NEWS | Alumni Weekly Focus

La metamorfosi calcistica verso nuovi modelli economici sostenibili

27 maggio 2021

La metamorfosi calcistica verso nuovi modelli economici sostenibili

Condividi su:

Nella vita capita spesso di tracciare delle linee, confini che segnano un prima e un dopo. A volte sono convenzioni sociali che cambiano il nostro modo di approcciarci alla socialità, altre volte degli eventi anagrafici, spesso delle relazioni che si interrompono o si intrecciano. La pandemia è una sorta di linea: ha tracciato un prima e un dopo nell’esistenza di ognuno di noi e non poteva essere diversamente nel mondo del calcio.

Ci sono tre macro aree che hanno subìto una sorta di evoluzione verticale, imposta dal Coronavirus: l’evento, le società e il racconto. Ognuna di esse ha dovuto plasmarsi su nuove esigenze, tratteggiando una metamorfosi che si è compiuta nel giro di un paio di mesi.

La prima cosa che crea una distorsione nella percezione di una partita è la completa assenza di pubblico. Ma lo stadio vuoto è solo il manifesto visibile dell’evoluzione che ha subìto l’evento dopo l’inizio della pandemia. Si parte infatti fin dall’arrivo dei giocatori: il protocollo prevede due spogliatoi per ogni squadra, non più uno solo in cui cambiarsi. Il rito dell’ingresso in campo non avviene più assieme, ma una squadra per volta, dopo quella arbitrale, e ovviamente è evaporato il classico saluto gentleman tra i giocatori, prima dell’inizio, con la stretta di mano. Un distanziamento sociale che in questo caso appartiene più al concetto di messaggio che a quello di efficacia perché ovviamente, per definizione, il calcio è uno sport di contatto.

Tradotto: l’evento calcio è un veicolo di informazioni sociali straordinario e il protocollo cerca di trasmettere, a tutti i livelli di ascolto e visione, il messaggio che il distanziamento sociale è fondamentale.

Oltre all’evento, l’evoluzione tracciata dal Covid ha impattato le società e in particolar modo il loro portafoglio. La pandemia ha assunto la forma di una forbice: su una lama la crescita delle spese, sull’altra la mancanza di introiti; chiudendosi ha tagliato gran parte dei fondi delle società.

Partiamo dall’aumento dei costi: ogni settimana i club devono sottoporre non solo i propri giocatori, ma anche tutti i membri dello staff di campo ad almeno 3 giri di tamponi e inoltre devono prenotare voli, carrozze treni e hotel in completa esclusiva per non entrare in contatto con persone esterne. A tutto questo va aggiunto il vero macigno sulle finanze delle società: la perdita o la riduzione degli introiti. Stadi vuoti e diritti televisivi rinegoziati al ribasso hanno portato a una perdita complessiva nell’ultimo anno di 8,7 miliardi di euro sul sistema calcio europeo. Tutto questo ha innescato riflessioni sui contratti dei giocatori, con negoziazioni sulle mensilità passate e future, e ovviamente sulla creazione di un progetto come la Superlega che al momento si è arenato.

Infine il Coronavirus ha pizzicato anche il racconto del calcio sia durante la settimana che nel cerchio temporale dell’evento. Le società hanno più volte adottato precauzioni tali per cui diverse interviste sono state eseguite da remoto con i mezzi di comunicazione più noti per videochiamare amici e parenti. Nella migliore delle ipotesi, i club più strutturati con un canale tematico hanno messo a disposizione le loro videocamere per poter avere quanto meno delle immagini pulite dell’intervista, rare volte è stato possibile andare di persona. Ma anche il racconto dell’evento ha subìto diverse modifiche dettate dai protocolli imposti dalla Lega: per il giornalista non è infatti più possibile stazionare vicino alle panchine per raccontare i retroscena e le operazioni di chi vive la partita da bordo campo. A volte la nuova postazione è vicino alla bandierina, altre in tribuna sopra le panchine, altre ancora dietro una delle due porte con inevitabili difficoltà di percezione che si riflettono sul racconto. L’obbligo stesso della mascherina può condizionare e la distanza interpersonale di due metri durante le interviste pre e post partita, a volte, gambizza l’empatia dei momenti più caldi.

Resta la sensazione latente, insomma, che qualcosa si sia rotto rispetto a prima, il che paradossalmente potrebbe proiettare il mondo calcio in una dimensione più sostenibile dal punto di vista economico. Il Covid ha semplicemente presentato il conto alla cassa, scoperchiando definitivamente le necessità di modelli economici sostenibili: dagli stipendi alle strutture, sarà necessaria una revisione profonda i cui vagiti cominciano già a intravedersi. Al tempo stesso sarà fondamentale riportare le lancette a febbraio 2020, tornando a saturare gli stadi e riattivando un racconto che torni ad essere ancor più vicino all’evento, per farlo vivere a tutti gli appassionati nel modo migliore possibile. La sfida sarà proprio qui: uno sguardo al futuro e uno al passato per riformare un prodotto calcio che mai come oggi si trova di fronte a un punto di non ritorno.
 

Un articolo di

Federico Sala

Federico Sala

Giornalista sportivo, redattore e inviato di DAZN - Alumnus di Lettere e Filosofia

Condividi su:

Newsletter

Scegli che cosa ti interessa
e resta aggiornato

Iscriviti