negli ultimi trent’anni analizzando alcune tendenze della popolazione italiana precedenti al Covid.

In questo arco temporale sono avvenuti tre grandi cambiamenti: la frammentazione identitaria, la crescente divaricazione fra l’io e il noi e una doppia frattura sociale.

La prima riguarda, per usare le parole del filosofo Remo Bodei il cosiddetto “io multiplo e malleabile”. Una sorta di marketing dell’identità che rende impossibile una visione unica causando ambivalenze e contraddizioni nei comportamenti quotidiani, in tutte le sfere, anche quelle più intime e personali, come ad esempio quella religiosa con il cosiddetto fenomeno delle “religioni fai da te” dove ognuno declina i dettami dottrinali a seconda delle proprie inclinazioni e convinzioni.

Per descrivere il secondo punto invece Pagnoncelli ha ricordato i richiami di Papa Francesco e gli scritti di Alexis de Tocqueville in cui metteva in guardia dall’eccesso di individualismo: «In questo ambito – ha spiegato Pagnoncelli - dobbiamo far crescere i cittadini nelle consapevolezze dei propri diritti e dei loro doveri. Un punto di equilibrio è necessario per trovare un senso nella nostra democrazia».  

«La scarsa fiducia – ha aggiunto il presidente Ipsos spiegando il terzo e ultimo punto - ha influenzato pesantemente il rapporto tra cittadini e politica:  Le persone sono poco coese, le relazioni sociali ristrette. L’elettore è uno spettatore, non si sente più parte in causa del processo democratico e come tale si limita a applaudire o fischiare ma è partecipe con un ruolo attivo».

Per il preside della Facoltà di Scienze politiche e sociali Guido Merzoni, che ha aperto l’incontro, il ruolo e il compito delle Università è quello di offrire il proprio contributo per affrontare nel modo migliore questo momento di crisi analizzando temi di stretta attualità come la crisi economica, la pandemia e l’attuale contesto geopolitico. Ricordando l’importanza del principio di sussidiarietà Merzoni ha poi sottolineato come «una parte delle difficoltà che la politica e i governi hanno dovuto affrontare riguarda l’attribuzione delle varie competenze nei vari livelli di governo. Si pensi a questioni cruciali come la sicurezza, l’ambiente, dove si fa fatica a produrre risultati nell’immediato. Questo provoca insoddisfazione nei cittadini e spesso si cerca come via d’uscita una soluzione semplice per affrontare problemi complessi. Un problema di livello non solo nazionale ma europeo».

Damiano Palano, direttore del Dipartimento di Scienze politiche ha ricordato il rischio rappresentato dalla crescente diffidenza nei confronti della democrazia: «Parlare di crisi della democrazia ormai è un luogo comune un po’ retorico ma la tendenza dell’arretramento della democrazia in molti Paesi, anche occidentali, e il crescente scetticismo democratico, una sorta di disincanto e stanchezza nei confronti dei valori della democrazia, sono aspetti messi in luce dai politologi da diversi anni e verso i quali è necessario porre la dovuta attenzione».

«Queste due tendenze – ha aggiunto Palano - si intrecciano e si alimentano vicendevolmente e hanno segnato l’ultimo decennio, specie in Europa. La pandemia ha accelerato questa propensione. I regimi autocratici hanno risposto in modo diverso alle sfide della pandemia, molti hanno sfruttato l’occasione per introdurre una stretta ulteriore alla libertà di espressione. È fondamentale rinsaldare i rapporti tra cittadini e istituzioni che si sono rivelati decisamente poco efficaci. Ma per farlo è opportuno prendere atto che le priorità degli italiani sono cambiate. Le democrazie, infatti, non sono “solo” un insieme di norme ma si modificano nel corso del tempo sulla base delle esigenze dei cittadini».

«Il Paese - ha aggiunto Pagnoncelli riferendosi alla classe politica – negli anni antecedenti alla pandemia è stato imprigionato in un presentismo permanente, con l’impossibilità di fare le riforme tanto auspicate. È mancato il coraggio dell'impopolarità. Inseguire il consenso è illusorio perché evapora rapidamente. La curva di popolarità dei leader politici che si sono succeduti alla guida del Paese è caratterizzata, nel periodo iniziale, da un picco da “luna di miele” per poi precipitare senza riprendersi più. Basti vedere quello che è successo a Monti con la riforma delle pensioni a Renzi con il referendum costituzionale e in ultimo al M5S con un cambiamento annunciato e non avvenuto».

E l’informazione? «Non è quella che manca - precisa Pagnoncelli - il problema è la ‘dieta informativa’ del cittadino che è guidato da una logica confermativa. C’è la tendenza a voler ribadite le proprie convinzioni e mettere in discussione e delegittimare tutto ciò che le mette in crisi. L’Italia è uno dei Paesi più “ricicloni” d’Europa ma lo sa solo il 10% degli italiani e il 48% dei nostri concittadini se glielo dici neanche ci crede. Si fa spesso leva sul problema della sicurezza ma in un anno in Italia ci sono meno di 400 omicidi, nella sola Chicago, negli Usa, giusto per fare un esempio, sono 1000…»

E poi è arrivato il Covid. Secondo Pagnoncelli «la pandemia ha determinato un cambiamento che, può sembrare paradossale, positivo. Almeno nella prima fase, quella più acuta. Gli italiani in quel periodo hanno espresso senso di interdipendenza, fiducia nelle istituzioni, un’esigenza di concordia sociale e sono tornati a dare valore alle competenze che, a un certo punto, erano quasi sembrate una colpa da nascondere. Inoltre, si è usciti, seppur parzialmente, dalla logica dell’immediatezza e si è assistito a una rivalutazione dei corpi intermedi, in particolar modo quelli di tipo sociale e volontariato. Una tendenza che invece non ha coinvolto partiti e sindacati».

E adesso? «La pandemia – spiega il sondaggista – ha evidenziato in modo netto il tema delle disuguaglianze, allargando la frattura tra ‘garantiti’ e non. In tal senso alcuni provvedimenti “erga omnes” come il bonus al 5% o quello per il cashback rischiano di peggiorare la situazione. Il PNRR potrebbe essere un’occasione unica per mettere mano ad alcuni nodi strutturali del Paese e provare a progettare il Paese del futuro».

Un articolo di

Luca Aprea

Luca Aprea

Condividi su:

Newsletter

Scegli che cosa ti interessa
e resta aggiornato

Iscriviti